CHE UN TEMPO CI SIA STATO UN GRAN DOLORE. POESIE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE. #25NOVEMBRE

"La forza che uccide è una forma sommaria, grossolana di forza.
L' altra forza è quella che non uccide; o meglio, quella che non ha ancora ucciso. 
Quella che certamente o molto probabilmente, lo farà, 
che è sospesa sul capo di qualcuno e potrebbe ucciderlo da un momento all’altro; in ogni caso essa trasforma l’uomo in pietra. 

Simone Weil"

Domesticviolence, poetry against domestic violence
(c) Elizabet Malaska

VIOLENZA DOMESTICA

di Illiana Rocha

(Traduzione di Federica Galetto per il blog)

Libellule la mattina ingannate dalla porta a vetri scorrevole,

sparpagliate in veranda come sigarette spezzate

a metà,  e un cavallo ad acquerello, le giunture a cerchi blu chiaro.

Auto da golf sfrecciano sul petto verde

delle colline. Mi dormivo sulle mani,

piatti cuscini colmi di minuti pezzetti d’ossa. 

Coperta grigia della solitudine, il mascara di ieri sera. Solitudine

una libellula volteggia come saliva a rallentatore vicino al vetro,

promette di riempirlo con se stessa come la sua mano,

il mio viso lo rifrange. Mezzo mondo ancora dorme,

i miei seni vivi e svegli nella maglietta 

Cerchi di vento nell’erba,

scalpiccio di cavalli in quella direzione. Cerchi saturi, 

volti, muovono lo schermo muto della TV, trasmettono più solitudine :

Compra questa proprietà, prova questo esercizio.

Una donna con due grossi seni non è convincente. 

Quando mi sposto in me stessa, il vetro mi si spezza dentro, 

un cielo sconfitto per metà delle sue stelle, 

mani buie disperate trovano qualcos’altro per riempirlo. 

Come mani, gli uccelli sbattono le ali in un applauso disperato, 

volando in tondo come se la loro specie stesse per estinguersi.

 La mia gola, 

metà massa solida, metà gonfia per la tequila, 

non è la solitudine che noi esseri volanti cerchiamo di evitare, 

ma soltanto una logica  dolorosa nel vetro, 

una che impari come quella del petto .

Un arcobaleno interrompe

il petto di nube bianca,

come il mio, dove una volta le sue mani vivevano, poi distrutte.

Il mio respiro contro il vetro liscio del silenzio,

in cerca della saggezza della cavità di un albero, cerchio sessuale,

come la solitudine persiste

invitata da altri sopravvissuti di questo mondo dalla metà 

della sua violenza, tutto il suo amore

DOMESTIC VIOLENCE

di Illiana Rocha

Morning dragonflies tricked by the sliding glass

door, scattered on the porch like cigarettes torn in half,

& a horse in watercolor, its joints light blue circles.

Golf carts zoom over the green breasts

of the hills. I slept on my hands,

flat pillows filled with a puzzle of tiny bones. Loneliness’s

gray blanket, last night’s mascara, loneliness—

a dragonfly hovers like spit in slow motion near the glass,

promises to fill the pane with itself like his hand,

my face reflecting back at him. Half

the world is still asleep, my breasts

alive & waking from my shirt. Wind in circles

through grass, horses tip in its direction. Saturated circles,

faces, move the muted TV screen, broadcast more loneliness:

buy this property, try this exercise. A woman with hard breasts

isn’t convincing. When I shift in myself, glass

breaks inside me, a sky losing over half

its stars, desperate dark hands

finding something else to fill it. Like hands,

birds clap their wings in desperation’s applause, circling

as if their species is dying out. My throat, half

gastrolith, half swollen tequila, it’s not loneliness

we flying things try to avoid, but in glass

a painful logic, one you learn like the breast’s.

A rainbow interrupts the white cloud  breasts,

like mine, where once his hands

lived, then destroyed. My breath against silence’s smooth glass,

longing for the wisdom of a tree’s hollow, sex circle,

how it endures loneliness

by invitations to other survivors of this world from half

its violence, all its love.

poetry, against domestic violence, #25 novembre
(c) May Stevens

AMBRA

di Eavan Boland

Che un tempo ci sia stato un grande dolore, non ha mai avuto importanza:

gli alberi sulle colline, nei boschetti, che piangono –
un oro di plastica che cola

a terra per secoli e stagioni –
fino ad ora.

In questo bel pomeriggio di settembre in cui tu non ci sei
tengo stretto, come se la mia mano lo potesse custodire,
un monile d’ambra

che mi hai donato un tempo.

La ragione dice questo:
i morti non possono vedere i vivi.
i vivi non rivedranno più i morti.

L’aria chiara di cui abbiamo bisogno per ritrovarci è
svanita per sempre, eppure

questa resina un tempo
ha raccolto semi, foglie e perfino piccole piume mentre cadeva
e cadeva

e ora in un’atmosfera solare sembrano vivi
come non mai

come se il passato fosse presente e il ricordo stesso
un miele baltico –

uno sfregamento agli orli del visibile, un’esibizione solo di quanto
si possa conservare

dentro un’imperfetta traslucenza.

I never ask for it
(c)Jasmeen Patheja

CIO’ CHE INDOSSAVO

di Mary Simmerling                          

Era questo:
a partire dall’alto
una maglietta bianca
di cotone
a manica corta
e girocollo

Questa era infilata
in una gonna di jeans
(anche quella di cotone)
che finiva appena sopra le ginocchia
e con una cintura in vita

Sotto tutto questo
c’era un reggiseno di cotone bianco
e mutande bianche
(anche se probabilmente non abbinate)

Ai miei piedi
scarpe da tennis bianche
il tipo di scarpe con cui giochi a tennis

e per finire
orecchini d’argento e lucidalabbra.

Questo è ciò che indossavo
quel giorno
quella notte
il quattro di luglio
del 1987.

Potreste chiedervi
perché è importante
o perché io mi ricordi
ogni capo di abbigliamento
con questa precisione

Vedete
mi hanno fatto questa domanda
molte volte
l’ho ricordato
molte volte
questa domanda
questa risposta
questi dettagli.

Ma la mia risposta
così attesa
così prevista
sembra piatta in qualche modo
visto il resto dei dettagli

di quella notte
durante la quale
ad un certo punto sono stata violentata.

E mi chiedo
quale risposta
quali dettagli
vi darebbero conforto
potrebbero darvi conforto
a voi
miei inquirenti

cercate conforto
laddove
ahimè
nessun conforto
può essere trovato.

Se solo fosse così semplice
se solo potessimo
mettere fine allo stupro
semplicemente cambiandoci d’abito

Ricordo anche
che cosa lui stesse indossando
quella notte
anche se
è vero
nessuno
me l’ha mai chiesto

Murales lazio su commissione per la violenza sulle donne
Murales Lazio su commissione contro  la violenza sulle donne

MI DICEVANO

di Jean Teppermann

Mi dicevano

è meglio se tagli i tuoi crespi capelli

sembri una strega sembri ebrea.

Mi chiedevano perchè

cantassi per le strade invece di stare in silenzio

mi raccontavano storie di donne eleganti

e dei loro diversi matrimoni.

Sono diventata strana invisibile e sola.

Voglio che i miei capelli si arriccino selvaggi

voglio andare incontro alla luna

e ridere gridare vivere

con i miei crespi capelli.

nalini malani
(c) Nalini Malani

SONO UNA DONNA IN INDIA

di Chandni Singh

Mi hanno accarezzato il seno.
Non da un amante,
ma sconosciuti su un autobus.
Sono stato gyrated contro
mentre navigo per la città:
confezionati come sardine
sono più depravati degli animali.
Mi sono stati mostrati dei peni
di cui non conosco i proprietari;
vengono solo con un paio di occhi intrisi di lussuria
e un sorriso senz’anima.

Posso tenere testa ai problemi
sull’ambiente.
Posso essere eloquente sulla letteratura e la musica.
Mi è stato detto, io sono il futuro;
e per un attimo sono indotto a credere
nella bolla in cui ho comprato.