CHE UN TEMPO CI SIA STATO UN GRAN DOLORE. POESIE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE. #25NOVEMBRE

"La forza che uccide è una forma sommaria, grossolana di forza.
L' altra forza è quella che non uccide; o meglio, quella che non ha ancora ucciso. 
Quella che certamente o molto probabilmente, lo farà, 
che è sospesa sul capo di qualcuno e potrebbe ucciderlo da un momento all’altro; in ogni caso essa trasforma l’uomo in pietra. 

Simone Weil"

Domesticviolence, poetry against domestic violence
(c) Elizabet Malaska

VIOLENZA DOMESTICA

di Illiana Rocha

(Traduzione di Federica Galetto per il blog)

Libellule la mattina ingannate dalla porta a vetri scorrevole,

sparpagliate in veranda come sigarette spezzate

a metà,  e un cavallo ad acquerello, le giunture a cerchi blu chiaro.

Auto da golf sfrecciano sul petto verde

delle colline. Mi dormivo sulle mani,

piatti cuscini colmi di minuti pezzetti d’ossa. 

Coperta grigia della solitudine, il mascara di ieri sera. Solitudine

una libellula volteggia come saliva a rallentatore vicino al vetro,

promette di riempirlo con se stessa come la sua mano,

il mio viso lo rifrange. Mezzo mondo ancora dorme,

i miei seni vivi e svegli nella maglietta 

Cerchi di vento nell’erba,

scalpiccio di cavalli in quella direzione. Cerchi saturi, 

volti, muovono lo schermo muto della TV, trasmettono più solitudine :

Compra questa proprietà, prova questo esercizio.

Una donna con due grossi seni non è convincente. 

Quando mi sposto in me stessa, il vetro mi si spezza dentro, 

un cielo sconfitto per metà delle sue stelle, 

mani buie disperate trovano qualcos’altro per riempirlo. 

Come mani, gli uccelli sbattono le ali in un applauso disperato, 

volando in tondo come se la loro specie stesse per estinguersi.

 La mia gola, 

metà massa solida, metà gonfia per la tequila, 

non è la solitudine che noi esseri volanti cerchiamo di evitare, 

ma soltanto una logica  dolorosa nel vetro, 

una che impari come quella del petto .

Un arcobaleno interrompe

il petto di nube bianca,

come il mio, dove una volta le sue mani vivevano, poi distrutte.

Il mio respiro contro il vetro liscio del silenzio,

in cerca della saggezza della cavità di un albero, cerchio sessuale,

come la solitudine persiste

invitata da altri sopravvissuti di questo mondo dalla metà 

della sua violenza, tutto il suo amore

DOMESTIC VIOLENCE

di Illiana Rocha

Morning dragonflies tricked by the sliding glass

door, scattered on the porch like cigarettes torn in half,

& a horse in watercolor, its joints light blue circles.

Golf carts zoom over the green breasts

of the hills. I slept on my hands,

flat pillows filled with a puzzle of tiny bones. Loneliness’s

gray blanket, last night’s mascara, loneliness—

a dragonfly hovers like spit in slow motion near the glass,

promises to fill the pane with itself like his hand,

my face reflecting back at him. Half

the world is still asleep, my breasts

alive & waking from my shirt. Wind in circles

through grass, horses tip in its direction. Saturated circles,

faces, move the muted TV screen, broadcast more loneliness:

buy this property, try this exercise. A woman with hard breasts

isn’t convincing. When I shift in myself, glass

breaks inside me, a sky losing over half

its stars, desperate dark hands

finding something else to fill it. Like hands,

birds clap their wings in desperation’s applause, circling

as if their species is dying out. My throat, half

gastrolith, half swollen tequila, it’s not loneliness

we flying things try to avoid, but in glass

a painful logic, one you learn like the breast’s.

A rainbow interrupts the white cloud  breasts,

like mine, where once his hands

lived, then destroyed. My breath against silence’s smooth glass,

longing for the wisdom of a tree’s hollow, sex circle,

how it endures loneliness

by invitations to other survivors of this world from half

its violence, all its love.

poetry, against domestic violence, #25 novembre
(c) May Stevens

AMBRA

di Eavan Boland

Che un tempo ci sia stato un grande dolore, non ha mai avuto importanza:

gli alberi sulle colline, nei boschetti, che piangono –
un oro di plastica che cola

a terra per secoli e stagioni –
fino ad ora.

In questo bel pomeriggio di settembre in cui tu non ci sei
tengo stretto, come se la mia mano lo potesse custodire,
un monile d’ambra

che mi hai donato un tempo.

La ragione dice questo:
i morti non possono vedere i vivi.
i vivi non rivedranno più i morti.

L’aria chiara di cui abbiamo bisogno per ritrovarci è
svanita per sempre, eppure

questa resina un tempo
ha raccolto semi, foglie e perfino piccole piume mentre cadeva
e cadeva

e ora in un’atmosfera solare sembrano vivi
come non mai

come se il passato fosse presente e il ricordo stesso
un miele baltico –

uno sfregamento agli orli del visibile, un’esibizione solo di quanto
si possa conservare

dentro un’imperfetta traslucenza.

I never ask for it
(c)Jasmeen Patheja

CIO’ CHE INDOSSAVO

di Mary Simmerling                          

Era questo:
a partire dall’alto
una maglietta bianca
di cotone
a manica corta
e girocollo

Questa era infilata
in una gonna di jeans
(anche quella di cotone)
che finiva appena sopra le ginocchia
e con una cintura in vita

Sotto tutto questo
c’era un reggiseno di cotone bianco
e mutande bianche
(anche se probabilmente non abbinate)

Ai miei piedi
scarpe da tennis bianche
il tipo di scarpe con cui giochi a tennis

e per finire
orecchini d’argento e lucidalabbra.

Questo è ciò che indossavo
quel giorno
quella notte
il quattro di luglio
del 1987.

Potreste chiedervi
perché è importante
o perché io mi ricordi
ogni capo di abbigliamento
con questa precisione

Vedete
mi hanno fatto questa domanda
molte volte
l’ho ricordato
molte volte
questa domanda
questa risposta
questi dettagli.

Ma la mia risposta
così attesa
così prevista
sembra piatta in qualche modo
visto il resto dei dettagli

di quella notte
durante la quale
ad un certo punto sono stata violentata.

E mi chiedo
quale risposta
quali dettagli
vi darebbero conforto
potrebbero darvi conforto
a voi
miei inquirenti

cercate conforto
laddove
ahimè
nessun conforto
può essere trovato.

Se solo fosse così semplice
se solo potessimo
mettere fine allo stupro
semplicemente cambiandoci d’abito

Ricordo anche
che cosa lui stesse indossando
quella notte
anche se
è vero
nessuno
me l’ha mai chiesto

Murales lazio su commissione per la violenza sulle donne
Murales Lazio su commissione contro  la violenza sulle donne

MI DICEVANO

di Jean Teppermann

Mi dicevano

è meglio se tagli i tuoi crespi capelli

sembri una strega sembri ebrea.

Mi chiedevano perchè

cantassi per le strade invece di stare in silenzio

mi raccontavano storie di donne eleganti

e dei loro diversi matrimoni.

Sono diventata strana invisibile e sola.

Voglio che i miei capelli si arriccino selvaggi

voglio andare incontro alla luna

e ridere gridare vivere

con i miei crespi capelli.

nalini malani
(c) Nalini Malani

SONO UNA DONNA IN INDIA

di Chandni Singh

Mi hanno accarezzato il seno.
Non da un amante,
ma sconosciuti su un autobus.
Sono stato gyrated contro
mentre navigo per la città:
confezionati come sardine
sono più depravati degli animali.
Mi sono stati mostrati dei peni
di cui non conosco i proprietari;
vengono solo con un paio di occhi intrisi di lussuria
e un sorriso senz’anima.

Posso tenere testa ai problemi
sull’ambiente.
Posso essere eloquente sulla letteratura e la musica.
Mi è stato detto, io sono il futuro;
e per un attimo sono indotto a credere
nella bolla in cui ho comprato.

Pubblicità

Invito alla scrittura. Laboratorio per Abit-arte.

                                                                                Gabriella Gianfelici

Care e cari,

in occasione della Festa “Abit-Arte”, organizzata dalla Cooperativa Case Popolari di Mancasale e Coviolo per i primi giorni di ottobre, vi invitiamo a partecipare ad un laboratorio di scrittura (nella forma che desiderate cioè poesia, racconto breve, testo collettivo o diario) che si terrà sabato 10 settembre dalle 16.00 alle 18.00 e domenica mattina dalle 10.00 alle 12.00 sempre in via Selo n.4

Il laboratorio è gratuito e dovete portare soltanto i materiali per scrivere. Sarà condotto da Gabriella Gianfelici e da Simonetta Sambiase con le modalità di sempre: letture di brani, discussioni, riflessioni, suggestioni date con poesie, versi, pensieri, colori, quadri etc. 

Cercheremo di scrivere sull’ambiente e la sua bellezza, sull’ecologia, sul nostro territorio reggiano e sui temi proposti dalla festa, (che a breve sapremo in modo esaustivo).

Alla chiamata di “Abit-Arte” di ottobre, faremo la nostra parte.

All’interno della festa d’arte e cultura, organizzata dalla Cooperativa Case Popolari di Mancasale e Coviolo, per realizzare un evento di arte pubblica muralistica a Reggio Emilia, come segno d’arte per un abitare sostenibile, inclusivo, bello e solidale, creeremo un laboratorio di scrittura creativa e poetica per esserci nella maniera solidale e associativa che ci caratterizza.

 Abbiamo bisogno di tutte e tutti voi.

 Abbiamo bisogno di creare delle preziose tessere di un mosaico di ricordi, di idee, di testimonianze, di invenzioni, di resistenza, di speranza, di curiosità, di amore per un quartiere, di una città, di una terra che (nonostante tutto) sorride ancora.

 E il testo corale, che formeremo nel laboratorio, sarà presentato durante le giornate di Abit-Arte, insieme alle poesie del fondo poetico dell’associazione Exosphere, che da anni ha dimora nell ’ospitale saletta civica della CCPM.

                                                                              

Gabriella Gianfelici

 Simonetta Sambiase

                  ( Ass.ne Culturale Exosphere, PoesiArtEventi)

per informazioni:

mail:

gabriellagianfelici@gmail.com,

golemf@virgilio.it

Accenni del progetto:

(per tutte le informazioni, le partecipazioni, le curiosità e gli interessi, cliccate qui)

Le schede degli artisti visivi:

Vi aspettiamo.

Exosphere

Dalle lettere di Antonia Pozzi: Alla mamma.

dalla prefazione del libro L’ANTONIA, in uscita per Ponte alle Grazie:
“Ha esplorato il mondo con desiderio ardente, ha esplorato sé stessa attraverso la fotografia e la poesia. Ha amato con sovrabbondanza e inesperienza, come i suoi pochi anni le hanno consigliato. La montagna è sempre stata la sua maestra e il suo rifugio. Si chiama Antonia Pozzi.

Antonia Pozzi

“Cara Mamma,
finalmente trovo un momento per scriverti con calma. È mattina: una bellissima mattina di sole, con delle nuvole leggere e bianche a mezza costa dei ghiacciai. Io ho portato fuori dalla tenda uno sgabellino e sono qui che ti scrivo seduta sull’erba. L’Elvira è andata a fare una passeggiata breve e tornerà prima di mezzogiorno: io ho preferito restare qui a lavarmi un po’ bene e a prendere un po’ di sole sul prato, per mettermi a posto le ossa dopo la gita di ieri. Non mi sono stancata; però era lunghetta; niente affatto difficile, ma in una cerchia di cime insuperabile. Ho preso diverse fotografie che dovrebbero essere delle meraviglie. Adesso sono letteralmente gocciolante di vaschina e di lanolina: bisogna che stia molto attenta, perché qui c’è il rischio di prendersi delle scottature in grande. La vita sono la tenda, una volta che ci si è sistemati e organizzati, è comodissima e, malgrado l’altezza, si dorme. Il mio pigiama è l’ideale e anche l’impermeabile mi serve a diversi usi. Ieri, appena tornata dalla gita, ho fatto un lussuosissimo the, col pentolino “méta”, che va benissimo. Il vino che passa il convento è abbastanza buono: e poi, davanti all’attendamento, ci sono delle baite dove si trova un latte straordinario. Di gite importanti credo che ne farò ancora una o due al massimo. Per il resto del tempo resterò qui, a gironzolare per le rive di tutti questi torrenti che scendono da ogni parte dei ghiacciai e che fanno un rumore così continuo e gradito. E voi, che fate? Come è andato il vostro ritorno a Pasturo? Il papà, la zia Ida, la zia Luisa, l’Antonita e pollastrini, il Rudi, i “cucurini”, che cosa fanno? (Scusa: mi sono dimenticata il Luigi, il Pierino e il Bobi). Baciami tanto tanto tutti: di’ che mi scusino, se non scrivo a ciascuno, ma qui è tanto difficile trovare il momento buono. Tu, sta su allegra, non fare “quit-quit” e abbiti il mio abbraccio strettissimo”.

La tua Antonia

Dalle Lettere – Alla mamma – Breil, 25 luglio 1933

NON E’ SOLO IL SILENZIO. Il primo appuntamento on-line di Exosphere e delle sue ospiti, si aprirà con la poesia di Anna Lombardo.

Non è solo il silenzio
a bussare continuo
visioni a vasto raggio
e cerchi di luna
sventagli aperti come magnolie

ascolto quel suono che da dentro
risponde a me sola
dell’alfabeto le lettere liscia
con dente di serpente

sapessi altro alfabeto, amore
parlerei ancora assieme alla tua sponda.

da CON CANDIDE MANI,
di Anna Lombardo,
Proget edizioni, 2020

Sarà la nuova raccolta di Anna Lombardo ad inaugurare il ciclo di incontri mensili di Exosphere dedicati alla poesia e alla vita che ci scorre dentro (anche e soprattutto) nell’era della pandemia.
“Non è solo il silenzio“, uno dei versi della poesia di Lombardo, dà titolo a tutta la collana d’incontri on line che partiranno sabato 20 marzo, dalle ore 17.30 fino alle 18.30.
Con la poetessa, ci saranno, ospiti d’onore, a raccontare dello stato della poesia civile e della poesia femminile nel nostro territorio: Valeria Raimondi (Movimenti dal Sottosuolo, Brescia), Anna Maria Robustelli (Casa delle donne, Roma) e Antonella Bontae (Premio Donna e Poesia, Roma). Accompagneranno le riflessioni delle ospiti, Gabriella Gianfelici e Simonetta Sambiase due delle tre fondatrici di  Exosphere, l’associazione che organizza l’evento in collaborazione con la storica cooperativa CCPMC di Reggio Emilia, nella cui saletta civica si ospita il fondo librario di Exosphere. I saluti dell’incontro, saranno affidati alla presidente della Cooperativa, Roberta Pavarini.

Gli appuntamenti futuri:

17 APRILE 17.30
Incontro con la poesia inedita di Lucianna Argentino
Con interventi e testi di Paola d’Agnese, Moussia Fantoli, Fiorenza Mormile

22 MAGGIO 17.30
Simona Miceli (sociologa dei processi culturali) presenta il suo libro “UN POSTO NEL MONDO”, Donne
migranti e pratiche di scrittura.
Intervengono: Anna Fresu, Christiana de Caldas Brito, Pina Piccolo, Rahna Nur

12 GIUGNO 17.30

“Con la parola scritta non si è mai soli…”, storia di un laboratorio online e dei racconti scaturiti da questa
esperienza. Ne parleranno tutt* i partecipanti insieme a Maria Musik (critica letteraria e scrittrice) e la
conduttrice del laboratorio Gabriella Gianfelici.
Partecipanti: Massimo Cappuccini, Fiorenza Morselli, Giorgia Sassi, Paola Masselli, Addolorata Esposito,
Maria Presciutti, Adriana Rotili, Francesca Vancheri.

Il link dell’incontro 

https://meet.google.com/wvu-uvrc-yzc

Per informazioni, richieste, suggerimenti, scrivete a:

gabriellagianfelici@gmail.com

golemf@virgilio.it
casepopolari@gmail.com

In rete ci troverete su Fb e Twitter.

Vi attendiamo.

Mutazioni- Poesie contro la violenza sulle donne.

Sono stanca del mio collega, che sparla di me, e della strada che mi molesta,
nego tutte le condizioni e sono stanca anche di negare
Wafaa Lamrani

A poche ore dalla data ufficiale della 18° Giornata internazionale contro la violenza di genere e di tutti i convegni e dibattiti intorno ad essa. A poche ore dalla presentazione dei dati dai centri antiviolenza e da altre istituzioni simili che conteranno le morte ammazzate e quelle che per fortuna l’hanno scampata, seppure peste e pestate; a poche ore dalla presentazione di una delle piattaforme femministe forse più attese, quella di Non una di meno, che nella sua ambizione dichiara di aver scritto “..un piano (che) domanda a ciascun@ di posizionarsi, ognun@ a partire da sé, di prendere parte a un processo di trasformazione radicale della società, della cultura, dell’economia, delle relazioni, dell’educazione, per costruire una società libera dalla violenza maschile e di genere”. Poche ore ancora e  la grammatica imperfetta della violenza verrà passata “ufficialmente” con il rosso del sangue e il blu della speranza, per lavorare a correggere la stortura. Per generare e rigenerare pensieri e azioni. “Per promuovere un mondo nuovo – scriveva dieci anni fa Luce Irigaray – c’è bisogno di pensiero. Non basta fermarsi a qualche slogan concernente il potere, la soggettività femminile, la politica del “fra donne” eccetera. Si tratta di riflettere su quale contenuto oggettivo si mette dietro gli slogan e di verificare se questo contenuto si possa condividere e come”. La condivisione del pensiero non dovrebbe essere omogenea ma eterogena , con tutta l’enorme difficoltà che questo spostamento epocale di necessità ed educazione al rispetto civile porta con se. Eppure le epoche sono convenzioni umane, e come tutte le umane cose, sono perfette e imperfette insieme, nella loro capacità di trasformazione e mutamento continuo. Si può lavorare sulla metamorfosi delle relazioni, e si deve lavorare tutti e tutte insieme, non arrendendosi, ognuno con i mezzi e gli strumenti culturali, lavorativi, empatici di cui dispone. Nessuno è un’isola, recitava Donne, ma sarebbe pericoloso credere di essere tutti e tutte unite in un unico continente indifferenziato. Ognuno è diverso, e la sua diversità è preziosa. E’ il rispetto di questa diversità come diritto, che bisogna interiorizzare e metabolizzare come pensiero di tempo nuovo. L’arte viene chiamata spesso in campo, come se non fosse essa stessa campo e tempo. Sorte comune con l’espressione “cultura” , che viene brandita ad arma di offesa o di auspicio. Ma l’arte produce cultura, e ha in se elementi salvifici nell’immisurabilità della sua ispirazione vitale. Ecco perché, ancora una volta, questo piccolo blog sceglie l’arte poetica per posizionarsi nel flusso del cambiamento che queste ore di vigilia si chiede a tutte e tutti, perché i versi sono i mezzi che esso può mettere a disposizione nell’affrontare la necessità di riscrivere il proprio tempo.

Nda. Ringrazio Nadia Chiaverini e Moussia Fantoli  per i loro testi. Ringrazio di cuore l’attenzione e la cura che Gabriella Gianfelici e Simonetta Filippi continuano a donare al blog.

No desire to open my mouth
(Nessuna voglia di parlare)
di Nadia Herawi Anjuman

No desire to open my mouth
What should I sing of…?

Me, who is hated by life,
No difference to sing or not to sing.

Why should I talk of sweetness?
When I feel bitterness.

Oh, the oppressors feast
Knocked my mouth.

I have no companion in life.
Who can I be sweet for?

No difference to say, to laugh,
To die, to be.

Me and my strained solitude.
With sorrow and sadness.

I was borne for nothingness.
My mouth should be sealed.

Oh my heart, you know it is spring.
And time to celebrate.

What should I do with a trapped wing?
Which does not let me fly.

I have been silent for too long,
But I never forget the melody,
Since every moment I whisper.

The songs from my heart,
Reminding myself of
A day I will break the cage.

Fly from This solitude
And sing like a melancholic.

I am not a weak poplar tree
To be shaken By any wind.

I am an Afghan woman,
Makes sense to moan always.

Nessuna voglia di parlare.
(traduzione di Cristina Contilli
dal libro Poesie e traduzioni
2002-2008)

Che cosa dovrei cantare?

Io, che sono odiata dalla vita.
Non c’è nessuna differenza tra cantare e non cantare.

Perché dovrei parlare di dolcezza?
Quando sento l’amarezza.

L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.

Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?

Non c’è nessuna differenza tra parlare, ridere,
Morire, esistere.

Soltanto io e la mia forzata solitudine
Insieme al dispiacere e alla tristezza.

Sono nata per il nulla.
La mia bocca dovrebbe essere sigillata.

Oh, il mio cuore, lo sapete, è la sorgente.
E il tempo per celebrare.

Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.

Sono stata silenziosa troppo a lungo.
Ma non ho dimenticato la melodia,
Perché ogni istante bisbiglio le canzoni del mio cuore

Ricordando a me stessa il giorno in cui romperò la gabbia
Per volare via da questa solitudine
E cantare come una persona malinconica.

Io non sono un debole pioppo
Scosso dal vento

Io sono una donna afgana
E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi.

Traduzione dal farsi in italiano di Amir e Sashinka Gorguinpour.
In memoria della poeta afgana, massacrata di botte a venticinque anni
dal marito, colpevole di aver osato acclamare i suoi versi in pubblico,
nel novembre del 2005)

***

Usa le mie ossa come speroni
da American Dreams
di Sapphire (Ramona Lofton)

usa le mie ossa come speroni,
intagliati, scolpiti, appuntiti.
lasciali essere coltelli nel cuore
o rasoi
che staccano testicoli.
lascia che impalino i nostri uccisori
e che cavino i loro occhi.
e quando la terra sanguinerà libera della loro presenza,
usa le mie ossa per costruire una casa
dove potremo guarire
e disimparare il patriarcato.
una casa dove mio padre
non potrà entrare, a meno che
non venga per il perdono.

***

alla signora CB

di Nadia Chiaverini

ho deciso /      oggi mi sfratto da sola

scarico la zavorra dalla mia mongolfiera

e prendo il volo                      indocile

lascio il branco                       m’inarco

la sento la brezza leggera del vento

taglio i fili del bucato

mi sporgo dal terrazzo            barcollo

la testa pesa più del corpo

mi capovolgo

e finalmente cado

senza più radici                  affondo

oggi non è giorno di lutto

nell’assenza del confine

divergenti sintonie

ossessione  d’ impotenza / è il paradosso

*

Limitarsi alle domande :

niente  risposte

neppure attenuate  o camuffate

E’ già troppo  / Tutto si stinge

come i lividi sulla pelle

color bluette, in grigioverde

poi trasmuta in giallo ocra

Distopia urbana

***

Bambina mia 

di Gabriella Gianfelici

Bambina mia
violentata:
ti sto cercando.

Bambina mia
non hai più le tue mutande
una mano l’ha strappate via
e tira adesso la tua gonna
e tu soffochi
di paura.
Sei gelida
sei sasso
sei vomito.

Il tuo sguardo fissa il pavimento
o il soffitto
non vuoi vedere
non vuoi sentire
non hai più voce
La lingua è bloccata.
anche la saliva non c’è più.

Sei un niente che vaga nel mondo
uno sgorbio con una tristezza infinita
una solitudine che mangia lacrime.

Vuoi morire
non puoi lottare
ma ti chiedi perché
non sei come le altre bambine
e allora non rinunci.

Sigilli la bocca
non puoi parlare
l’urlo l’ha mangiato già tua madre
sei in pieno deserto.
L’ombra che ti cammina accanto
era la bambina di prima
lei poteva giocare e parlare.
Come t’hanno ridotta
sei paralizzata
stare alla finestra e vedere la vita
solo questo ti è rimasto.

Hai asciugato tutto.
Hai chiuso tutto dentro di te.
Ancora questo fiato sulle spalle
il carnefice non è soddisfatto
è la tua condanna al mondo
gli altri ridono bevono passeggiano
tu rimani preda
e ti chiedi
perché non riesci a morire.

Denti gengive bocca
che continuate a sanguinare
a bagnare questa bambina
che volteggia come una meteora
nel buio del nulla.

Voi siete stati i miei amici notturni
insieme
al sudore dei miei capelli.
Mi domandavano sempre:
“Perché non parli?”
Non rispondevo: ero morta.
Ti rincorro grassa bambina
dal silenzio ingrassata
ma non rientro in te
ancora mi specchio in un’altra
e non posso urlare.
Vivo come se
non fossi stata bambina:
sono nata a dodici anni
oppure speravo di esserlo.

Le miserie le oscenità le bugie
il mio terrore
la vostra indifferenza
sola mi avete lasciata
in balia del mostro.
Sola
come in una pozzanghera nera
scendevo tutte le mattine a disperarmi
e col viso gonfio e fisso
andavo a scuola.

Gli occhi che mi guardavano
sembravano sapessero
ma nulla potevano fare.
Il mio corpo non c’era più
a farmi compagnia solo una bicicletta
con cui correvo correvo correvo
immaginando di poter fuggire.

Perché non sei fuggita prima
bambina mia
perché non hai urlato con quella bocca
non hai pianto da quegli occhi
non sei impazzita dallo schifo?
Peggio è stato macerare tutto dentro.
Peggio è stato non aiutarti.

Come posso volermi bene
come posso ritrovarti
accarezzarti
avvicinarmi a te.
T’ho gettata nello sfondo della mia vita
eppure sei qui
con la tua carne di marmo
i tuoi seni strusciati
le tue mani sporcate.

Difenditi
ti supplicavo dentro
ma l’orrore ti bloccava.
Cresciuta senza appoggi
le carezze di mia nonna
scendevano tenere
ma ancora
non sapevo parlare.

Aspettami bambina
sto cercando di darti la mano
per farti rientrare in me
e piangere insieme.

Piegata in un angolo senza forze
senza conoscenza del mondo
le tue vene scorrevano lacrime
le tue piaghe sempre più purulente.

Imploravi la vita e la morte insieme
soffocavi e risorgevi tutte le volte.
sempre il tuo corpo
era da un’altra parte.
Specchiarsi era impossibile
Il vestito nuovo una tortura
cosa sarebbe servito amarti di più?

Giaceva questa storia dentro di te
dolore silente che niente scopriva.
Piangiamo bambina mia
strozziamoci insieme nel ricordo di ieri
forse potremo ancora amarci
senza timore.

Ricucire gli strappi
unire i lembi del nostro passato
consolarci assieme
in questo dolore da consumare.

Ti cerco ancora
non ti trovo ancora
aspettami ancora.

***

Haiku
di Mussia Fantoli.     
 *
città di notte
il lupo esce a caccia
di cappuccetto
 *
sangue di donna
nascono rose rosse
dove fu sparso
 *
collo spezzato
sembrava addormentata
tra i ciclamini
 *
pianto di donna
contro il cuscino per non
destare i figli
 *
rose di Maggio
prostitute bambine
stessa durata
***

MUTAZIONE 1
di Armanda Guiducci

Com’eri trepido, chiaro, appassionato.
Di una tenerezza quasi
E senza riserve nella gioia
di quell’unica cosa che eravamo.

Lentamente, una forza
ha corrotto i tuoi tratti. Ha disegnato
un altro uomo in te: virile,
ma anche aspro, reticente, irato
verso il tuo cuore stesso e me – che ami
controvoglia, di nascosto, come un furto
o un caro errore, un lapsus reiterato.

Quotes e poesia. Un anno di copertine in versi de Le parole come libri

Navigare, anzi circumnavigare, intorno all’isola della parola.  Approdare in baie di libri, ebook, blog di cultura letteraria, è uno dei piaceri intellettuali che restano costanti fra “sogni” e “brividi” nel proprio quotidiano. E visto che  spesso è uso far dei bilanci di fine anno, nel computo di uno di questo lascio alcune quotes, le citazioni con immagini, create per la copertina della pagina Le parole come Libri. E’ una parte di eredità del 2016 che si trasferirà nel prossimo anno ormai alle porte. Tutta poesia. Non poteva essere diversa la scelta.

https://www.facebook.com/leparolecomelibri/

Marianne Moore14457423_1231503436921970_6680780050188363421_n

Ludovico Ariosto28899875440_567569edd9_k_1024x1024

Ashraf Fayadbcd3c67eb1131bb9a3071b83f6f6f608

Luciana Argentinobetween-the-cracks-cynthia-decker

Sibilla Aleramogarret-kane-14

Cristina Anninoprrint-floral-anatomy-1

Gérard Cartiersasaki-makoto_web6

Giovanna Sicari stephanie-pearl-4

Caleranno i vandali – Breve viaggio nel libro di Flavio Almerighi

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Con un esergo di Opis Mandel’štam si apre il corposo libro di Flavio Almerighi, Caleranno i Vandali, di Samuele Editore. Versi limpidi di scrittura e grigi di malinconia come possono essere stati i giorni della fine dell’impero dell’innocenza, quando sono calati i vandali a devastare le illusioni e le speranze. Il “giorno incinto che partorisce solitudini bastarde”, “il fruscio della solitudine”, l’Eredità di Caino portata via dal teatro per approdare sulle pagine di poesia del terzo Millennio, e le strade sono più vuote che piene, come i mesi, i luoghi, il lavoro. E’ questa l’eredità che bisogna cantare? In parte si. E’ la parte dove lo sguardo è anarchico e la scrittura lo segue, fra spazi stretti e strofe larghe e viceversa, escludendo rime e assonanze se non in rare comparse, perché la stesura del paesaggio umano non ritorna mai su se stesso con armonia. Questo specchio  è diurno e  compone “Storie per adulti”. E ogni poesia ha un titolo. Le parole pesano e la visone è laica, non c’è conversione all’indeterminato. Il poeta non permette la razzia della purezza, né della verità, né della storia. Non ci sono passaggi metaforici che confonderebbero la visione. “Dov’è il sogno americano?” “C’era più giustizia negli anni in cui Clint Estewood faceva Callaghan” “Le sette del mattino\il risveglio il gazzettino\il lavoro e beato chi ce l’ha” mentre “i morti sparano allarmati” perché da qualche parte si sta nascondendo l’ennesimo piccolo tiranno pronto a trasformare un fiume in una campagna napoleonica di morti ammazzati. (Note sui dieci per cento). Eppure esiste l’altra parte del fiume e si dovrebbe vivere tutti lì, dove il poeta approda continuamente, non cambiando il ritmo ma il suono. Ed eccolo l’altro sguardo.  Quello che i versi non riescono a nascondere a lungo, e che s’incaglia e si scioglie e scrive d’amore . Certo, gli amori e gli affetti, nei tempi in cui sono calati i barbari,  sono  “bracieri tranquilli”. Ma sono straordinari lo stesso e che straordinario ritrattista che diventa Almerighi quando la strofa vira al caldo e l’autore “da del tu a tutte quelle che ama”, le sue “Barbare” sulla strada di Brest, le sue ragazze d’acciaio dietro le finestre accese di Dozza, le sue donne sposate così a lungo da essersene dimenticate. I vandali stanno calando, stanno diminuendo e questa discesa riempie a tratti il  vuoto delle case o dei mesi. Arrivano donne con “il fuoco greco spiovuto\senza bisogno d’ombrello”, la cui “finestra è un inizio di bacio\di un cielo coperto\di una canzone dopo la musica” in cui perdersi e cercare “oltre lo smarrimento\e i cerchi nel bicchiere\qualcosa che dica di te”. Non c’è rovina nel ricordo di quegli affetti. La piena dei sentimenti è l’argine al fiume di guerra, in ogni suo dove ed è  costata tanto attraversarla. La calata che Almerighi restituisce senza iperbole è l’incredibilità della vita nel suo quotidiano fra straordinari affetti e fatica di restare zitti “durante un duello di spade

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cinque poesie tratte da
Caleranno i vandali
di Flavio Almerighi

(c) Samuele Editore

RITRATTO DI OLGA SEDUTA

Vivere è rimanere svegli
senza spostarsi, tempo
ti sto leggendo con la biro
e non capisco cosa vuoi dire
all’ammontare della mia vita,
discuterne a oltranza
è perdersi a Bologna.

Olga è cittadelle inespugnate
misteriosamente supine su tela,
di là non si muovono,
una vita intanto è caduta dall’albero
mettendo radici tra le sue morenti
senza la carezza
con cui andava a dormire.

E’ che a settembre
molte foglie arrossiscono
si portano dove vogliono,
timbrano e se ne vanno
ma non le vedi partire.

LE COSE FUNZIONANO

le trasmissioni proseguiranno
fino alle sei del mattino
con il Notturno dall’talia.
Il vento non si abbasserà,
stanotte foglioline appuntite
secche scavalcheranno i nidi,
le donne dormiranno nude
ma non troppo,
lasciate senza amore,
passere sui rami che non si sa
dove vadano a dormire
dopo l’arroganza del giorno.
Il buio profumerà di viola
galleggiando fino al soffitto
dove i sogni scoprono
la propria vertigine
nessuna protezione
ai monchi a mani giunte
ai ragazzi liberi di nessun futuro
agli inventori scarichi
del genio italico.
Qualche portiere di notte
forse, uscirà vivo
signore e signori
vi auguriamo una buona notte.

 

FAMMI UNA CENA AFFABILE

Ho messo la camicia
è melagrana per macchiarla
di un pasto estraneo.
Fammi una cena affabile
questa sera, ti prego.
Lasciami una rosa
tra tovaglia e bottiglia
magari non parlarne più,
falla tornare dal passato
avrò oltre lo smarrimento
e i cerchi del bicchiere
qualcosa che dica di te.
Lasciala in caldo
anche se rientro solo
e il gatto pretende il rancio
da me. E mi fa cenno
perché vuole attenzione,
perché tutto è venuto da sé
non ti ho tenuta stretta
e sei fuggita lontano,
la sedia è ancora calda.

RILETTURA MORBIDA

le parole cose che non siamo
poesia l’atto di fede senza dei,
quando piove e fa freddo
qualsiasi maternità anche adottiva
andrebbe bene pur di sentirsi
protetti e coraggiosi, bambini all’amo
durante pomeriggi provati e vissuti,
specie nei parchi o sui campi
dove il calpestio non alza più erba,
ma terreno e pane duro per le galline,
il coraggio della fame
spinge i piccioni fino ai nostri piedi,
c’è chi ancora vuole parlare
dice cose che non capisco oggi
come tanti anni fa

TRA DUE PARENTESI

a mia figlia

La vita non se ne accorge,
un giorno gioca in cortile
il giorno dopo
lo stesso cortile non c’è più.
Persa così, stesso strappo
da tempo di guerra
combattuta in nome di niente
Dentro un luna park
pieno di folla era primavera
non l’ho vista più,
le parentesi sciatte
serrate per sempre.