I quaderni dell’agnizione
Met Sambiase
http://lucaniart.wordpress.com/2013/03/11/i-quderni-dellagnizione-di-meth-sambiase/
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La poesia di Meth Sambiase è una costellazione variegata, di luci, grandi e piccole, squarci curiosi su immagini pronte a richiudersi (magmatiche) in mutevole forma, di lapilli e improvvisi coralli sommersi, di voci fluttuanti da epoche antiche e miti intrecciati con foglie venute da foreste ventose; pulviscoli d’oro soffiati da labbra di voci migranti, ridenti, gaudenti, e toni profondi di setoso dolore, di storia, su cui stendere fiera la Parola. Parola odorosa, scattante, bizzosa, fremente d’audacia, che gioca con se stessa, si maschera e poi il trucco si toglie, si vela e si rivela. Un gioco a rimpiattino con il senso della vita, un tam tam lanciato verso il proprio centro, un richiamo alla propria natura lontana nel tempo, eppure quotidiana nell’osservarsi allo specchio per mettersi a posto una ciocca ribelle, così come i suoi versi. Energia, ritmo, frenesia ma anche tanta padronanza del verso, puledro scalciante di rimandi filosofici, di merletti sibillini e sillabici. Meth (Simonetta) Sambiase sembra completamente a suo agio nell’immergersi alla fonte di un’impetuosa corrente, prodiga di senso e fruscianti trasparenze poetiche. Doris Emilia Bragagnini http://neobar.wordpress.com/2013/01/22/meth-sambiase-%C2%AD-la-quasi-ballata-del-figlio-e-del-mondo/ Una poesia fatta d’incantamento, d’innamoramento per la parola e ciò che la sostiene ma che anche la slega al suo contesto. Un modo di poetare che afferma una poesia che non vuole essere isola ma unire e scavando toccare e alla fine contaminare e lasciarsi contaminare poiché come segnala “la raccoglitrice di pioggia” – sta fuoriuscendo l’acqua” (Anna Lombardo) http://www.ilfiloonline.it/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=274456551&category_id=8&option=com_virtuemart&Itemid=239&vmcchk=1 1° ex aequo XX Premio Donna e Poesia … Qui finalmente corpo e mente hanno trovato la fusione a lungo cercata, la conoscenza di se e dell’altro (inteso come percezione di noi) passa attraverso il calore del corpo, della voce, della vicenda amorosa e del suo annebbiamento, ma anche del suo gelo. L’ansia poetica di Meth ci permette in pochi secondi di attraversare molti stadi dell’esistenza, l’attitudine creativa senza reticenze si tuffa nelle sue poesie. L’accavallarsi affannoso degli aggettivi rendono i versi carichi dei fardelli degli accadimenti; non c’è pace nello scavo, l’anima è nuda e sola e molto spesso senza radici. Tutto è tormentato e frammentato. Poche volte arriva la pace e un po’ d’ironia in questa fatica del vivere, in questa processione di sgomento perché la scrittura induce, anche a forza e senza volerlo, a uno spietato dialogo con sé, quindi a una coniugazione semplicemente singolare, unica. Gabriella Gianfelici.
da Libri Emergenti
da Cronache di Mutter Courage
Il corpo manifesta il marchio dell’esclusione, ne racconta segni e solchi, è pervaso da umori che portano impresso, per dirla con le parole di Gérard de Nerval, “le Soleil noir de la Mélancholie”. Leggo così tutta la raccolta come lucido controcanto al sonetto El desdichado di Nerval, dal quale è tratto il verso appena menzionato e del quale ricordo qui la prima quartina: “Je suis le Ténébreux, – le Veuf, – l’Inconsolé,/ Le Prince d’Aquitaine à la Tour abolie Ma seule Étoile est morte, – et mon luth constellé/ Porte le Soleil noir de la Mélancolie”. “Infedele”, “perturbata”, “liscia come vetro infetto”, “burattinaia impregnata” nei fili altrui, “rabdomante”, “malacjorta”, così si definisce o viene definita colei che scrive, la ‘desdichada’ che porta “il blasone del nulla sulla schiena”. Anna Maria Curci http://muttercourage.blog.espresso.repubblica.it/cronache_di_mutter_courag/2012/03/meth-sambiase-coniugazione-singolare.html ***
Da Il giardino dei poeti
(la poesia è la fioritura del pensiero) http://giardinodeipoeti.wordpress.com/2012/02/23/meth-sambiase/ …. Ecco perché i poeti valgono: la loro parola passa coraggiosamente dal particolare all’universale ed io leggo non solo Meth, ma il nome di tutte noi donne, in abiti e parole diversi, in corpo differenti, tutte a “schiena china”, anzi a schie-na chi-na. E ormai diamo anche ragione agli aguzzini: significa che ce lo meritiamo, non abbiamo fatto le brave bambine, tutti volevano da noi disponibilità, tempo, pazienza e che uscissimo di casa per andare al lavoro e guadagnare lo stipendio, ma che cosa hanno risposto alla nostra richiesta d’amore? Mai capaci di un gesto gratuito o così poco disponibili da essere niente. Ora amare senza essere amati, alla lunga, diventa impossibile e ci fa gridare, e che ben vengano queste urla da partorienti: “essere ancora Lepre in una macelleria che le proprie mani aprono ogni mattina”. Leggete abbandonandovi al frammento e capirete: qui c’è l’eterno femminino che si proclama in una nudità struggente.
http://issuu.com/sebaspat/docs/meth_sambiase/
Leggo questo poemetto in diversi tempi, e soprattutto, da diversi angoli. C’è questo piccolo mammifero, la lepre, che scientificamente, è solo preda ma, come il vecchio gabbiano Jonathan, ha una forza dentro da far paura. Meth Sambiase non si limita a dare voce a questo animale così docile, ma trasforma le lunghe zampe in possibili libertà (e non soltanto mezzo di fuga) e le grandi orecchie per definire ogni dettaglio con la massima precisione. La lepre Sambiase trova così, attraverso la poesia, quella forza che l’aiuta a ribellarsi a tutto ciò che la incastra nella tagliola della vita…. (Sebastiano A. Patané su Le Vie Poetiche) Leporis, incanti matrigni 2 posto città di Fucecchio 2012 5° posto al premio Polverini 2012
intanto…..
Dov’è la lepre?
(video curato da Elena Mazzi)
Leporis
(in) canti matrigni
casa editrice Limina Mentis
Ci sono sempre stati i semi
e chi li respira,
ha occhi smunti come orfani
che si spogliano della madre.
Del tanto viaggio,
lepre di marzo,
il cielo si dissolve sempre uguale
e la parola
è ancora bordura vivente.
Leporis’, edita da Limina Mentis Edizioni e destinata a sconcertare il torpore lirico cui siamo da tempo abituati. Leporis è il racconto in versi della voce di un simbolo, la lepre appunto: animale che in molti nominiamo e che in fondo in pochi conosciamo abbastanza. Animale raro a vedersi , dalle abitudini crepuscolari o notturne; occhi laterali per avere una visione più ampia del mondo circostante, ma con vista debole; lunghe orecchie molto sensibili al benché minimo rumore; velocissimo e scattante, preferisce tuttavia ‘congelarsi’ nelle situazioni di pericolo, prima di balzare in alto.
Leporis è fiera e inespugnabile nel rapporto con se stessa e con l’Altro e non si abbandona alla resa di una capo piegato, ma scatta il collo, selvaggia e inaddomesticabile. L’Uno e l’Altra si cercano, affannosamente, senza pause né respiro e sembrano udirsi, nella lettura interiore o recitata dei versi, tonfi e requiem, oracoli e corde stridenti. Zampa lunga – mi hai chiamato e mi hai cercato nelle siepi. “Mettiti una virgola, un portafortuna per questo nuovo peso da sentire”http://libriemergenti.blogspot.com/2012/01/leporis-incanti-matrigni-di-meth.htmlZampa lunga, siepi, virgola, portafortuna sono termini che diventano parole in un’allegoria preponderante e invasiva, a volte ermetica, che si sublima nel tuono di sentenze, quasi sibilline, affascinanti quanto una donna che si dipinge acqua in movimento. In questo racconto in versi c’è l’ allegoria, ma della vita più degna, quella in cui l’immolazione non è abbandono, ma sacrificio per l’epifania di un nuovo cammino che porterà il lettore a dimenticare il limite cannibale di Leporis e ad inseguirla nel suo viatico verso il karma. Leggere Meth Sambiase significa asciugarsi la fronte, aggrottare le sopracciglia, ricomporsi sulla sedia, chiudere gli occhi e ricominciare. Per poi, d’improvviso, trasalire.
(Annalisa Sofia Parente)
“Leporis” è, per me, armonia e lotta, non solo tra natura e umanità, ma anche tra forza e fragilità: forse una guerra innata all’interno delle creature femminili. Un antitesi espressa fortemente tramite componimenti “primaverili” e “autunnali”, nei quali Novembre non tanto è stagione morta quanto nostalgica. Ed infine, ciò che più ha colpito, attraverso i miei occhi, la mia emotività è stata un’esplicita volontà alla non resa, nonostante le angosce, e una calda sincerità nel volere scaldare con un abbraccio i cuori freddi che ancora non ne conoscono la potenza.
(Adriana Pasetto in )
http://libriemergenti.blogspot.com/2012/01/leporis-incanti-matrigni-di-meth.html
“Meth Sambiase rivela una travolgente capacità di giocare con i ritmi dei suoi versi che s’inerpicano in esplorazioni gutturali, semitiche, mnemoniche, pungolando il lettore ad un’interpretazione conoscitiva verso la riacquisizione personale di un senso dell’esistere. La poetica della raccolta è declinata nel segno dell’insieme, della comunione e di un’incisività ellittica capace di comprendere passato, presente e futuro laddove l’Autrice suggerisce che finché le parole non moriranno, così sarà di lei. (Tino Cauchi presidente giuria Premio Nazionale Leandro Polverini ) Meth Sambiase, in Una clessidra di grazia, consegna alla nostra lettura una poesia dello sguardo, fatta di quasi mappe concettuali sviluppate in versi rapidi e sciolti. Essa proviene da occhi puntati sulla realtà definita dal presente e su quella ancora in definizione, quest’ultima spiegata dalla veggenza del poeta, capace di riportare sulla carta un futuro ancora in elaborazione in qualche altrove spaziotemporale, che, avverrà o meno in questo universo, è il futuro certo che il poeta vede e spera, o dispera, spolverandolo dalla soffitta dell’inesistenza come fosse un passato ribelle mai visto e scelto a rappresentanza di un presente già passato per vie traverse. (Roberto Maggiani)
dal libro
Una Clessidra di Grazia
edizioni Rupe Mutevole
foto di Sandra Dello Iacono
STALKING
Raccoglie
sempre di nascosto
le vecchie monete.
Le nasconde in scatole di latta
-ruggine e velluto a coste-
e spacca l’aria della stanza
perché possa frantumarsi
in quel suono distorto
che pulsa come la contrazione di un gemito.
Sciame di neve,
la segue ogni sera a fine turno
la sua pietra radiosa,
la sua infezione disperata
ma non la raggiunge mai.
Ascolta rassegnato
il tiro delle mani del giovane serpente
che non aspettano,
invasate dall’incanto
della fossa dei seni, aperti e inquieti,
-oscena offerta di piccolo pasto -.
E l’eternità è ora,
nell’esuberanza delle lusinghe,
nella lingua lenta che ritorna,
modella i verbi del carnefice,
nei chiodi per murarla
nel ferro per intrecciarle le gambe
nel filo spinato per legarle i capelli.
Le sue scarpe di stracci
girano alla ventura e lo spingono indietro
al varo di una nuova notte
spiana
come una salma di corpi celesti.
GEOMETRIA
E il luogo degli occhi sarà
una linea curva
dove il dubbio dell’orizzonte
si slabbra nel confine
dell’incanto della pelle.
Monteranno pensieri grezzi
intrecciati ai paralleli dei sensi
PENSIERI NERI Se proprio dovrò consumarmi affilerò le mie scarpe da ballo e il tempo si ridurrà ad un solo battito. Sarà difficile non scivolare nelle pulsazioni cattive dei ricordi felici tra i bisbigli delle cellule che si sfilacciano e i resti del crollo del cuore. Se proprio dovrò andarmene via senza la benedizione di un pellegrinaggio di grazia allora scinderò le larve smagrite delle luci nei centri commerciali e sugli alberi di Natale: resteranno incantati quando ogni uccello nero delle bottiglie dei profumi mi ricompenserà dell’anticipo dei saldi vitali, assalendomi con armonia e simmetria, dolcemente, come su uno spaventapasseri dei campi.
-tutte le foto sono di Anna Serrato-
TEMPO INASPETTATO
Dammi respiro,
e respirami.
Rallenta,
buon profumo di zagara
la guerriglia è finita
alle falangi, anelli a coprire i lividi
interrati i mesi dell’assedio,
mentre mi scarnifichi le cellule del cuore
vinta, sto benedicendo il tuo nome.
Piegata,
in battere e levare
allentato ogni battito
da un indiscreto burlone di maggio
senz’altro colore, cupo
metà zucchero di canna
metà sasso di fiume,
Lasciami perdere,
nel prodigio di questo tempo inaspettato,
come la fata morgana del deserto
intrappolata dai ragni della sabbia
morsa da tarantole di roccia.
E lasciare è un verbo inquieto
lasciare, girare, travolgere
nel vento passito del grecale
mi scalzo e ritorno bambina
imprevedibili e infinti girotondi,
ruoto ed ascendo
fino ad confondermi nel polline
che da allergie e vita nuova alle api,
regina della prossima nostalgia
CAMPERò D’ARIA
Ho smesso di mangiare, da stasera
camperò d’aria: non sarà poi così male
ingoiare le piccole particelle di luce colorata.
Non si daranno vinte per me
le ampollose e perfette viscere
né la reticente epidermide né le intrecciate ossa,
ma io ho già deciso, e ho preso la strada dei monti,
dove almeno il fiato e i colori saranno contenti
del nitore dell’ossigeno, del soffio delle nuvole.
Tutto il resto è un comodo contorno,
mi debbo disabituare ad essere in castigo,
saranno ora le molecole dell’etere il mio sangue,
perché tutto il tempo che ho perso
a nutrire la guerra di un amore sbagliato
mi ha ripagato con un pugno d’aria.
lasciami la mail nei mdm. Grazie.
mi piacerebbe invitarti a ex libris..