Appello per la pace/call for peace – Palabra en el mundo.

@Theguardian.com

APPELLO PER LA PACE

Palabra en el Mundo di Venezia da anni ospita poeti e poetesse da tutto il mondo per unirsi intorno alla parola poetica e rendere costruttivi e tangibili i principi di solidarietà e pace.

La Pace è parola-azione da scambiare come segno reale di pace e non con missili e bombe, disoccupazione e disuguaglianze civili e sociali; è assenza di violenze su corpi e territori, eguaglianza reale delle persone tutte e in tutti gli angoli del pianeta e non vuote retoriche parole o leggi e cavilli burocratici.Non siamo da soli a camminare su questa terra che ci ospita e non siamo da soli a dire di No alla mania guerrafondaia che gli uomini hanno da illo tempore continuato a costruire.

Mantenere viva la Solidarietà, l’Accoglienza e i Rapporti di Amicizia è essenziale e non rinunciabile in questo oscuro momento storico. Così come non parlare di odio ma di sorellanza, di fratellanza e di rifiuto netto delle armi per risolvere i conflitti.

Noi costruiamo e portiamo avanti invece le armi della ragione, della critica e della nostra umanità anche attraverso la parola poetica.

Quest’appello si rivolge a tutte le persone che non accettano di subire passivamente la logica di guerra che nella nostra storia ha come un movimento carsico: appare e scompare in ogni angolo della terra sotto diverse forme. 

Una cosa è sempre stata chiara però alla fine di ogni conflitto: coloro che sempre hanno subito i torti di guerre giuste o sbagliate, come le si vogliono definire nei libri di storia e nelle narrazioni, sono in maggioranza le donne e i loro figli e figlie in primis; poi c’è anche la terra che subisce fino alla nausea impoverimenti e distruzioni del suolo, dei suoi abitanti animali e vegetali. 

Durante la pandemia, avevamo pensato, sperato, creduto che ci saremmo finalmente fermati, seduti ad un tavolo a ragionare su come tornare ad usare buone pratiche di convivenza. 

Ora vediamo che così non è stato.

I governanti hanno invece continuato a mappare, confinare, scacciare, reprimere, costruire e smerciare armi, martoriare corpi e menti, limitare la libera circolazione delle persone. Il tutto in nome di un profitto che non ci appartiene. Il Che fare? ora che siamo vicinissimi alla follia generale, non è facile e richiede ad ognuno e ognuna di noi un atto di coraggio e di fermezza: 

bandire le armi 

dalle nostre produzioni a supporto della nostra economia, bandire la guerra dalla nostra storia, che essa diventi veramente un tabù, mi sembrano le due immediate condizioni se veramente vogliamo dare un futuro il più armonioso possibile a questa terra, Perché anche le nostre resteranno solo parole, se ad esse non si accompagna un gesto di pace, un’azione di costruzione della Pace. Che le armi tacciano e si cominci a parlare vuol dire quindi che le armi non devono circolare. I nostri governanti devono ascoltare la voce dei cittadini e delle cittadine. 

Che i figli chiamino i padri, le madri i loro figli a posare le armi.

Il poeta albanese Ismail Kadare chiudeva, già negli anni ’60, così un suo poema: “Venite e appendete le armi ai chiodi delle rime”.

Proviamo ad ascoltarlo davvero adesso?

Questo è l’appello che noi della Palabra en el Mundo di Venezia rivolgiamo a tutte e tutti i costruttori di Pace. Accogliamo i testi dei poeti e delle poetesse che a noi si vorranno unire per organizzare anche una lunga carovana non di bombe ma di parole poetiche che superino il rumore funesto della guerra e la faccia tacere per sempre. 

Aderiscono artiste/i e associazioni:

Anna Lombardo, Fabia Ghenzovich, Giovanni Asmundo, Zingonia Zingone, Alessandro Cabianca, Valeria Raimondi, Fernanda Ferraresso, Letizia Lanza, Lorenzo Fort, Simonetta Sembiase, Paolo Polvani, Adriana Hoyos, Armando Pajalich, Anna Chahoud, Anna Maria Ferramosca, Mariella De Santis, Rita degli Esposti, Marta Petru, Francis Combes, Pierfranco Uliana, Isabella Albano, Ivana Marksic, Louis Felipe Sarmento, Marco Cinque,
Pronto Intervento Poetico (PIP), Gruppo90-ArtePoesia

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Palabra en el Mundo in Venice has hosted poets worldwide to unite around the poetic word and make the principles of solidarity and Peace constructive and tangible.

Peace is a word-action to be exchanged as a tangible sign of Peace: not with missiles and bombs, unemployment and civil and social inequalities. It is the absence of violence against bodies and territories, the fundamental equality of people in all corners of the planet and not empty rhetorical words or laws and bureaucratic quibbles. We are not alone in walking on this land that hosts us, and we are not alone in saying No to the warmongering mania that men have continued to build since then.

Keeping solidarity, hospitality and friendships alive is essential and cannot be renounced in this dark historical moment. So, it is crucial not talking about hatred but about sisterhood, brotherhood, and the net refusal of weapons to resolve conflicts.

As poets, we build and carry on the weapons of reason, criticism and our humanity through the poetic word.

This call aims at all people who do not accept passively the logic of war that in our history has a karst movement: it appears and disappears in every corner of the earth in different forms.

One thing has always been clear, however, at the end of every conflict: those who have always suffered the wrongs of right or wrong wars, as they are defined in the history books and the narratives, are primarily women and their sons and daughters in primis; then there is also the earth that undergoes up to the point of nausea impoverishment and destruction of the soil, of its animal and plant inhabitants.

During the pandemic, we had thought, hoped, believed that we would finally stop, sit at a table and think about how to go back to using good coexistence practices. 

But, unfortunately, now we see that this was not the case. Instead, the rulers continued to map, confine, drive out, repress, build and sell weapons, torture bodies and minds, and limit people’s free movement. All in the name of a profit that does not belong to us. What to do? now that we are very close to general madness, it is not easy and requires from each one of us an act of courage and firmness: ban weapons from our productions in support of our economy, ban the war from our history, that it genuinely becomes a taboo, seem to me the two immediate conditions if we want to give a future as harmonious as possible to this land. Because even ours will remain only words if they are not accompanied by a gesture of Peace, an action of building Peace. Therefore, that the weapons are silent and we begin to talk means that the weapons must not circulate. Our rulers must listen to the voice of their citizens.

Let the children call their fathers and mothers their children to lay down their weapons.

The Albanian poet Ismail Kadare closed one of his poems as early as the 1960s:        

                  «Come and hang your weapons on the nails of the rhymes».

Let’s try to listen to it now!

It is the call that we at Palabra en el Mundo in Venice address to all builders of Peace. We welcome the poets’ texts who will want to join us to organize a long caravan not of bombs but of poetic words that overcome the fatal noise of war and silence it forever.

The following artists and associations have signed:

Anna Lombardo, Fabia Ghenzovich, Giovanni Asmundo, Zingonia Zingone, Alessandro Cabianca, Valeria Raimondi, Fernanda Ferraresso, Letizia Lanza, Lorenzo Fort, Simonetta Sembiase, Paolo Polvani, Adriana Hoyos, Armando Pajalich, Anna Chahoud, Anna Maria Ferramosca, Mariella De Santis, Rita degli Esposti, Marta Petru, Francis Combes, Pierfranco Uliana, Isabella Albano, Ivana Marksic, Louis Felipe Sarmento, Marco Cinque,
Pronto Intervento Poetico (PIP), Gruppo90-ArtePoesia.

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per l’otto marzo e per tutte le guerre: “Disertate donnE, disertate”. Con Sei poesie dall’ucraina per gentile concessione de la macchina sognante. associazione Exosphere.

Ernst Ludwig Kirchner

Per noi di Exosphere l’Otto marzo sarà una giornata diversa quest’anno. La dedichiamo alle donne che stanno soffrendo guerra, paura e dolore. Non solo in Ucraina. Ringraziamo Pina Piccolo e la Macchina sognante per averci permesso di pubblicare la loro selezione di poesie di autori e autori ucraini da loro tradotte in italiano. Qui sotto il link di riferimento.

http://www.lamacchinasognante.com/sei-poesie-dallucraina-selezionate-da-calvert-journal-in-traduzione-italiana/?fbclid=IwAR18siheShjwXGjrGOzQcIPumJCW2bAR7CrzrZpMoKiRPpa56vGRJPjBTbI

Oskar Kokoscka

Noi di Exosphere non avalliamo né concediamo spazio a nessun linguaggio di guerra.

Già arrivano le notizie degli stupri dei soldati alle donne ucraine. Le bombe lanciate sulle scuole le abbiamo viste fin dai primi giorni di guerra. Mani e anime sporche di sangue continuano a fare la guerra. In tempi di pace li chiamano assassini, in tempo di guerra li chiamano bravi soldati obbedienti. Fotografie mostrano carri armati guidati da donne soldato. Donne che non stanno difendendo null’altro che il loro lavoro di guerra, che però non è un lavoro qualsiasi, è un lavoro criminale . Che uccide, stupra, ruba la vita e la terra altrui. Non è questo il soffitto di cristallo da cui ci si voleva liberare. Almeno voi, donne, ribellatevi e disertate. Non uccidete. Disertate. Se nessuno entra nei carri armati, se nessuno produce i carri armati, se nessuno li rifornisce di benzina (o di qualsiasi altro carburante consumino, chi se ne frega di saperlo!) le guerre non comincerebbero neanche. Disertate e vivete in pace. E fateci vivere in pace.

Sotto qualsiasi bandiera, c’è sempre la possibilità di dire “basta” se ancora rimane un pezzo di anima nel corpo. Sotto qualsiasi bandiera c’è sempre la possibilità di disertare, di scendere dai carri armati, di non far volare gli aerei e le bombe, di andarsene via quando vi toccano le spalle e vi dicono che tocca a voi andare. Fate andare via loro.

Antigone fai il tuo dovere: disobbedisci al potere. Il proprio dovere è la vita. Non la morte di qualcun altro.

da La Macchina Sognante

SEI POESIE DALL’UCRAINA SELEZIONATE DA CALVERT JOURNAL

La letteratura ucraina ha una lunga tradizione che risale all’XI secolo. Uno dei suoi poeti più noti è Taras Shevchenko del XIX secolo, che iniziò scrivendo versi romantici per poi passare a versi più cupi sulla storia ucraina. Poesia e storia sono ancora intrecciate nell’Ucraina di oggi. Una diversità di stili definisce la poesia ucraina contemporanea, che va dallo schema metrico in rima al verso libero e da raccolte cartacee allo slam e alla poesia performata. Ma i recenti sconvolgimenti politici del paese, dalla rivoluzione di Maidan all’annessione della Crimea alla Russia e alla guerra nel Donbass, hanno contribuito a rendere particolarmente importante in Ucraina oggi la poesia  che si esprime in stili audaci e diretti, con grande partecipazione di pubblico alle letture e performance La selezione di seguito trasporta chi legge in un tour dal personale al politico, e dalle superstar della letteratura come Serhiy Zhadan a debuttanti forti e promettenti come Ella Yevtushenko.

Allora ne parlo

di Serhiy Zhadan, traduzione inglese di John Hennessy e Ostap Kin

Allora ne parlo:

dell’occhio verde di un demone in un cielo dai colori vivaci.

Un occhio che sbircia dal sonno di un bimbo.

L’occhio di un emarginato che la paura con l’entusiasmo rimpiazza.

Tutto è iniziato con la musica,

con le cicatrici lasciate dalle canzoni

sentite con gli altri bambini nei matrimoni d’autunno

Gli adulti che facevano musica.

Definizione dell’età adulta: la capacità di suonare

Come se apparisse nella voce una qualche nota nuova,

responsabile della felicità,

come fosse innato questo talento negli uomini:

poter essere sia cacciatore che cantante.

La musica è il respiro caramellato delle donne,

l’odore di tabacco sui capelli di uomini cupi

che tirano fuori il coltello per combattere il demone

che ha appena rovinato il matrimonio.

Musica che oltrepassa il muro del cimitero.

Fiori che crescono dalle tasche delle donne,

scolaretti che sbirciano nelle camere mortuarie.

I sentieri più battuti conducono al cimitero e all’acqua.

Nella terra ci nascondi solo le cose più preziose –

l’arma che matura con l’ira,

i cuori di porcellana dei genitori con il loro scampanellio

da coro scolastico.

Certo che ne parlo

degli strumenti a fiato dell’ansia,

della cerimonia di nozze, memorabile

quanto l’entrata a Gerusalemme.

Riponi sotto il tuo cuore

il ritmo da salmo spezzato dalla pioggia

.

Uomini che ballano così come spengono

gli incendi delle steppe con gli stivali.

Donne che si aggrappano ai loro uomini mentre danzano

come se non volessero lasciarli andare in guerra.

Ucraina orientale, fine del secondo millennio.

Il mondo è pieno di musica e di fuoco.

Nell’oscurità pesci volanti e animali cantanti danno voce.

Nel frattempo, quasi tutti quelli che si sono sposati allora sono morti.

Nel frattempo sono morti i genitori di persone della mia età.

Nel frattempo, la maggior parte degli eroi è morta.

Il cielo si apre, amaro come nelle novelle di Gogol.

Echeggiando, il canto di chi miete.

Echeggiando, la musica di chi porta via i sassi dal campo.

Echeggiando, non si ferma.

Serhyi Zhadan è uno dei poeti e romanzieri più famosi dell’Ucraina, attira un pubblico di migliaia di persone in occasione del lancio dei suoi libri e negli eventi a cui partecipa.

l’autunno inizia con qualcosa di banale

di Ella Yevtushenko, traduzione inglese di Yury Zavadsky

l’autunno inizia con qualcosa di banale: chiavi dimenticate in un’altra città, tosse come monete d’argento in gola, una tazza da tè turca,

monete di rame, acqua nella batteria,

grandine,

Non l’ho sentita, ed è già qui, che fa rannicchiare un gatto randagio, strofinandogli le zampe

lasciando foglie sbiadite sui jeans

solo in una notte così piovosa si può sentire bussare alla porta del balcone, solo in una notte così piovosa la si può aprire

ma chi ci starà dietro dipende se la noce si è addormentata di guardia sotto la finestra, se i pini raggiungeranno l’orlo strappato delle nuvole.

e se il lampo ripete il disegno delle vene sulle tue tempie.

l’autunno inizia con qualcosa di infantile: bussa alla porta e scappa; voglio leggere tutto il giorno a letto; sei avvolto come una mummia, garza umida di nebbia –

e continua con qualcosa di vecchio: non beve alcol, un diamante di freddo pulsa nelle sue ginocchia

e così ancora – ogni volta – e ogni volta questo è il primo argomento di conversazione

come se non ci fosse niente di più importante di questo autunno, bagnato come un mattino sotto una crosta prematuramente sbucciata

ruba tempo alle conversazioni di lavoro, intercetta un’ondata di pettegolezzi, si sdraia con un gatto randagio sul balcone, dove dovrebbero raccogliersi mucchi di segreti.

l’autunno ci spinge verso la cucina e ci fa mettere sul fornello il bollitore

l’autunno inizia con qualcosa di banale, ma cresce velocemente come i figli degli altri

un soldo d’inverno rotolerà dal suo freddo grembo, la neve coprirà noi ormai mummificati, congelati a metà parola

poi nessuno busserà più alla finestra del balcone nel cuore della notte

così  c’è anche il rischio generale di cessare di esistere per un po’

Nata nel 1996, Ella Yevtushenko ha debuttato con una raccolta di grande successo, Lichtung, e ha vinto numerosi concorsi di poesia in Ucraina.

u

di Dmytro Lazutkin,  traduzione inglese di Yury Zavadsky

il cielo è sempre più vicino

quando gli aerei biposto atterrano sull’acqua

nella baia di Vancouver

decine di piccoli bombi di ferro sembrano parlare tra loro:

Ho visto dorsi di balene saltare sull’oceano

Ho tirato fuori lo snowboarder dal crepaccio

Ho parlato con la vela mentre cambiava rotta

solo tu ed io non sappiamo nulla della cosa principale

e degli enormi albatri ci hanno rubato la colazione

mentre ci baciavamo sui pini caduti

scrutando nella baia avvolta nella nebbia

gli uccelli il nostro cibo lo laceravano

perché non è solo pane

respira al rallentatore

non solo patatine fritte…

Tuttavia

liberare l’emozione

potrebbe essere una continuazione della compressione

e un tatuaggio sul collo

Ho cancellato la punta della lingua

e poi abbiamo guardato i giocatori di pallavolo di dicembre

qui l’inverno è mite

quindi sono davvero esuberanti

gettando le giacche sulla sabbia

sono rimasti solo sul template: colori

e ho guardato il rimbalzo di ogni palla

premendoti sempre più stretta

come il sole che abbraccia la coda di una salamandra

come lo sguardo inebriante del pescatore abbraccia le reti asciutte

e i fumatori di marijuana convergevano sui cespugli di magnolia

per respirare respirare respirare

questo gelido oceano in cui tutte le risposte sono appese ai ganci

le nostre domande

questo vento calmo

che spinge le isole più vicino alla riva

e quel cinese serioso ha cercato di fermare il tempo

che filtrava tra i bastoncini

e quelle luci cupe che spingevano i procioni fuori dalle loro tane

e su gentile richiesta di pronunciare correttamente il nome del mio paese

Ho detto:

Bene

impariamo

prima lettera –

(t)U

Dmytro Lazutkin è autore di diverse raccolte di poesie, campione di poetry slam e paroliere. Lavora come cronista sportivo e conduttore televisivo.

L’amore a Kiev

di Natalka Bilotserkivets, traduzione di Andrew Sorokowsky

Più terribile è l’amore a Kiev che

Le magnifiche passioni veneziane. Leggere volano

Le farfalle maculandosi in coni luminosi –

In fiamme le brillanti ali di bruchi morti!

E la primavera ha acceso le candele all’aroma di castagna!

Il gusto tenero del rossetto a buon mercato,

L’audace innocenza delle minigonne,

E queste acconciature, il taglio non è proprio giusto-

Eppure immagine, memoria e segni ci emozionano ancora…

Tragicamente ovvio, come l’ultimo successo.

Morirai qui per il coltello di un farabutto,

La pozza del tuo sangue si allargherà come ruggine all’interno di una

Audi nuova di zecca in un vicolo a Tartarka.

Precipiterai qui da un balcone, il cielo,

Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi

Vestita della candida camicetta da segretaria.

Non puoi distinguere i matrimoni dalle morti…

Perché l’amore a Kiev è più terribile che le

Idee del Nuovo Comunismo: gli spettri

Emergono nelle notti inebrianti

Fuori dal Monte Calvo, portando in mano

Bandiere rosse e vasi di gerani rossi.

Morirai qui per il coltello di un farabutto,

Precipiterai qui da un balcone, il cielo, dentro

Un’Audi nuova di zecca da un vicolo di Tartarka

Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi

La macchia del tuo sangue si allargherà come ruggine

Su una candida camicetta da segretaria.

Natalka Bilotserkivets è una poeta, editrice e traduttrice di grande successo. Le sue poesie sono state antologizzate e tradotte in una dozzina di lingue europee.

Non baciarmi sulla fronte come un cadavere

 di Yulia Musakovska , traduzione inglese di Yury Zavadsky

Non baciarmi sulla fronte come un cadavere

diciamo, quasi due volte appassiti, gli occhiali e gli occhi stessi.

Medicine mischiate a dolci, le pagine del libro gialle come la sua pelle.

Versa nel vuoto alcune delle sue preziose storie.

Considero tutti i protagonisti vecchie conoscenze. Ufficiali del KGB accovacciati sullo stesso letto d’ospedale, con lucide scarpe ungheresi -avrebbe anche ucciso per procurarsele. Lo sguardo è beffardo.

Aveva detto, questi Beatles, questo dipartimento di lingue straniere, non ti serviranno a nulla.

Tutto questo è per gli eletti, non per gli orfani, o per i parenti poveri.

E si nascondeva come il formaggio nel burro, silenzioso come un topo.

Gente come te la catturavamo nei vicoli, la sradicavamo

Alle persone rispettabili questo piaceva, era considerata cosa rispettabile.

L’avrebbe fatto per suo figlio. Per una pera da combattimento, per carne viva e calda.

Vedo anche quella donna, la sua bocca storta e luminosa. Le sue

Gambe da ragno, porcellana puntinata, arnesi in metallo.

Un appartamento ammuffito con soffitti troppo alti.

Ma è lui che vedo il più chiaro di tutti: forte, con una chitarra.

Con gli occhi spalancati e i pollici nelle tasche dei jeans.

Con migliaia di pagine memorizzate.

Con un volto aperto al mondo. All’acqua scura e profonda.

Non per una ragazza, non per una disputa –

per il libero scorrazzare delle braccia,

per un’onda alta, anche se non sulla spalla.

Yulia Musakovska è una pluripremiata poetessa residente a Leopoli, autrice di quattro raccolte di poesie e traduttrice di poesie dall’ ucraino in inglese. Lavora nel settore informatico.

Comunicazione

Scritta e tradotta da Yury Zavadsky

Sorprendente come i sentimenti dipendano dalla pressione sanguigna.

L’elettricità nel mio corpo mi impedisce di rimanere fermo.

E, comunque, mi costringo a non muovermi.

Le dita scorrono nervosamente sulla tastiera.

Poi i versi irregolari si trasformano in sogni ad occhi aperti.

I tuoi SMS accompagnano i miei passi.

Non voglio tacere, ma non ho niente da dirti.

Il giorno è perso e nessuna pillola può riportarlo indietro.

Rimane solo una spiacevole stanchezza alla conclusione della giornata.

La notte e il sogno inquietante impossibili da ricordare.

Mi sembra di essere felice

sentendo il tepore della tua vicinanza

e le tue dita tanto vicine.

Oh questi giorni senza radici come le mie poesie

mi riempiono di alcol.

Oggi, l’intera giornata è mattina.

Una nebbia fredda, le sue gocce sospese nell’aria.

Lo spazio autunnale vuoto.

Mi sembra di essere felice accanto a te,

Non mi sono mai sentito così sicuro e calmo.

Esito, però, se tutto sta andando così bene,

poiché questi giorni saranno passati,

Li ricorderò

come i giorni migliori.

– Chiudi gli occhi e rilassati, lo senti?

– È autunno e la malinconia si abbatte su di noi.

– Sono io con la mia crisi temporanea.

Yury Zavaedsky è poeta, traduttore, critico letterario, interprete, artista di rumorismo ed editore.

Ringraziamo vivamente Calvert Journal per la selezione dei testi,  mentre restiamo in attesa di ricevere da loro  il permesso per la traduzione)

Un inventario di vita e poesia. Gabriella Gianfelici legge “Fluida” di Anna Fresu.

da “Fluida”, ed. Macabor 2021

***

“Non ci stupisce come

da lettere-parole, suoni-note,

colori, che hanno inizio e fine,

da volti di occhi, nasi, bocche,

orecchie,oggi domani ieri

sorgono innumeri possibilità….

(da Meraviglia)

“Un inventario di vita e poesia”

di Gabriella Gianfelici

Ho iniziato dall’ultima pagina a leggere questo libro di Anna Fresu, persona culturalmente instancabile  e amabilissima amica / compagna di tanti viaggi, svolti in tanti luoghi: Roma in primis dove ci ritrovammo una sera d’inverno in una stanza dalla porta verde, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma: la stanza dell’Ass.ne Culturale Donna e Poesia che in quel luogo ha “militato” e svolto attività varie per quasi trent’anni…Capelli lunghi e sguardo fiero, occhi brillanti e un sorriso contagioso (come adesso, del resto!), così conoscemmo Anna e fu l’inizio di molti incontri.

Ma Anna non è soltanto ascolto di sè stessa, è anche attenzione agli altri, alle problematiche e alle gioie delle altre persone che la circondano ma non soltanto. Lei ci traduce poeti e poete che non conosciamo per trasmetterci culture diverse e farci comprendere le diversità del mondo, lei che ha viaggiato e insegnato, lavorato e “giocato” in tante parti del mondo. Tutto questo si sente nei suoi versi, è molto palpabile e molto tangibile e di questo la ringrazio perché, grazie al suo lavoro di espansione culturale, ci aiuta a non restare ancorati al nostro piccolo ambito.

Organizzammo letture e riflessioni, in librerie e in altri luoghi, ci seguì anche un’amica comune che vive a Roma: Candida, e poi ci ritrovammo, qualche anno più tardi, a Forlì presso un’altra Ass.ne Culturale di Donne: VoceDonna, conducevamo lei un laboratorio di narrativa ed io uno di poesia.

Volevo tracciare questi percorsi, volevo con queste parole far comprendere la unicità della persona Anna: la poesia, la scrittura, la vita stessa sono inscindibili, non ci sono priorità… Anna è lei. È così.

Come senza nessuna remora si è mostrata a noi, attraverso le pagine di questo libro e per mezzo di “quell’inventario di vita e di poesia” che ci permette di conoscerla ancora di più.

Un diverso scrivere per Anna che finora ha pubblicato libri di racconti, di narrativa, di teatro e moltissime traduzioni. Ma, anche in questo libro, la capacità di espressione letteraria è altissima e l’empatia che Anna sa trasmettere ci illumina sempre nel percorso poetico. 

“Cadono pezzi” (pag.14) è la poesia fatta puzzle: i pezzi che cadono, che cerchiamo, che vorremmo riunire, che vorremmo accanto e che invece scivolano, si trasformano…mutano come la nostra stessa vita.

E ancora nella poesia “Ode all’imperfezione” (pag.66) troviamo il tempo che scorre, che ci modifica…la ruga, il neo, il corpo che cambia e all’inizio la fatica dell’accettazione ma dopo, giorno dopo giorno, accorgersi che anche questo è nostro, anche queste imperfezioni e cambiamenti ci appartengono e allora l’ansia e le incertezze cadono e iniziamo a vivere in altro modo, quasi in un’altra dimensione.

La poesia “Il peso del silenzio” (pag.79) ne è uno dei tanti esempi.

Per terminare questa breve recensione rammento la poesia: “Lieve” (pag.93) dove tutte le amarezze, i rimpianti, i ricordi dolori si fondono con le conquiste raggiunte, con l’amore dei figli e delle persone vicine e lontane (spesso più importanti e reali di quelle prossime) e allora si “percepisce” ancora più profondamente la bellezza e la unicità della propria vita, e Anna sa bene quanto questa sia preziosa.

Le poete e i poeti hanno il compito, gravoso e gioioso insieme, di fissare sulla carta le parole, per ricordare a coloro che non usano lo strumento della parola la gamma dei sentimenti. Una gamma che può andare dall’osservazione del blu del mare e la sua profondità, che ci riporta a nenie infantili e a ricordi marinareschi (come nel caso della nascita dell’autrice), per poi proseguire con il dono della luce lunare, con la grandezza di un sorriso o con la piccola stretta di mano delle bimbette.

Noi tutte e tutti siamo impastati di materia e di fiato, di anima e pensieri che ci agitano. 

Anna Fresu è riuscita a raccoglierli, a scriverli e a porgerli con la semplicità che la caratterizza ma, con una grandezza d’animo e con una fine struttura poetica, per questo leggere “Fluida” non soltanto è un piacere ma è anche una scoperta di una gran parte di noi stessi/e.

…come un regalo

spiraglio sul domani.

“Il mio sorriso” (pag.36).

                                                                                                                    Gabriella Gianfelici

Tre poesie

da “Fluida“, ed. Macabor 2021

La veste

Ho cucito l’amore

all’orlo della mia veste.

Quando cammino

lo spargo per strada.

Sulla pietra su cui cade

nascerà forse un fiore

o lo raccoglierà un bambino

per farci un aquilone.

Se sarà lieve

volerà nel vento

fra rami e foglie

sarà una canzone

andrà a posarsi

sopra un davanzale

qualcuno gli aprirà 

la finestra e con il sole

darà luce a una stanza.

Se non sto attenta

Mi cadrà in un pozzo.

Povero amore,

tenero e sgualcito,

che non ha braccia

per poter nuotare.

La casa del povero

La casa del povero

non ha nazione

o confini.

Ha fragili pareti

e porte che non proteggono.

Ha tetti di nuvole

che piovono

quando non serve.

Ha pavimenti coperti

di polvere di memoria.

Non ha tavole imbandite

né letti su cui riposare.

Ha vecchi senza passato,

adulti senza più lacrime.

Ha bambini a cui hanno rapito

Il futuro,

bambini con sguardi

di sdegno

che stringono

i loro libri di scuola

con segnalibri

di speranza.

Ode all’imperfezione

Canto la ruga il neo la cicatrice

ogni traccia lasciata sulla carne.

Canto il corpo che cambia

e la bellezza che mai non corrisponde.

Canto il passo del tempo il suo fluire

le scintille disperse sulla via

la scia di ciò che fummo e il suo mutare

l’essere sempre altra il suo sfuggire

ai canoni alle leggi all’immanenza.

Canto persino il dubbio l’incertezza

Il pensiero che oscilla e che vacilla

che non riposa su conquiste passate

Canto l’eterno cercare indefinito

Canto l’errore il torto e il suo perdono

Canto ogni cedimento alla passione

All’àncora incompleta della nostra ragione

Canto lo sguardo che coglie e ricompone

in frammenti perfetti l’armonia. 

il paese delle donne. iL NUOVO BANDO 2022

L’Associazione Il Paese delle donne, attiva come redazione autogestita in “Paese Sera” (1985) e formalizzata nel 1987, promuove e sostiene le politiche autonome e le culture delle donne e s’impegna in un’informazione rispettosa di linguaggi e metodologie di genere, editando in proprio: “il Foglio de Il Paese delle donne”(1987);paesedelledonne-online-rivista(già paesedelledonne-on line);pagina FB Il Paese delle donne; Canale you tube Associazione Paese delle Donne; Premio di scrittura femminile “Il Paese delle donne”(2000).

– partecipe dell’iter costitutivo della Casa internazionale delle Donne (Roma) è socia dell’omonima Aps.

– co-fondatrice dell’Associazione Federativa Femminista Internazionale (Affi) e di Archivia-archivi, biblioteche e centri di documentazione delle donne dove ha un I° fondo dichiarato patrimonio storico dalla Soprintendenza archivistica del Lazio; II° f. c/o Biblioteca dell’Area umanistica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale (unico lascito femminista in un’Università italiana), con esposta la Mostra1946: il Voto delle donne che ha ricevuto la Medaglia di Merito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; III° f. c/o Associazione culturale Exosphere (Reggio Emilia).

Associazione senza scopo di lucro è sostenuta dall’impegno gratuito delle Socie, liberalità e iscrizioni al Premio di scrittura femminile “Il Paese delle Donne” per Editi e Tesi di Laurea, aperto a Case editrici, Enti pubblici e privati, Autrici (senza limiti di età, cittadinanza, residenza e titolo di studio).

Ogni sezione esprime 1° e 2° premio e Segnalazioni di merito:

A) Saggistica 1: a. generali e di genere; b. emigrazione e immigrazione.

B) Narrativa: a. romanzi e novelle; b. testi di cantautrici.

C) Tesi di Laurea in lingua italiana o inglese o francese o spagnola, conseguite inUniversità italiane, pubbliche e private (dal 2019); a. Dottorato; b. Master, Scuole di Specializzazione e tesi Magistrali; c.Triennali.

D) Poesia (escluse pubblicazioni in giornali, riviste, social).

E) Arti visive: a. generali e di genere; b. autobiografie e biografie; c. cataloghi individuali; d. cataloghi di collettive e di mostre promosse da enti pubblici e privati.

F) Opere per l’infanzia.

Premio (unico) Redazione “Marina Pivetta”; Premio Speciale (unico) “Franca Fraboni”.

1° e 2° ricevono opere d’artigianato artistico della Cooperativa di promozione Sociale integrata Onlus “Magazzino”.

Recensioni delle opere in graduatoria su “Il Foglio de il Paese delle donne” (cartaceo, inviato a Centri e Biblioteche locali e nazionali); recensioni di alcuni materiali in concorso su “paesedelledonne on line rivista”, sulla pagina FB e sul Canale.

Modalità: Invio entro le h. 24,00 del 22 luglio 2022 a: Maria Paola Fiorensoli, Via San Pellegrino n. 39 – 06132 Perugia (sezioni A, B, D, E, F); Fiorenza Taricone – Via Rifredi n. 48 – 00148 Roma (sezione C).

Spedizione in pacco chiuso: a) una copia cartacea del materiale in concorso; b) busta contenente un foglio con titolo, generalità, indirizzo postale, e-mail, recapito telefonico e la fotocopia del versamento su c/c postale n. 69515005, intestato Associazione il Paese delle donne,causale “Premio 2022”: Case editrici ed Enti € 35,00 (unico versamento per max 3 opere); € 30,00 per singoleAutrici (unico versamento per max 2 opere).

Spedire per posta semplice o piego libri; non si ritirano raccomandate; materiali privi di tutti i requisiti non saranno esaminati; avviso alle premiate e pubblicazione graduatoria su “paesedelledonne on line rivista” entro il 31/10/2022.

Premiazione: sabato 3 dicembre 2022, Casa Internazionale delle donne, Via della Lungara 19, Roma.

Giuria: co-presidenti Maria Paola Fiorensoli e Fiorenza Taricone; Amelia Broccoli, Anna Maria Robustelli, Antonella Bontae, Beatrice Pisa, Consuelo Valenzuela, Donatella Artese De Lollis, Edda Billi, Enrica Manna, Gabriella Gianfelici, Irene Iorno, Patrizia Melluso, Lucilla Ricasoli, Marina Del Vecchio, Maria Teresa Santilli, Monica Grasso.

La Giuria decide con criteri insindacabili, non impugnabili in alcuna sede, sia la graduatoria che il deposito dei materiali in concorso nei suoi tre fondi de Il Paese delle donne c/o l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale; Archivia-Casa internazionale delle donne (Roma); Associazione culturale Exosphere (Reggio Emilia).

Info: Associazione Il Paese delle donne: s.l. Via della Lungara 19, 0165 Roma; C.F. 96096050586

paesedelledonne@libero.it; 334199 3885 (Lun-Ven h. 10-18

Resoconti di futuro. Memorabilia nel sesto giorno dell’anno.

Terzo giorno del nuovo anno.

Una cesta dal diametro vasto piena di litchi, frutto a me sconosciuto, circondava l’elegante area d’ingresso del supermercato. Cercavo delle arance rosse da buon succo. Non le trovavo. Non c’erano.

Son passata oltre la rotonda dell’ospedale e ho gettato lo sguardo sul nuovo cemento prefabbricato preimpiantato a basso impatto emozionale, che ha quasi finito di completare il soffocamento della vecchia area degli ippocastani. Qualche anno fa, per quell’area, due classi della scuola primaria del quartiere avevano composto letterine e disegni a difesa di quel verde e di quello spazio dall’ennesimo centro commerciale di media grandezza a pochi passi da altri due centri commerciali di media grandezza della città (di media grandezza e di un’economia mezza grandiosa che ben presto finiva per impaludarsi nella pestilenza del Covid). Il destinatario delle speranze a forma di disegni di alberi e altalene, era stato il campo dei miracoli comunale . Che in nome della crescita e della produttività aveva seppellito le monete d’oro delle speranze dei bambini e delle bambine spiegando loro e alla collettività, tramite il locale gazzettino ufficiale, il perché e il percòme fosse prioritario radere a zero la chioma degli alberi e sostituirla con quella rigida dei pilastri di calcestruzzo, fari di civiltà commerciali (pre-pandemiche). Un vero scialo di futuro. Perché ho ricordato l’accaduto? Forse per il malumore di non aver trovato le arance rosse da spremere, in pieno gennaio. I litchi non li ho certo presi anche perché per conoscere cosa fossero avrei dovuto consultare lo stregone saccente di Internet, Wikipedia (e “chi se ne frega” dove lo mettete, etc, etc) che le arance non me avrebbe fatte trovare lo stesso.

Sesto giorno del nuovo anno, Epifania di Nostro Signore.

Ho trovato una citazione di Hannah Arendt in un libro sulla decrescita e il sacro. Arendt e la Weil sono letture che danno coraggio. Quando trovo una loro citazione inaspettata, in un contesto inusuale per le mie aspettative di letture, sono felice quasi quanto il trovare in strada una vecchia amica che non vedo da tempo e di cui ho davvero bisogno. Approfondisco la conoscenza teorica di quello che sto leggendo. L’autore, cattedratico francese saccheggiato in tutt’Europa, lanciò negli anni scorsi una sorta di manifesto morale e in uno degli inviti spiegava che: (immagino noi occidentali)“ Abbiamo bisogno di rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Questo non è necessario soltanto per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre, ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale degli esseri umani contemporanei.” E poi la citazione della Arendt e la sua luminosa contestazione ai totalitarismi e fermo la lettura. Un’immagine metafisica di letterine e disegni con pastelloni e pennarelli coi tappi mangiucchiati si incolla agli occhi. A quei bambini che avevano scritto agli alberi e al sindaco, una certa parte di ambiente terrestre l’abbiamo rubato. Mi sento in colpa nonostante non abbia fatto male ad una sola foglia in vita mia. Gli alberi non ci sono più. Dovrei impormi, ci si si potrebbe imporre, di ricordare, per trasformare il buono che rimane in meglio (sono testarda: litchi in arance a impatto zero, ad esempio). Rileggere “La banalità del male” e declinarlo alle responsabilità mai confessate delle accidie e dei menefreghismi quotidiani. Rileggere “La persona e il sacro” e riflettere sulla devastazione fisica e psichica della violenza nelle nostre vite. Leggere i disegni dei bambini. Le immagini parlano sempre. “Reincantare il mondo” con la poesia, i poeti, le poetesse. Prendere tempo. In assonanza di doni epifanici, regalarsi tempo nuovo. Anche come atto apotropaico.

Buon Anno Nuovo.

Che voglia o no. Poesie e riflessioni contro la violenza dal patrimonio poetico femminile

Basta guardarsi intorno per trovare esempi di assurdità criminali.

(Il libro del potere, Simone Weil)

l’uomo che diventa una vite

i giardini coltivati e corda tiene

lo stupro l’aria muore le mosche –

oh! iddio che non salvi.

il mercato nei cesti di rosso

strada di mammelle e di vento

il cotone in cui sale spavento

non sai se è guardare.

Nadia Agustoni

Solo se si conosce l’imperio della forza e se si è capaci di non rispettarlo è possibile amare.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Non ho voglia di aprire la bocca

di che cosa devo parlare?

che voglia o no, sono un’emarginata

come posso parlare del miele se porto il veleno in gola?

cosa devo piangere, cosa ridere,

cosa morire, cosa vivere?

io, in un angolo della prigione

lutto e rimpianto

io, nata invano con tutto l’amore in bocca.

Lo so, mio cuore, c’è stata la primavera e tempi di gioia

con le ali spezzate non posso volare

da tempo sto in silenzio, ma le canzoni non ho dimenticato

anche se il cuore non può che parlare del lutto

nella speranza di spezzare la gabbia, un giorno

libera da umiliazioni ed ebbra di canti

non sono il fragile pioppo che trema nell’aria

sono una figlia afgana, con il diritto di urlare.

Nadia Anjuman

La violenza schiaccia tutto quello tocca. Finisce con l’apparire estranea a colui che la esercita come a colui che la subisce.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Ti

hanno

insegnato che

le tue gambe sono un pit stop

per uomini cui serve un luogo di sosta

un corpo sfitto abbastanza vuoto

da ospitare ma nessuno

viene mai né è

disposto a

restare

Rupi Kaur

E dove non c’è posto per il pensiero, non ce n’è anche per la giustizia e la prudenza. Ecco perché uomini armati agiscono in modo folle e spietato. Le loro armi affondano nel nemico disarmato che giace ai loro piedi; essi trionfano su un morente descrivendogli gli oltraggi che il suo corpo subirà.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Gli alberi occupano l’aurora della famiglia. L’animale

è una massa di attenzione, la musica sale

dai gomiti appoggiati alla terra. La campagna, quel grumo essenziale

di rondoni e polvere serena è ora tavola, macero

e orinatoio, principio attivo dell’anima.

Lei trasformata

dalla scoperta che l’amore vibrava come un timpano d’acqua

dalla base del

tempo. Lo rivelano

le tracce ritrovate successivament in mare – sulla città di pietra

degli scogli

e l’impronta caucasica della scomparsa.

Mamma – mi sento come se volassi – davanti

a queste statue che ti somigliano. Indagine

della sbordatura plantare, la luce, – poco incline – sulla spalla:

rosa vinosa

d’alba fiorentina. Non mi hanno ridato l’impermeabile

che avevo offerto per coprire il suo eccesso di opacità.

Domando cosa non l’abbia fatta risplendere: il mio corpo di latte

era carico di misericordia. Sovrastate – restituite

allo stato di cose le sue ossa dolevano grandiosamente, mute

come respira muto dalle origini il neutro.

Maria Grazia Calandrone

Se si analizzassero … tutte le parole, tutte le formule che nel corso della storia umana hanno suscitato o spirito di sacrificio e insieme la crudeltà, si scoprirebbe che sono tutte ugualmente vuote.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Solo per un giorno

essere come voi.

Solo per un giorno

toccare integro il mio corpo

farlo volare in alto

e poi

distenderlo sulla terra

pesante e felice.

Solo per un giorno

cancellare

la ferita che mi rinnova

l’incubo

che spurga le mie viscere

che fa gemere le mie notti.

Solo per un giorno

non pensare

ad una triste sorte

che nella luce tiepida

di una fine giornata

di ottobre

s’incollò ai miei anni acerbi.

E per non vacillare

trasformare la realtà

pregando in silenzio

in un mantra tutto mio

dove la carezza rinsaldi

gli infami spacchi.

Gabriella Gianfelici

Anna Maria Curci: “Nel segno del duale: Borea”. Poetarum Silva.

Nel segno del duale: Borea di Simonetta Sambiase
di Anna Maria Curci

Ringrazio la professoressa Anna Maria Curci della pregevole lettura di “Borea”su Poetarum Silva.

Ne trascrivo la prima parte sul mio piccolo blog. In calce, il link di Poetarum Silva dove continuare la lettura.

NEL SEGNO DEL DUALE:

BOREA di Simonetta Sambiae

di Anna Maria CURCI

«Due mondi – e io vengo dall’altro»: questo verso che si ripete in Diario bizantino di Cristina Campo costituisce una affermazione che colloca provenienze e disposizioni, una affermazione che non preclude la precisione dello sguardo e del dire e che tuttavia introduce ad altri ritmi, altri colori, altri toni nel profondo. È una affermazione che mi sembra particolarmente calzante per Borea di Simonetta Sambiase.
Già nel titolo, Borea, si schiude l’accesso, ancor prima all’universo poetico di questa raccolta, all’immaginario di chi legge: Borea come vento del nord, come emisfero settentrionale, come figura mitologica, punto di riferimento per l’avvicendarsi delle stagioni: «ah Borea, Borea» ricorre due volte nel componimento finale della prima parte della raccolta, con un effetto duplice, quello di segnare il passaggio, di marcare il preludio a «un nuovo perimetro del caos», e quello di far brillare le polveri, di “incendiare” le parole nella cassa di risonanza di chi legge, di sollecitare connessioni.


Le due parti che compongono la raccolta, intervallate da Fiato (intermezzo pandemico), hanno nomi che recano il segno del duale: (I – Di giorno, lavoro e gironi di contorno) (II – Di notte, perdono e filastrocche). Sono due dimensioni che si danno il cambio, con cadenza regolare. Senz’altro complementari, esse si presentano come l’una opposta dell’altra, l’una l’ombra dell’altra, due emisferi, appunto.
Eppure è nel dilatarsi improvviso di quei cambi della guardia, nell’estendersi della zona grigia di confine (Zona grigia di mattina titolava Durs Grünbein una sua raccolta nel 1988), nelle trame espressive e nell’insinuarsi di sfumature cromatiche da una dimensione all’altra, che la parola dell’io poetico femminile e del suo interlocutore, indicato con il pronome alla seconda persona singolare (un sé maschile in dialogo con il sé femminile? un altro da sé?), dispiega il suo contrappunto. Già la seconda strofa del testo che apre la raccolta dà prova mirabile del coesistere di istanze e tensioni contrapposte:

Azzurra tempesta è un giorno come un altro
una notte e l’altra sua ombra      di notte      prende aria perde cuscini spegne i confini
fra poco, il mattino apre gli occhi e le abitudini
mentre tu prosegui sveglia
dove non ci si incontra non ci si libera non ci si riconosce non ci si fiata.

La lettura continua su Poetarum Silva a questo link

https://poetarumsilva.com/2021/10/27/simonetta-sambiase-borea/

Borea. La recensione di Fernanda Ferraresso sulla rivista di cultura poetica e letteraria Menabò.

Borea

Benvenuti, benvenute. Il Golem Femmina riapre. 

Vi saluta e vi invita al viaggo dell’ultima parte dell’anno con il reblog di  una firma importante del panorama critico letterario, Fernanda Ferraresso. Fernanda Ferraresso ha recensito Borea, il libro appena pubblicato da Terra d’Ulivi di Simonetta Sambiase. 

Vi invito alla sua lettura a questo link. 

https://www.menaboonline.it/borea-di-simonetta-sambiase

Vi ricordo che la mail per comunicare con il blog è golemf@virgilio.it