DONNE MIGRANTI E PRATICA DI SCRITTURA: NUOVO APPUNTAMENTO CON EXOSPERE ON LINE.

dalla prefazione di

Un posto nel mondo

Donne migranti e pratica di scrittura

… Ad accomunare le persone intervistate sono l’appartenenza di genere, l’esperienza migratoria e il fatto di avere pubblicato in italiano. Per il resto le differenze sono molte. Le scrittrici intervistate provengono da Somalia, Eritrea, Tunisia, Albania, ex Jugoslavia, Russia, Georgia, Romania, Mozambico, Egitto, India, Argentina e Brasile. E si sono spostate per motivi differenti: studio, lavoro, amori, fughe da situazioni collettive insostenibili, guerre. Le donne intervistate non sono un campione rappresentativo in termini numerici, ma in se stesso questo ventaglio di storie è molto istruttivo: la nostra immaginazione impigrita da stereotipi e discorsi riduttivi si confronta con l’enorme varietà e complessità di ciò che costituisce “migrazione”, ne mostra snodi imprevisti e a volte imprevedibili, la sua natura processuale, e la quantità di attori differenti che, a vario titolo, vi sono coinvolti.
In ogni caso, vi sono dimore abbandonate e altre trovate. A volte sembra che solo nello spazio in mezzo fra queste due dimore si possa essere in pace. Come dice la madre di una intervistata: “Guarda, c’è un unico posto dove non ti lamenti, qui sul traghetto, in mezzo!” (p. 145). Ma c’è un altro spazio che si forma, quello del racconto. A suo modo, il racconto è dimora. Specialmente se si racconta di sé, è un modo di ricomporre l’esperienza.
È una dimora scrivere innanzitutto. La creazione di uno spazio di raccoglimento, di elaborazione. Non sempre di pacificazione, ma di una certa conciliazione con la propria storia almeno. Anche pubblicare mette capo a un far dimora: si scrive nella lingua del paese ospite, ci si fa conoscere, ti invitano, costruisci relazioni. E fa dimora infine raccontarsi a voce, dialogare con la ricercatrice: che non si nasconde, mette in gioco le proprie domande e le proprie riflessioni, e con ciò offre uno spazio di ascolto, di elaborazione ulteriore condivisa.
L’ascolto conta. Queste donne hanno scritto in italiano perché italiane si sentono, del tutto o in parte. Come ci si può sentire italiani oggi. L’Italia fatica a riconoscere nel proprio discorso pubblico la presenza di persone come loro, per le quali “migrazione” non significa sbarchi, non ha niente neanche lontanamente a che fare con questioni di sicurezza (se non la loro), significa lacerazioni e speranze, memorie e aspirazioni, curiosità e sconcerto, situazioni obbligate e scelte, familiarità ed estraneità ad un tempo. L’Italia fatica a riconoscere un mondo sociale che è già, da tempo, abitato da persone come queste. E da noi con loro.
Colpisce nel leggere le storie che queste donne raccontano quanto siano colpite esse stesse. Da cosa? Dalla nostra ignoranza. Dei loro paesi d’origine innanzitutto. Anche di quelli europei. Come dice una di loro: “Quando sono arrivata qui mi sono resa conto che a quell’epoca gli italiani avevano perfino difficoltà a riconoscere come europei i paesi dell’est, cioè l’Europa era l’Europa occidentale! E tuttora non è molto cambiato” (p. 63).

unpostonelmondo

Il quarto appuntamento on line della rassegna “Non è solo il silenzio”, l’evento on line di Exosphere di Reggio Emilia, è dedicato alla saggistica con il libro di “Un posto nel mondo – Donne migranti e pratica di scrittura” di Simona Miceli  che dialogherà con Gabriella Gianfelici

L’appuntamento è per sabato 22 maggio, dalle ore 17.30 alle ore18.30 sulla piattaforma Meet di Google.

Accanto all’ospite d’onore, ci saranno Christiana de Caldas Brito, Pina Piccolo, Rahma Nur. Aprirà l’incontro Simonetta Sambiase di Exosphere e saluterà i partecipanti Roberta Pavarini.

Il link dell’incontro:

https://meet.google.com/vsm-zwoj-uci

Per informazioni, richieste, suggerimenti, scrivete a:

gabriellagianfelici@gmail.com

golemf@virgilio.it
casepopolari@gmail.com

In rete ci troverete su Fb e Twitter.

Vi attendiamo.

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Un racconto di Natale come dono da Exosphere e dal Golem Femmina.

L’anno 2020 si sta chiudendo. E’ stato dominato da paure nuove e universali. Il nuovo anno 2021 è alle porte e tutti e tutte si augurano sia diverso e sereno. In questi giorni di festa, cercheremo tutti di attendere con pazienza i giorni migliori che dovranno arrivare. E se ci sarà un po’ di tempo sereno per leggere, aggiungete anche “La gioia della neve” che vi regaliamo, insieme con l’associazione Exosphere. E’ un breve racconto d’inverno, scritto da Federica Galetto, una delle fondatrici dell’associazione e pubblicato in ebook diversi anni fa.

Buona lettura, buone feste, buon riposo.

 

https://exosphereplaquette.wordpress.com/2020/12/24/il-dono-di-natale-di-exosphere-un-racconto-dinverno-di-federica-galetto/


ODE FROM A NIGHTINGALE – Cinque poesie dal nuovo libro di Federica Galetto tradotto da Chiara De Luca.

Questo libro è un dono che la Natura, il Silenzio e la Preghiera mi hanno fatto, è un omaggio alla mia lingua elettiva: l’inglese, lingua in cui nasce la silloge; i testi sono infatti bilingue, tradotti dall’inglese dalla bravissima Chiara De Luca che ha saputo con competenza e sensibilità traghettarli in Italiano. È una ricerca della parola nel vuoto del silenzio, nell’animo umano come specchio riflettente della natura che ci ospita. È un viaggio nel magma umano e nelle sue fragilità, ma anche un gioioso inno alla vita.
Federica Galetto.

***

WHAT I WANT

What I want is your presence
and your glance when I wake up
What I want is a calm breeze
in this hectic life,
a quiet beat of the earth
under my feet
No enemies knocking on my door
No solitude inside of my soul
Just a smile when it comes dark,
a melody of singing birds on my windowsill
What I want is finding a way
to create beauty every day,
a big tree planted out there
so that I can count every leaf from my nest
I don’t want anything else if you sit
downstairs looking after our love,
thinking about our next day to live,
thinking about we are tree and leaf,
now and forever.

QUELLO CHE VOGLIO
Quello che voglio è la tua presenza
e il tuo sguardo quando mi sveglio
Quello che voglio è un vento calmo
in questa vita febbrile,
un battito quieto della terra
sotto i miei piedi
Senza nemici che mi bussano alla porta
Né solitudine nella mia anima
Solo un sorriso quando fa buio,
una melodia di uccelli che cantano sul davanzale
Quello che voglio è trovare un modo
per creare bellezza ogni giorno,
un grande albero piantato là fuori
per poterne contare ogni foglia dal mio nido
Non voglio nient’altro se ti siedi
al piano terra a occuparti del tuo amore,
pensando al nostro prossimo giorno da vivere,
pensando al fatto che siamo albero e foglia,
ora e per sempre.

***

SOMETIMES
Sometimes
the eyes remain silently full Into the deep orbit

of an image they ditch desires
Hollow is the mouth
down on a tempting heat


And still a vein throbs snuggling its violet nuance

There are cloudy mornings
out there
and a round sunny hour
which sounds
and corn flowers tickling
my nose
where Gods play and laugh

That fringe on a superb lip
falls for me
Dancing slowly on a lone body I water
where no lies grow
and life comes to a rebirth Wild is a breath
A bunch of ecstatic fire

 

TALVOLTA

Talvolta
gli occhi restano in silenzio pieni
Dentro l’orbita profonda di un’immagine gettano desideri
Cava è la bocca
in fondo su un calore allettante
E ancora una vena pulsa
stringendo la sfumatura violetta
Ci sono mattine nuvolose
là fuori
e una circolare ora di sole
che suona
e fiordalisi a solleticarmi
il naso
dove gli Dèi giocano e ridono
Quell’orlo su un labbro superbo
cade per me
Danzando lentamente su un corpo solitario innaffio
dove non crescono bugie
e la vita giunge alla rinascita
Selvatico è un respiro
Un mazzo di fuoco estatico

***

THE EMPTY SPACE I HAVE BUILT

The empty space I have built
in the colours of sour breaths
Overflowing submersed creatures
independent
And they stop
at the only unusual motion that
incises the air
Among the thousands of inclinations
you reach the tones
Exasperated lights with no outline
urge
And the streets don’t believe
the overwhelming weight
They don’t help the left tracks
It would soothe a tremble to me
if only I could rule my breast’s incipient edema
and the still one of my legs breaking my run
I unglue a remote ray in my living
I break it down in the sun I know
For I never get lost

LO SPAZIO VUOTO CHE HO EDIFICATO

Lo spazio vuoto che ho edificato
nei colori di aspri respiri
Traboccanti creature sommerse indipendenti
E si fermano
all’unico moto insolito che
incide l’aria
Tra le migliaia d’inclinazioni
raggiungi i toni
Luci esasperate senza contorno
spingono
E le strade non credono
al peso soverchiante
Non giovano le tracce lasciate
Mi calmerebbe un tremore se solo
potessi dominare l’edema nascente nel petto
e la gamba immobile che mi spezza la corsa
scollo un raggio remoto nel mio vivere
lo getto nel sole che conosco
Perché mai mi perdo

***

IT IS SNOWING A LIGHT FROM ABOVE

It is snowing a light from above
No sounds in the grass
There’s a little prayer hidden in a
curly bush at the bottom of the road
and silence that runs like a distilled voice
in the air
Specular dreams outside my window
go ahead on their own
sparkling in a bubble
I never meant to say I’m ready
I never meant to say I’m safe
But this calm keep me tight and
your arms seem to be closer
For a while I stand on the doorway checking out my breath
A cracking noise flies and stumbles
A sparrow on the window-sill explores my life from the outside

(I see millions of wings wiping my soul)

STA NEVICANDO UNA LUCE DALL’ALTO

Sta nevicando una luce dall’alto
Nessun suono nell’erba
C’è una piccola preghiera nascosta
in un cespuglio ricciuto in fondo alla strada
e silenzio che corre come una voce distillata
nell’aria
Sogni speculari fuori dalla finestra
proseguono da soli
scintillando in una bolla
Non ho mai inteso dire Sono pronta
Non ho mai inteso dire Sono in salvo
Ma questa calma mi stringe e
le tue braccia sembrano qui accanto
Per un po’ resto sulla soglia
a controllarmi il respiro
Un rumore schioccante vola e cade
Un passero sul davanzale esplora
la mia vita dall’esterno

(Vedo milioni di ali che mi puliscono l’anima)

***

I LEFT YOU
I left you in a shade of red
down there in the past

A second into a life became my rush
and my sound,
a visit of a woman carrying her luggage
out of a storm
And then, in a reason without its neck
all the thoughts kept their names
in the lazy rock I have inside my chest

A second into a life became my rush
Let me start again to seed
I’m so tired to be a blade of grass

TI HO LASCIATO

Ti ho lasciato in un’ombra di rosso
laggiù nel passato

Un secondo in una vita divenne la mia corsa
e il mio suono,
la visita di una donna che trasportava i suoi bagagli
fuori da una tempesta

E poi, una ragione senza collo
tutti i pensieri tennero i propri nomi
nella pietra pigra che ho dentro il petto

Un secondo in una vita divenne la mia corsa
Lascia che ricominci a seminare
Sono così stanca di essere un filo d’erba

***

Il libro è stato creato in inglese e tradotto in italiano, non il contrario. Non è un mistero per chi conosce Federica Galetto e la sua passione per tutto quello che viene al di là della Manica. L’autrice ama anche la lingua tedesca ma non tanto come quella inglese. Aggiungo  poi che Chiara De Luca è sempre stata una delle sue traduttrici di poesia preferite. Non mi ha stupita così  la scelta di affidare a lei la traduzione del corpo poetico di Ode from a Nightingale. Nightingale è un totem di Federica Galetto.  La stanza di Nightingale è stata per decenni la stanza della poesia di un blog importante, che ha ospitato molte liriche di autori diversissimi. Nightingale era anche il nom de plume dell’autrice,  una delle sue identità poetiche che aveva bisogno di essere portata fuori, alla luce della scrittura. Ora è arrivato il testo Nightngale,  un libro formato da quattro parti, da quattro tempi. Leggo le poesie con la voce di Federica in testa. La conosco da tanto di quel tempo, che la memoria non mi permette di leggere senza sentire il suono della sua voce. Ogni verso, ogni strofa. La cadenza precisa ed aristocratica, la malinconia e il suo legame sotterraneo e profondo con il passato e l’ombra del futuro, le stagioni dei ricordi, il fluire della bellezza negli sguardi dal proprio mondo interiore alla natura che “bussa alla porta” o, ancor meglio, alla finestra della “stanza tutta per sé” dove rivendicare il proprio tempo. Il respiro del mondo intimo, del quotidiano vivere seguendo la commozione del “sentire”, del raccogliere gli ultrasuoni nel sentire dei piccoli spazi, a piedi nudi nella terra,  nei piccoli luoghi dove ritrovarsi, dove abbassare la luce e la voce; dove l’immensità è il sentimento, null’altro che il cuore oltre ogni ragione.
Questo è il link della traduttrice che legge dei brani dal libro.Vi invito all’ascolto.
https://youtu.be/H9pWl-XXh-4

 

La nostra classe sepolta. Poesia e lavoro riaprono il fondo Exosphere.

Esiste una vivace discussione su come si debbano collocare i contenuti civili o sociali dentro l’ispirazione poetica. Può e deve il prodotto lirico esprimere un nuovo antagonismo sociale e lanciare un grido di allarme convincente all’umanità sfruttata? E’ in grado di cogliere la mutazione radicale del panorama sociale e del mondo del lavoro?

dalla prefazione di La nostra classe sepolta, antologia dedicata ai mondi del lavoro, curata da Valeria Raimondi

 

 

 

Domenica 17 novembre, alle ore 10.30,
la curatrice della raccolta “La nostra classe sepolta”, Valeria Raimondi, insieme alla prefatrice Eliana Como, dialogherà insieme al pubblico di Reggio Emilia, durante l’evento di ” Le lamiere del capannone dipinte di blu”, presso la sala civica della Cooperativa case popolari di Coviolo e Mancasale di via Selo; l’evento è organizzato dall’associazione Exosphere.

 

Riapre l’associazione Exosphere. Primi appuntamenti.

Con il primo acquazzone d’autunno, l’estate si mette a riposo: è ora di tornare a casa. La casa di Exosphere vi attende, allora. Ogni martedì pomeriggio, nella saletta civica di via Selo a Reggio Emilia, il fondo poetico è aperto dalle ore 16.30 in poi.
Ed è solo l’inizio! Aprite le agende e marcate in rosso il 17 novembre. Ce lo confidano in anteprima.

E mentre si attende novembre, la dimora accogliente di via Selo sarà partecipe di una tappa di IT.A.CA’. Festival del turismo responsabile, giunto all’undicesima edizione. Domenica 29 ottobre, alle ore 17.30, nell’ambito di IT.A.CA’, un “viaggio di prossimità” nella cooperativa di abitanti più longeva che c’è! 111 anni di storia dell’abitare popolare a Reggio Emilia tra Santa Croce e Coviolo.

Buona cultura a tutt*.

Libri d’artista al fondo. Il dono di Beatrice Palazzetti.

I cataloghi dell’arte. Un dono di Beatrice Palazzetti al fondo di Exosphere.

Exosphere PoesiArtEventi

beatrice

Nuovi arrivi al fondo librario di Exosphere. Grazie alla gentilezza dell’artista romana Beatrice Palazzetti che ha regalato tre meravigliosi cataloghi di libri d’arte al fondo di via Selo, si apre un nuovo capitolo di ricerca e conservazione dell’esperienza poetica nella sala che ospita il nostro fondo.

Nelle prossime settimane, i tre libri saranno catalogati e pronti per la visione nei mercoledì pomeriggio in cui la collezione è aperta e disponibile per gli amanti della lettura.

Mettiamo in essere una breve storia del Libro d’Artista, tratta dal sito ufficiale dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, per iniziare la conoscenza di quest’arte. Si legge che: “Iniziarono artisti come William Morris, con la fondazione della Kelmscott Press, una delle stamperie che già a fine ‘800 in Inghilterra perseguivano l’intento di andare oltre alla produzione industriale, campo del convenzionale che predilige quantità seriale sulla qualità del diverso, del libro. Più di un secolo fa…

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Al di là dell’8 marzo – Adele Cambria

Ricordi Adele la sera del tuo compleanno com’eri bella ed elegante? Proprio come piaceva a te: curata, vestita di un abitino giapponese verde smeraldo con fiori arancioni, le scarpe nere col solito tacco….vanitosa, “sciantosa”, frizzante.
I tuoi occhi verdi brillavano.
Sul tuo terrazzo la vista era meravigliosa: il Gianicolo, Trastevere in lontananza, il Tevere, i ponti e il tuo discorrere fluido, colto e sempre ironico.
Ottant’anni compivi piccola fata, e ridevi a rammentare quando a Roma negli anni ’50 per strada ti sussurravano: “a fata, piccola fata!”.

E non capivi ma presto hai compreso: bella ragazza, piccola ma bella!Andavano di pari passo i tuoi interessi, la tua professione e la tua vanità.
A volte non veniva compresa, a volte sembrava troppo. Invece era un tuo modo, un tuo essere piena di colori, di sciarpe, di orecchini vistosi, di enormi collane e deliziosi cappellini.

Hai insegnato che conta ben altro: il tuo passo svelto quando inseguivi operai in sciopero, il tuo andare a Reggio Calabria durante la rivolta, prendere l’aereo per assistere al matrimonio di Grace Kelly e il Principe Ranieri.

Sei stata tutto questo e per tutte noi ha tenuto coraggio, tenacia e grandezza. E mentre ti penso e scrivo, sto qui a vederti con gli occhi e sentire la tua voce che mi racconta ancora di questa o quella storia mentre metto ordine fra i tuoi libri e i tuoi appunti e mi perdo nei tuoi ricordi. Come allora oggi, grazie.

Gabriella Gianfelici 

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Domenica 5 marzo, a Reggio Emilia, nell’ambito della rassegna Trecentosessantacinque giorni donna del Comune di Reggio Emilia, le associazioni Exosphere e Eutopia-Rigenerazioni Territoriali ricordano Adele Cambria, una delle grandi madri del giornalismo e della testimonianza femminista del nostro Paese, insieme a Oriana Fallaci e Camilla Cederna.

Nata a Reggio Calabria , classe 1931, voce ribelle, giornalista, scrittrice, autrice di teatro ed anche di televisione, perfino attrice in alcuni film di Pier Paolo Pasolini, è stata anche  cofondatrice di  Rivolta Femminile e la piccola casa editrice ad esso collegata e di Noi Donne. Nel 1972, presta la sua firma  al giornale di Lotta Continua, diretto da Adriano Sofri, che doveva però avvalersi di direttori responsabili iscritti all’Albo professionale, dimettendosi all’indomani dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi,  per forte dissenso dell’editoriale comparso in prima pagina. Uno dei suoi ultimi libri è l’autobiografia  “Nove dimissioni e mezzo – l’Italia vista da una cronista ribelle” in cui scorrono “mezzo secolo di cronaca, di personaggi, di processi e di spettacolo, e d’impegno quotidiano. (S. Mazzocchi). Adele Cambria è scomparsa a Roma, la città dove viveva dal 1956 il 5 novembre dello scorso anno.

I suoi libri saranno custoditi da Archivia, la biblioteca centro di documentazione della Casa delle Donne di Roma, per volontà della scrittrice. Una piccola parte dei suoi libri di poesia, donati a Gabriella Gianfelici, la curatrice del suo archivio personale, sono stati portati al fondo di poesia Exosphere di via Selo a Reggio Emilia.

 

 

 

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Epifania d’autore. Il cavallino di fuoco di Majakovskij

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Mentre aspettiamo la Befana 2017, una poesia di Vladimir Majakovskij dedicato alla gran cura del giocare.

http://www.cinquecolonne.it/la-befana-delle-rime-rotte.html

 

IL CAVALLINO DI FUOCO
Il bambino chiede al padre:
“Vorrei tanto un bel cavallo,
ho deciso che da grande
vorrò essere cavaliere.
E per questo a cavalcare
voglio adesso incominciare”.
Anche il babbo si è convito
e decidono di andare
un cavallo a comperare.
Colmi sono gli scaffali
d’ogni sorta di balocchi;
nel negozio invece ahimé
di cavalli non ce n’è!
Cosa dire? Cosa fare?
Sì… dal mastro si può andare
che i cavalli sa approntare.
Questo mastro pensa e dice:
“Qui ci vuole un buon cartone
per piantare l’ossatura
che va fatta con gran cura!”
Tutti e tre in fila indiana
vanno dritti alla cartiera.
“Carton fino o carton grosso?”
chiede ai tre un omaccione.
E da loro tre bei fogli
del migliore cartoncino
e la colla da spalmare
perché possa ben saldare.
Cavalcare: una parola!
Non si corre senza ruote.
Vi provvede il falegname
con prontezza e precisione.
Svelto e alacre in un minuto,
taglia, pialla, sega, lima…
e le ruote eccole qua.
Ora manca la criniera!
Via di corsa per cercare
fra le setole e le spazzole,
chi dia loro la maniera
di crear coda e criniera.
Ben gentile è l’artigiano
che è contento di donare
peli e ciuffi in quantità.
Che distratti! Che sbadati!
Chi ha pensato per i chiodi?
“Ecco a te quel che ti serve”
dice il fabbro compiacente.
Con i chiodi e il cartoncino,
con le setole e la colla
ben sbiadito è il cavallino.
Un pittor dobbiam trovare!
Un pittore ecco è già pronto
ben felice di aiutare
il cavallo a colorare.
Per nessuno c’è più tregua,
la giornata è laboriosa
col migliore materiale
costruito è l’animale.
Tutti insieme in gran daffare
incollando e ritagliando
or preparano zampe e dorso
or gli mettono un gran morso.
Batti e batti sopra il chiodo,
lima e pialla quelle ruote,
rosso e giallo usa il pittore
e il cavallo è uno splendore.
Trotta innanzi, trotta indietro:
come è ardente il suo galoppo!
Son turchini i grandi occhi,
macchie gialle ha sui ginocchi.
Con l’incedere marziale,
con la sella di gran pregio,
con la ricca bardatura,
va col bimbo alla ventura.

Vladimir Majakovskij, il cavallino di fuoco.

 

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