Borea. La recensione di Fernanda Ferraresso sulla rivista di cultura poetica e letteraria Menabò.

Borea

Benvenuti, benvenute. Il Golem Femmina riapre. 

Vi saluta e vi invita al viaggo dell’ultima parte dell’anno con il reblog di  una firma importante del panorama critico letterario, Fernanda Ferraresso. Fernanda Ferraresso ha recensito Borea, il libro appena pubblicato da Terra d’Ulivi di Simonetta Sambiase. 

Vi invito alla sua lettura a questo link. 

https://www.menaboonline.it/borea-di-simonetta-sambiase

Vi ricordo che la mail per comunicare con il blog è golemf@virgilio.it 

 

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Uno più uno fa uno. La lettura del nuovo lavoro di Valentina Casadei.

“Uno più uno fa uno” è la nuova raccolta  di Valentina Casadei, un  lavoro poetico diviso in netta maniera in due parti, slegate l’una dall’altra dalle diverse scelte stilistiche e metriche, di cui la seconda è quella che emerge e convince. Il “Racconto poetico Tu e Io” è una canzone libera che si immerge in un ritmo interiore dedicato all’amore. Amore che ispira una lunga sequenza di canto in immagini quotidiane di un mondo privato, in cui esso si riversa senza mai trovarne riposo e ricchezza. I versi s’incarnano in ossimori di  immagini veloci e lente, conducono nello sfumato dei pensieri e del “sentire”, lasciandosi accompagnare nelle dimore esteriori ed interiori a cui l’amore conduce, non chiedendo giudizi ma tempo e passione,  per plasmare  due vecchi amanti in amanti assoluti. Delle strofe voce intima e voci altre, ma solo a tratti, tra immagini che si ripetono spesso,  perché l’amore è anche abitudine, certi amori cantano l’insoddisfazione di non essere amata abbastanza.
Ti vedevo partire\Verso il tuo giorno migliore.\E qui,\ il mio giorno peggiore\Mi pregava di concedergli una tregua.\Controllavo il telefono, \Cercavo prove del tuo amore.\ Come il cane da tartufo nel bosco,\Correvo nella camera da letto\E, nel letto disfatto\Cercavo indizi che tu avessi pensato a me\Per quella notte\Lontani.”
La forza si genera dalla conservazione dell’ideale, assoluto e sofferto, dell’amore come dialogo continuo con l’altro, che riduce le sue battute, che leva spazio all’eccesso di desiderio vivendo, “rispondendo a tutto” senza “chiedere nulla” dell’altro, senza conoscere la musica dell’assoluto vivere nell’amore assoluto:
Non conoscevi le canzoni,\ Io si\ Eri bloccato:\Sembravi una statua che si schiude\E nell’eternità della statua\Trovavo il nostro amore\.”. Ma l’amato non è un “opposto” come spiegava Hegel. Nell’Altro che chiamiamo amore “noi vediamo solo noi stessi e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire”. E a questo miracolo non si rinuncia. Per questo miracolo laico si lotta, ci si concentra su uno stesso pensiero, su una stessa riga, continuamente, si “cerca(no) pupille e intenzioni”. E, tutto intorno, gli altri appaiono come epifanie lontane o alienazioni dolorose, “Facce vecchie \Del passato\Compagni di scuola\Amici di famiglia\,” colleghe, uffici, anche il mare dove scappare mentre il lungo schema dei versi liberi avvolge e scioglie il sentire dei pensieri, il quotidiano lavorare, caminare, perfino fuggire, per ritrovare la mappa di se stessi ed attendere la fine della guerra. “Un giorno\Suonavi al campanello\Di casa di mia madre\E, con un pacco di fragole in mano\Mi dicevi:\-Distruggiamo quel muro”.

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Dalla raccolta

Uno più uno fa uno

(c) Valentina Casadei. 

***

Al balcone
Avevo inviato lettere in
Indonesia
Mongolia
Spagna
Nuova Zelanda
Francia
Irlanda
Un destinatario della lettera per la Spagna
si chiamava Guillermo,
Come mio nonno,
Guglielmo.
Ritrovavo così,
A mia insaputa,
Un altro mattone
Che mi apparteneva,
Che mi costituiva.
La mia dimora,
Piano piano,
Prendeva forma.

Arrivata a casa
Percorrevo i sei piani di scale.
L’ascensore faceva troppo rumore:
Ti volevo impreparato al mio arrivo.
Volevo entrare
E trovarti,
Spoglio,
Ad aspettarmi
Per capire come esisti
Quando io non sono con te.

***

Tu mi guardavi dimenarmi,
Placida,
Con una forsennata voglia
Di dimostrarti tutte le danze che avrei voluto ballare con te.
Non conoscevi le canzoni,
Io si.
Eri bloccato:
Sembravi una statua che si schiude
E nell’eternità della statua
Trovavo il nostro amore.

POESIE PER ANTIGONE LA DISOBBEDIENTE (Alziati, Farrokhzad,Yeats)

«Antigone, è vero quello che dicono? È vero?
Dove sono le prove?»

(Corrado Benigni da Tribunale della mente)

 

TERZA LETTERA AD ANTIGONE
di Cristina Alziati

Non ti mando la foto, ti descrivo.
Sulla riva, distesi sotto il sole, vedi,
i bei bagnanti, e i pueri, e il cadavere
poco discosto, soltanto dall’acqua lambito.
Non fosse per i vestiti ― per gli stracci ―
diremmo che è uno del gruppo, fra quelli
ridenti, uno vivo. È un giorno di festa.

Arriveranno gli addetti, più tardi,
a sgomberare quel corpo; altrove
si sbrigherà una pratica,
faranno un’autopsia, verrà inumato.
Questo però non c’è, nella fotografia.

E nemmeno la bava, domani, dei giornali
né la pena beghina per quel morto,
“zingaro – dirà qualcuno – ma bambino…”
C’è questa roccia, invece
fra il cisto e i rosmarini,
questa roccia residua da cui scrivo,
e dentro l’aria una preghiera
e il mare intero, lento
che prima degli addetti il corpo
si porta via, l’istante prima.
C’è il resto del paesaggio a sua custodia.

 

MY FATHER SAID 

di Athena FARROKHZAD

My father said: Your brother shaved before his beard started to grow
Your brother saw the terrorist’s face in the mirror
and wanted a flat iron for Christmas

My brother said: Some day I want to die in a country
where people can pronounce my name.

 

(MIO PADRE RACCONTAVA)

Mio padre raccontava: tuo fratello si radeva la barba prima che crescesse
Tuo fratello vedeva il volto di un terrorista allo specchio
e a Natale volle una piastra per lisciare i capelli

Mio fratello diceva: Un giorno, vorrei morire in un Paese
dove la gente riesce a pronunciare il mio nome.

 

trad. S.Sambiase)

 

ANTIGONE 

di William Butler Yeats

Overcome — O bitter sweetness,
Inhabitant of the soft cheek of a girl —
The rich man and his affairs,
The fat flocks and the fields’ fatness,
Mariners, rough harvesters;
Overcome Gods upon Parnassus;

Overcome the Empyrean; hurl
Heaven and Earth out of their places,
That in the Same calamity
Brother and brother, friend and friend,
Family and family,
City and city may contend,
By that great glory driven wild.

Pray I will and sing I must,
And yet I weep — Oedipus’ child
Descends into the loveless dust.

William Butler Yeats

Tre poesie di un probabile contemporaneo

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Tre posie “effimere”, tre poesie “contemporanee”, che reclamano lo spazio del proprio tempo. La scrittura poetica usata come comprensione delle turbolenze della visione e della relazione dei mutamenti dell’intorno e dell’epocale in Sara Ferraglia; l’orogenesi del nuovo mondo che comprime e “tabula” energia di Lyra Davies; l’inaspettato viaggio “intorno al mondo” di Raffaele Sabatino dentro il proprio vicinato, il lontano, lontanissimo distante una sola porta da noi, in un caos cromatico e culturale che investe ma non alleggerisce il cuore dalle nostre nostalgie.
Tre sguardi “utili”, per cogliere le relazioni che corrono attraverso la storia dell’oggi e dell’ immediato, dall’alto dello sguardo e dell’indagine emotiva che scelgie l’accettazione dell’impossibilità dell’orientamento della realtà su piani lineari e prevedibili. “La vita culturalmente più ricca e vasta di oggi obbliga l’individuo a poggiarsi su mille presupposti che egli non può seguire e verificare del tutto e quindi deve accettare per buoni” (Francesca Ieracitano) . Quello che viviamo nell’oggi e nell’intorno, si distinguerà nei ricordi? Si potrà trasformare in storia o sarà dimenticato? La scrittura come comprensione delle turbolenze della visione e delle relazione dei mutamenti dell’intorno e dell’epocale, è l’esatto contrario dell’effimero anche quando è costratte ad utilizzarne colori e parole stampate.

***
La visione distorta delle cose
di Sara Ferraglia
La visione distorta delle cose
ha un suo fascino precipuo.
Sui dorsi dei libri titoli spezzati
stan generando frasi misteriose.
La linea,  che ha perso il suo contiguo,
precipita nel pozzo dei dannati:
volti deformi e trasfigurati
come anime di Munch e Modigliani,
di macchie nere e mostri un florilegio.
Vedere luoghi prima immaginati
e nuove dimensioni e mondi alieni,
visioni alternative,  un privilegio.
Vedere il mondo dentro una clessidra
è un fenomeno raro.
Ciò che più mi addolora
è perder la visione di sinistra
che l’han già persa in tanti
eppur ne abbiam così bisogno, ancora.

 

***

Topography of an Apple
di Lyra Davies
It perches there,                           ripe and globular;
knitted together from           the pinks of the world,
orbiting its own                                 red roundness
like a planet collapsing;                         star-struck,

sunburned and                               staining the sky.
The classroom circles it               like the geography
test is a carousel,              and each revolution sends
us spinning, ducking,                                 bobbing.

The Pacific                                  deflates and spills
through double-glazed                          glass panes
in moon-beaded rivulets,                       welling up
on the sun-lanced            carpet and lacing us with

salty fish-hooks.           The troposphere is tapping
on the skylight,                   dripping cumulonimbi
onto our exam papers                   (wet ink marbles
our fresh photocopies               until question four

is illegible).                                    Swallows tumble
through the windows,                                   flitting
between shafts                  of jalousie-sifted sunlight
and gliding on                             watercolour wings

like paper aeroplanes,               their bodies always
slightly ahead.                     They nose through the
gaping casement towards                    the sky to be
shredded                           in a thrusting jet engine,

feathers parachuting                         like fistfuls of
confetti                            onto bulging rain clouds.
The apple rolls off                 the varnished bureau
and plunges earthwards                     like a meteor,

emerging in the concave                       of a creased
palm, with bruises                 like canyons or moon
craters;                                         topography like a
city skyline: pitted                               and uniform

in banality                              as a stranger breathes
something high-flown                                into the
stars

***

Neighbours
di Raffaele Sabatino

Il mio vicino è indiano
ha la casa sempre piena di gente
uomini coi turbanti bambini
donne bellissime coi bindi

la parete del mio vicino indiano
si vede dai vetri, e da lontano
puoi intravedee i film di Bollywood
lui sposa lei, è tutto un lieto fine

sulla parete del mio vicino
si balla e canta e il bene vince

la parente del mio vicino
è sempre felice

* dalla raccolta Scie,
vincitrice del premio Giorgi 2017

Della propria voce. Due poesie dall’antologia del Gruppo 98.

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A Bologna si trovano ormai da anni per un loro percorso comune sulla discussione poetica.   Una parte del loro lavoro è racchiuso in questa nuovissima antologia, Della propria Voce. Sono dieci poetesse del Gruppo 98 che hanno collaborato a sviluppare gli argomenti e che hanno scritto  un’ottantina di poesie correlate dalle riproduzioni delle belle opere da Donatella Franchi.  Le autrici sono Paola Cimatti, Leila Falà, Zara Finzi, Serenella Gatti Linares, Loredana Magazzeni, Paola Tosi, Alessandra Vignoli, Vannia Virgili, Anna Zoli, Giovanna Zunica. Riflette Leila Falà: “E’ un’antologia che parla del dare voce alla propria capacità creativa, di ascoltare e dare spazio a quella voce, propria, interiore, a quella spinta a sperimentare, andare oltre, rinnovare. Coltivarne l’esigenza, il desiderio. Ma racconta anche come si lavora, di cosa e come si parla nel Gruppo ’98 Poesia.Riguarda la poesia, riguarda lo stare insieme, il produrre. Il fare al femminile”

Nel libro si notano anche due interventi delle  psicologhe  Pina Galezzi e di Daniela Palliccia.

Per gentile regalo di Leila Falà vi invitiamo a leggere due poesie dal libro, che è edito dai tipi della QUDU Libri e si trova in vendita nelle librerie e sulle maggiori piattaforme digitali.

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Rannicchiata
(da un’immagine affiorata nel dormiveglia)
di Leila Falà

Rannicchiata
come bambina
sul gradino della porta
che introduce alla tua casa.
Minuscola eppure
hai capelli solo bianchi
guardi e pensi se stare ancora
oppure entrare.
La casa al chiuso offre l’interno
il gradino offre la strada
il giardino offre l’esterno.
Lo stare è la perenne soglia.
Lo sguardo al lontano
la fronte al pavimento
i gomiti sulle ginocchia
le mani pencolanti foglie.
Ne resta di tempo per fare
per essere ancora altro.
Rinnovarsi? È con stanchezza
che pensi al da farsi.
Energia da trovare.
Come se sbagliare costasse tutto.
Come se tornare fosse interdetto.
Ma non è forse stato sempre così
lancinante pericoloso e ultimo il cambiamento?

Esperimento pericoloso

Tira e tira e tira e fai
sul filo del poi, che vengo, che dai
che è tardi, che faccio, che vedo
che dico e preparo, sistemo, poi scrivo.
Poi. È più tardi che scrivo
amica che vedo, che corro – mi manchi –
a prendere col pensiero
mentre compro il prosciutto.
Aspetta che ti telefono prima
di cena, dopo la spesa, dopo la cena, ma che
nessuno si accorga che sono tornata
e neanche che manco, ancora, da casa
non manco, ci sono, solo
non posso chiamarti, amica.
Ti scrivo più tardi un messaggio.
Non posso, non va. Sai, mi lascia il marito
lo sai? Tu che fai? Che dici? Che fai?
Ti sei separata? Anche tu?
(come mai? come me?)
Ma ora non posso.
Ti parlo domani o forse giovedì.
Ora vado.
È la fretta del tempo, la cena, la casa, ti vedo
mi manca, mi manchi, sei un poco sparita.
E poi scrivo, è poi che io scrivo
stanotte.
Ora mi manco. Stanotte col silenzio dovuto
col marito che attende o che va, che saluta.
Sei sparita, è sparito.
Io che salto il tempo che occorre
a lasciar decantare il tempo
di amare e di restare.
Mi manca, mi aspetta, mi vede.
Io vado e spero.
Se posso respiro.
Pericolo so.

Sei donna di valore
di Loredana Magazzeni

Sei donna di valore, ma te lo dico in privato
in pubblico mi presentano uomini
poeti, essi hanno il polso della
situazione poetica, si confrontano con altre
cerchie poetiche. Noi, ci troviamo in privato
parliamo piccolo. L’affetto che sentiamo
l’una per l’altra è cosa di poco conto
per chi guarda da fuori. Noi non vediamo
noi stesse, se ci affacciamo allo specchio
poetico: decenni di lavoro costante
annullati da migliaia di sguardi
che dicono no, non esisti, non esisti
non tentare di esistere, senza di me.

 

 

Tre poesie da Assorta la corda vira di Federica Galetto

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GLI ANNI

Tu
che hai fatto il giro di boa
che da quindici sono trenta
Gli anni
Trenta snodi d’acciaio
in un bestiario di carta
in brossura
inseguendo cigni nel lago
a riemergere appena un passato
Gli anni invaghiti del tremore
le dure spinte al dosso
comunque e sempre
Un bacio sulla porta che deve
senza sperare mai
Dove sei andato
incollato cielo di ieri sul petto
un mormorare lesto d’ansia
la palpebra sola sul respiro
dove quella corsa al mio collo
nelle sere d’inverno
sul cuscino l’impronta di latte
Siamo vapore nel sole
tu
che hai fatto il giro di boa
che da quindici sono trenta
Gli anni
Ancora mi cerchi nei passi
la mattina presto
mai esistiti sul parquet di iroko
che scalda la tua casa
mai sentiti davvero
sognati come nuvole che passano
E i fogli scritti di sentimento
le parole schiave
un furtivo chiederne ancora per saziarsi
mentendo al futuro
al passato
ciclico eterno ritorno senza
abitudini certe
solo amore scordato e riapparso
come ombre in un giardino d’ottobre
Negli anni
un fragile fiore è comparso
nel sottobosco fitto

C’ERANO LE ORE

C’erano le ore nello strepitio
stanco di una gioia
E le doglie di un parto a termine
che non superava la notte
Fra le cortine di polvere
si alzava la pena
di quando ancora un bollire
sottotono s’incantava per nulla
E ora le nubi s’apprestano a gonfiare
Oltre le rose del giardino si sente
un lamento
che il vento domina
Il braccio alzato contro il sole
Denti d’oro rilucono e non mordono
Le bocche si schiudono per un sibilo
laddove non esiste il decoro
e neppure lacrime da consumare

C’era un groviglio astuto che premeva
nel fondo
e poi ancora un cavillo addomesticato
che dormiva da anni
Eppure si sentiva l’aria giocare
che il futuro sbraitava tanto e forte
al suo passaggio
C’erano le ore nello strepitio
stanco di dolore
Aperte le stanze e volate via le foglie
sui muri non vi sono ora ombre a passeggio
Ma impronte
Che lascino esse solo deserto
Fioriscono cactus anormali
a forma di pietra
Elevata sui giorni
Fioriscono segni sulle crepe dritte
Senza sogni
Senza piedi e mani
Vuoti all’interno come scavate buche al passaggio.

DI FORZA IL DESIDERIO

Di forza il desiderio
macera l’intelletto
che nell’osso scarno
dell’ipotesi instabile
s’avverte
Illuse pose in illuse
notti sacrificano torti
mai lavati nelle lacrime
dissoltesi in sale
Rose la carne nel fiato acceso
che catturandolo lucciole
nel petto s’erge
austera e rigida
come giaccio eterno

(poesia presente ne “Il segreto delle fragole 2007”, Lietocolle)

altre poesie su
http://lastanzadinightingale.blogspot.it/

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Federica Galetto è nata a Torino, fa poesia, traduce, scrive racconti ed ha creato il blog La stanza di Nightingale.
E’ vicepresidente dell’associazione Exosphere ed oggi è il suo compleanno. Auguri da parte delle sue amiche coofondatrici, Met e Gabriella.

da Voci dell’Aria – May Ziadeh

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da VOCI DELL’ARIA
Antologia di Poesia Femminile

UNA PICCOLA STORIA
di May Ziadeh
(1886-1941)

Non è il varo di una nuova nave
che non àncora la sua via per navigare
A leggerlo si prova un … un quasi piacere
è una quieta per l’anima affaticata
Così essa non è né lunga né spossante
nulla d’impenetrabile o di misterioso
lei è così, così piccola e, potrebbe essere, interessante!
Datemi ascolto ma in modo serioso….

(trad. S. Sambiase)

Datemi ascolto, ma in modo serioso... Sono versi che identificano parte del lavoro poetico giornalistico di May Ziadeh che con la sua poesia e i suoi scritti fu pioniera di una nuova identità femminile palestinese che ben si espresse nel 1921, quando alla conferenza egiziana “The goal of life” , May Ziadeh fece appello a tutte le donne arabe di aspirare alla libertà e di non chiudersi all’Occidente mantenendo pienamente la propria identità Orientale. Ziadeh lasciò 15 libri di poesia,  scrisse anche studi biografici e sensibili di tre scrittori di donne pionieristici e poeti, Warda al-Yaziji, A’isha Taymur, e Bahithat al-Badiya. E per vent’anni condusse una fitta corrispondenza con Khalil Gibran, che viveva a Ney Work, senza mai incontrarlo di persona.

Alcune poesie di May Ziadeh sono contenute nell’Antologia Voci dell’Aria, antologia dedicata al patrimonio poetico femminile curata dall’associazione Exosphere, in lettura per Primavera Donna del Comune di Reggio Emilia sabato 23 aprile alla Ghirba, l’ex Gabella.

Microsoft Word - antologiaA5.docx

Associazione Culturale Exosphere PoesiArtEventi, di Simonetta Sambiase, Gabriella Gianfelici e Federica Galetto, in collaborazione con Eutopia Rigenerazioni Territoriali, nell’ambito della manifestazione PRIMAVERA DONNA 2016 organizza sabato 23 aprile alle ore 17.00,  presso GHIRBA – Biosteria della Gabella, Via Roma 76, Reggio Emilia la presentazione dell’Antologia poetica femminile “VOCI DELL’ARIA”, con letture di Giovanna Gentilini, Simonetta Sambiase, Mara Paltrinieri, Gabriella Gianfelici, Eleonora Boschi e Giorgia MOnti 
Si darà voce alla poesia femminile, il cui patrimonio culturale è escluso da buona parte della critica antologica del nostro Paese. “VOCI DELL’ARIA” si divide in una prima parte dedicata alla traduzione di poetesse che hanno attraversato tempi e luoghi diversissimi della storia artistica mondiale, e di una seconda parte che chiama a raccolta un caleidoscopio del panorama contemporaneo. La pubblicazione è stata  curata interamente dall’Associazione culturale Exosphere.

riferimenti in i rete
https://middleeastrevised.com/
https://exospherepoesiarteventi.com/

Voci dell’aria

Voci dell’Aria

La forza di ogni cosa creata. Due poesie dal patrimonio poetico femminile negli antipodi d’Europa

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Dal patrimonio poetico femminile, due autrici fra ‘Cinquecento e ‘Seicento agli antipodi dell’Europa, Anne Collins e Selvaggia Bracalli Bracciolini. Sono due poete diversissime fra loro per scrittura ed ispirazione. La prima, Anne Collins, è un nome che si trova su un titolo a capo pagina di un libro antico e raro intitolato “Divine Song and Meditations” stampato in Inghilterra nel 1653. Di lei si sa solo che ha scritto molti dei versi dei libri durante una lunga malattia, come spiega nel prologo del libro. La sua scrittura è leggera e piena di grazia religiosa, con metafore immediatamente riconducibili alla bibliografia testamentaria. L’altra autrice è nata a Pistoia nel XV secolo nella famiglia Bracalli. Di lei si sa che scrisse delle poesie in Volgare durante la prima metà del secolo e che andò in sposa nel 1534 ad un certo Guglielmo Bracciolini. Il suo metro è cantato in un sonetto laico che chiama a testimoniare allegorie classiche per il posto del mondo del femminile.

 

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THE SOUL’S HOME
di Anne Collins

Such is the force of each created thing
that it no solid happiness can bring
which to our mind can give contentment sound;
For, like as Noah’s dove no succours found
Till she return’d to him that sent her out
Just so, the souk in vain may seek about
For rest or satisfaction any where,
Save in his presence who hath sent here here;
Yea though all eartly glories should unite
their pomp and spendour to give such delight,
yet could they no more sound contentmente bring
than star-light can make grass or flower sping.

LA CASA DELL’ANIMA
(trad. Simonetta Sambiase)

Tale è la forza di ogni cosa creata
che non c’è vera felicità ad esser portata
a quelle nostre anime che possono profondamente sentire.
Perché, come la colomba di Noe che non trovò soccorso
fin a che non ritornò a colui che là mandò via
sappiate che, inutilmente l’anima può cercare
pace o soddisfazioni in tutti i luoghi della terra
la salvezza è nella presenza di chi l’ha mandata ad errare
Si anche se tutta la gloria terrestre si unisse
al fasto e allo splendore , che tutto facesse delizia
ancora nulla potrebbe portarci il suono della gioia
che la luce delle stelle fa germogliare dall’erba o dai fiori.

* ringrazio della consulenza sulla traduzione
Lia Aurioso e Anna Maria De Rosa

Minerva tra Geometria e Aritmetica Veronese

 

BEN TI PUOI DIR FELICE
di Selvaggia Bracalli Bracciolini

Ben ti puoi dir felice, e al mondo sola
Patria, che nel tuo nido alberghi tale
ingegno, e di beltà immortale,
di cui su in ciel l’eterna fama vola,

tal che a Minerva il seggio, e il nome inuola,
a lei d’ogni virtù essendo uguale;
né te di cupido arco, né strale,
che pudicizia in lei tiene norma e scuola.

Questa è degna di lode e di trofei,
che la sua grazia, e il chiaro suo splendore
gli uomini vince al mondo; e in ciel gli dei

e però fide mie compagne e sorelle,
rallegriamoci con Flora per costei
del sesso femminile gloria e onore .

(ritorna poesia) Il Murmure dell’Acqua di Caterina Franchetta

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(Ri)Torna la  poesia femminile sul GolemFemmina
con un inedito di Caterina Franchetta accompagnato da una delle immagini della mostra Anime in cornice a cura di Lucia Ruggieri.

 

 IL MURMURE DELL’ACQUA
Se non fosse per quel chiaro cielo
e per il fuoco che ancora m’arde dentro
concederei a quest’acqua il privilegio
di sciogliermi dai legami ingannatori.
Dal buio pesto dei dolori
raccoglierei lampare
per attirare luci d’altri mari;
e mentre dalle oscure nubi scroscia
ghermirei dall’acqua immagini rinate
lasciando alle gocciole cadute a graspi
di perdersi nell’abbraccio delle pozzanghere.
E quelle sperse nel seguire
i fili delle sferiche vele di passaggio,
lascerei che nel tempo effimero svanissero;
perché fu d’acqua il mio tempo migliore
di quando nacqui, ed altre ancora
intrise in un carico d’anni:
acqua d’attesa con i pori aperti,
di chi ha perso la terra,
e il murmure dell’acqua
l’appassiona.
Caterina Franchetta – 23/8/2015

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