Credo alle molestie di alcuni alpini a 500 donne durantela loro adunata di Rimini.
Ci credo perché:
1) Perché credo al coraggio di ogni donna che ha il coraggio di denunciare di aver subito molestie in un Paese qualunquista che spesso giustifica i carnefici e non ha empatia con le vittime.
2) Perché avevo già letto questo articolo del 2018:
che riporta le stesse dinamiche “goliardiche” e gli stessi impegni – disattesi – di farle smettere da parte delle organizzazioni di queste adunate di alpini di montagna e di mare.
3) Perché conosco il rigore e il fervore delle compagne di NUDM sulla presa in carico di azioni di contrasto alla violenza contro le donne e non posso che ringraziarle di aver alzato la voce anche contro chi mentre lavori potrebbe pensare che infilarti una mano nella gonna sia solo un atto di goliardia:
4) Perché queste voci su alcuni alpini “goliardici” le avevo già raccolte come sfogo amaro quando facevo sindacato e vorrei daresolidarietà, come donna, anche a chi non ha avuto ancora il coraggio di denunciarle.
Ecco perchè ci credo. Di più.
Delle riflessioni su queste “goliardie”, che provocano il vomito a chi le subisce, le avevo trasformate in versi in una poesia pubblicata in “Borea”. Perché “ci credevo”.E perché le voci di ribellione al potere distorto del maschilismo non debbono mai tacere. Che si tratti di qualche alpino “goliardico” o di qualche altro militare “scanzonato e allegro” o diun avvocato, di un autista, di un infermiere o di un direttore d’orchestra innamorato dei Carmina Burana, insomma di un mascalzone qualsiasi, le mani devono essere tenute lontano dalle lavoratrici, dalle donne, dalle ragazze, da chi non vuole essere “goliardiata”.
Palabra en el Mundo di Venezia da anni ospita poeti e poetesse da tutto il mondo per unirsi intorno alla parola poetica e rendere costruttivi e tangibili i principi di solidarietà e pace.
La Pace è parola-azione da scambiare come segno reale di pace e non con missili e bombe, disoccupazione e disuguaglianze civili e sociali; è assenza di violenze su corpi e territori, eguaglianza reale delle persone tutte e in tutti gli angoli del pianeta e non vuote retoriche parole o leggi e cavilli burocratici.Non siamo da soli a camminare su questa terra che ci ospita e non siamo da soli a dire di No alla mania guerrafondaia che gli uomini hanno da illo tempore continuato a costruire.
Mantenere viva la Solidarietà, l’Accoglienza e i Rapporti di Amicizia è essenziale e non rinunciabile in questo oscuro momento storico. Così come non parlare di odio ma di sorellanza, di fratellanza e di rifiuto netto delle armi per risolvere i conflitti.
Noi costruiamo e portiamo avanti invece le armi della ragione, della critica e della nostra umanità anche attraverso la parola poetica.
Quest’appello si rivolge a tutte le persone che non accettano di subire passivamente la logica di guerra che nella nostra storia ha come un movimento carsico: appare e scompare in ogni angolo della terra sotto diverse forme.
Una cosa è sempre stata chiara però alla fine di ogni conflitto: coloro che sempre hanno subito i torti di guerre giuste o sbagliate, come le si vogliono definire nei libri di storia e nelle narrazioni, sono in maggioranza le donne e i loro figli e figlie in primis; poi c’è anche la terra che subisce fino alla nausea impoverimenti e distruzioni del suolo, dei suoi abitanti animali e vegetali.
Durante la pandemia, avevamo pensato, sperato, creduto che ci saremmo finalmente fermati, seduti ad un tavolo a ragionare su come tornare ad usare buone pratiche di convivenza.
Ora vediamo che così non è stato.
I governanti hanno invece continuato a mappare, confinare, scacciare, reprimere, costruire e smerciare armi, martoriare corpi e menti, limitare la libera circolazione delle persone. Il tutto in nome di un profitto che non ci appartiene. Il Che fare? ora che siamo vicinissimi alla follia generale, non è facile e richiede ad ognuno e ognuna di noi un atto di coraggio e di fermezza:
bandire le armi
dalle nostre produzioni a supporto della nostra economia, bandire la guerra dalla nostra storia, che essa diventi veramente un tabù, mi sembrano le due immediate condizioni se veramente vogliamo dare un futuro il più armonioso possibile a questa terra, Perché anche le nostre resteranno solo parole, se ad esse non si accompagna un gesto di pace, un’azione di costruzione della Pace. Che le armi tacciano e si cominci a parlare vuol dire quindi che le armi non devono circolare. I nostri governanti devono ascoltare la voce dei cittadini e delle cittadine.
Che i figli chiamino i padri, le madri i loro figli a posare le armi.
Il poeta albanese Ismail Kadare chiudeva, già negli anni ’60, così un suo poema: “Venite e appendete le armi ai chiodi delle rime”.
Proviamo ad ascoltarlo davvero adesso?
Questo è l’appello che noi della Palabra en el Mundo di Venezia rivolgiamo a tutte e tutti i costruttori di Pace. Accogliamo i testi dei poeti e delle poetesse che a noi si vorranno unire per organizzare anche una lunga carovana non di bombe ma di parole poetiche che superino il rumore funesto della guerra e la faccia tacere per sempre.
Aderiscono artiste/i e associazioni:
Anna Lombardo, Fabia Ghenzovich, Giovanni Asmundo, Zingonia Zingone, Alessandro Cabianca, Valeria Raimondi, Fernanda Ferraresso, Letizia Lanza, Lorenzo Fort, Simonetta Sembiase, Paolo Polvani, Adriana Hoyos, Armando Pajalich, Anna Chahoud, Anna Maria Ferramosca, Mariella De Santis, Rita degli Esposti, Marta Petru, Francis Combes, Pierfranco Uliana, Isabella Albano, Ivana Marksic, Louis Felipe Sarmento, Marco Cinque, Pronto Intervento Poetico (PIP), Gruppo90-ArtePoesia
Palabra en el Mundo in Venice has hosted poets worldwide to unite around the poetic word and make the principles of solidarity and Peace constructive and tangible.
Peace is a word-action to be exchanged as a tangible sign of Peace: not with missiles and bombs, unemployment and civil and social inequalities. It is the absence of violence against bodies and territories, the fundamental equality of people in all corners of the planet and not empty rhetorical words or laws and bureaucratic quibbles. We are not alone in walking on this land that hosts us, and we are not alone in saying No to the warmongering mania that men have continued to build since then.
Keeping solidarity, hospitality and friendships alive is essential and cannot be renounced in this dark historical moment. So, it is crucial not talking about hatred but about sisterhood, brotherhood, and the net refusal of weapons to resolve conflicts.
As poets, we build and carry on the weapons of reason, criticism and our humanity through the poetic word.
This call aims at all people who do not accept passively the logic of war that in our history has a karst movement: it appears and disappears in every corner of the earth in different forms.
One thing has always been clear, however, at the end of every conflict: those who have always suffered the wrongs of right or wrong wars, as they are defined in the history books and the narratives, are primarily women and their sons and daughters in primis; then there is also the earth that undergoes up to the point of nausea impoverishment and destruction of the soil, of its animal and plant inhabitants.
During the pandemic, we had thought, hoped, believed that we would finally stop, sit at a table and think about how to go back to using good coexistence practices.
But, unfortunately, now we see that this was not the case. Instead, the rulers continued to map, confine, drive out, repress, build and sell weapons, torture bodies and minds, and limit people’s free movement. All in the name of a profit that does not belong to us. What to do? now that we are very close to general madness, it is not easy and requires from each one of us an act of courage and firmness: ban weapons from our productions in support of our economy, ban the war from our history, that it genuinely becomes a taboo, seem to me the two immediate conditions if we want to give a future as harmonious as possible to this land. Because even ours will remain only words if they are not accompanied by a gesture of Peace, an action of building Peace. Therefore, that the weapons are silent and we begin to talk means that the weapons must not circulate. Our rulers must listen to the voice of their citizens.
Let the children call their fathers and mothers their children to lay down their weapons.
The Albanian poet Ismail Kadare closed one of his poems as early as the 1960s:
«Come and hang your weapons on the nails of the rhymes».
Let’s try to listen to it now!
It is the call that we at Palabra en el Mundo in Venice address to all builders of Peace. We welcome the poets’ texts who will want to join us to organize a long caravan not of bombs but of poetic words that overcome the fatal noise of war and silence it forever.
The following artists and associations have signed:
Anna Lombardo, Fabia Ghenzovich, Giovanni Asmundo, Zingonia Zingone, Alessandro Cabianca, Valeria Raimondi, Fernanda Ferraresso, Letizia Lanza, Lorenzo Fort, Simonetta Sembiase, Paolo Polvani, Adriana Hoyos, Armando Pajalich, Anna Chahoud, Anna Maria Ferramosca, Mariella De Santis, Rita degli Esposti, Marta Petru, Francis Combes, Pierfranco Uliana, Isabella Albano, Ivana Marksic, Louis Felipe Sarmento, Marco Cinque, Pronto Intervento Poetico (PIP), Gruppo90-ArtePoesia.
Per noi di Exosphere l’Otto marzo sarà una giornata diversa quest’anno. La dedichiamo alle donne che stanno soffrendo guerra, paura e dolore. Non solo in Ucraina. Ringraziamo Pina Piccolo e la Macchina sognante per averci permesso di pubblicare la loro selezione di poesie di autori e autori ucraini da loro tradotte in italiano. Qui sotto il link di riferimento.
Noi di Exosphere non avalliamo né concediamo spazio a nessun linguaggio di guerra.
Già arrivano le notizie degli stupri dei soldati alle donne ucraine. Le bombe lanciate sulle scuole le abbiamo viste fin dai primi giorni di guerra. Mani e anime sporche di sangue continuano a fare la guerra. In tempi di pace li chiamano assassini, in tempo di guerra li chiamano bravi soldati obbedienti. Fotografie mostrano carri armati guidati da donne soldato. Donne che non stanno difendendo null’altro che il loro lavoro di guerra, che però non è un lavoro qualsiasi, è un lavoro criminale . Che uccide, stupra, ruba la vita e la terra altrui. Non è questo il soffitto di cristallo da cui ci si voleva liberare. Almeno voi, donne, ribellatevi e disertate. Non uccidete. Disertate. Se nessuno entra nei carri armati, se nessuno produce i carri armati, se nessuno li rifornisce di benzina (o di qualsiasi altro carburante consumino, chi se ne frega di saperlo!) le guerre non comincerebbero neanche. Disertate e vivete in pace. E fateci vivere in pace.
Sotto qualsiasi bandiera, c’è sempre la possibilità di dire “basta” se ancora rimane un pezzo di anima nel corpo. Sotto qualsiasi bandiera c’è sempre la possibilità di disertare, di scendere dai carri armati, di non far volare gli aerei e le bombe, di andarsene via quando vi toccano le spalle e vi dicono che tocca a voi andare. Fate andare via loro.
Antigone fai il tuo dovere: disobbedisci al potere. Il proprio dovere è la vita. Non la morte di qualcun altro.
da La Macchina Sognante
SEI POESIE DALL’UCRAINA SELEZIONATE DA CALVERT JOURNAL
La letteratura ucraina ha una lunga tradizione che risale all’XI secolo. Uno dei suoi poeti più noti è Taras Shevchenko del XIX secolo, che iniziò scrivendo versi romantici per poi passare a versi più cupi sulla storia ucraina. Poesia e storia sono ancora intrecciate nell’Ucraina di oggi. Una diversità di stili definisce la poesia ucraina contemporanea, che va dallo schema metrico in rima al verso libero e da raccolte cartacee allo slam e alla poesia performata. Ma i recenti sconvolgimenti politici del paese, dalla rivoluzione di Maidan all’annessione della Crimea alla Russia e alla guerra nel Donbass, hanno contribuito a rendere particolarmente importante in Ucraina oggi la poesia che si esprime in stili audaci e diretti, con grande partecipazione di pubblico alle letture e performance La selezione di seguito trasporta chi legge in un tour dal personale al politico, e dalle superstar della letteratura come Serhiy Zhadan a debuttanti forti e promettenti come Ella Yevtushenko.
Allora ne parlo
di Serhiy Zhadan, traduzione inglese di John Hennessy e Ostap Kin
Allora ne parlo:
dell’occhio verde di un demone in un cielo dai colori vivaci.
Un occhio che sbircia dal sonno di un bimbo.
L’occhio di un emarginato che la paura con l’entusiasmo rimpiazza.
Tutto è iniziato con la musica,
con le cicatrici lasciate dalle canzoni
sentite con gli altri bambini nei matrimoni d’autunno
Gli adulti che facevano musica.
Definizione dell’età adulta: la capacità di suonare
Come se apparisse nella voce una qualche nota nuova,
responsabile della felicità,
come fosse innato questo talento negli uomini:
poter essere sia cacciatore che cantante.
La musica è il respiro caramellato delle donne,
l’odore di tabacco sui capelli di uomini cupi
che tirano fuori il coltello per combattere il demone
che ha appena rovinato il matrimonio.
Musica che oltrepassa il muro del cimitero.
Fiori che crescono dalle tasche delle donne,
scolaretti che sbirciano nelle camere mortuarie.
I sentieri più battuti conducono al cimitero e all’acqua.
Nella terra ci nascondi solo le cose più preziose –
l’arma che matura con l’ira,
i cuori di porcellana dei genitori con il loro scampanellio
da coro scolastico.
Certo che ne parlo
degli strumenti a fiato dell’ansia,
della cerimonia di nozze, memorabile
quanto l’entrata a Gerusalemme.
Riponi sotto il tuo cuore
il ritmo da salmo spezzato dalla pioggia
.
Uomini che ballano così come spengono
gli incendi delle steppe con gli stivali.
Donne che si aggrappano ai loro uomini mentre danzano
come se non volessero lasciarli andare in guerra.
Ucraina orientale, fine del secondo millennio.
Il mondo è pieno di musica e di fuoco.
Nell’oscurità pesci volanti e animali cantanti danno voce.
Nel frattempo, quasi tutti quelli che si sono sposati allora sono morti.
Nel frattempo sono morti i genitori di persone della mia età.
Nel frattempo, la maggior parte degli eroi è morta.
Il cielo si apre, amaro come nelle novelle di Gogol.
Echeggiando, il canto di chi miete.
Echeggiando, la musica di chi porta via i sassi dal campo.
Echeggiando, non si ferma.
Serhyi Zhadan è uno dei poeti e romanzieri più famosi dell’Ucraina, attira un pubblico di migliaia di persone in occasione del lancio dei suoi libri e negli eventi a cui partecipa.
l’autunno inizia con qualcosa di banale
di Ella Yevtushenko, traduzione inglese di Yury Zavadsky
l’autunno inizia con qualcosa di banale: chiavi dimenticate in un’altra città, tosse come monete d’argento in gola, una tazza da tè turca,
monete di rame, acqua nella batteria,
grandine,
Non l’ho sentita, ed è già qui, che fa rannicchiare un gatto randagio, strofinandogli le zampe
lasciando foglie sbiadite sui jeans
solo in una notte così piovosa si può sentire bussare alla porta del balcone, solo in una notte così piovosa la si può aprire
ma chi ci starà dietro dipende se la noce si è addormentata di guardia sotto la finestra, se i pini raggiungeranno l’orlo strappato delle nuvole.
e se il lampo ripete il disegno delle vene sulle tue tempie.
l’autunno inizia con qualcosa di infantile: bussa alla porta e scappa; voglio leggere tutto il giorno a letto; sei avvolto come una mummia, garza umida di nebbia –
e continua con qualcosa di vecchio: non beve alcol, un diamante di freddo pulsa nelle sue ginocchia
e così ancora – ogni volta – e ogni volta questo è il primo argomento di conversazione
come se non ci fosse niente di più importante di questo autunno, bagnato come un mattino sotto una crosta prematuramente sbucciata
ruba tempo alle conversazioni di lavoro, intercetta un’ondata di pettegolezzi, si sdraia con un gatto randagio sul balcone, dove dovrebbero raccogliersi mucchi di segreti.
l’autunno ci spinge verso la cucina e ci fa mettere sul fornello il bollitore
l’autunno inizia con qualcosa di banale, ma cresce velocemente come i figli degli altri
un soldo d’inverno rotolerà dal suo freddo grembo, la neve coprirà noi ormai mummificati, congelati a metà parola
poi nessuno busserà più alla finestra del balcone nel cuore della notte
così c’è anche il rischio generale di cessare di esistere per un po’
Nata nel 1996, Ella Yevtushenko ha debuttato con una raccolta di grande successo, Lichtung, e ha vinto numerosi concorsi di poesia in Ucraina.
u
di Dmytro Lazutkin, traduzione inglese di Yury Zavadsky
il cielo è sempre più vicino
quando gli aerei biposto atterrano sull’acqua
nella baia di Vancouver
decine di piccoli bombi di ferro sembrano parlare tra loro:
Ho visto dorsi di balene saltare sull’oceano
Ho tirato fuori lo snowboarder dal crepaccio
Ho parlato con la vela mentre cambiava rotta
solo tu ed io non sappiamo nulla della cosa principale
e degli enormi albatri ci hanno rubato la colazione
mentre ci baciavamo sui pini caduti
scrutando nella baia avvolta nella nebbia
gli uccelli il nostro cibo lo laceravano
perché non è solo pane
respira al rallentatore
non solo patatine fritte…
Tuttavia
liberare l’emozione
potrebbe essere una continuazione della compressione
e un tatuaggio sul collo
Ho cancellato la punta della lingua
e poi abbiamo guardato i giocatori di pallavolo di dicembre
qui l’inverno è mite
quindi sono davvero esuberanti
gettando le giacche sulla sabbia
sono rimasti solo sul template: colori
e ho guardato il rimbalzo di ogni palla
premendoti sempre più stretta
come il sole che abbraccia la coda di una salamandra
come lo sguardo inebriante del pescatore abbraccia le reti asciutte
e i fumatori di marijuana convergevano sui cespugli di magnolia
per respirare respirare respirare
questo gelido oceano in cui tutte le risposte sono appese ai ganci
le nostre domande
questo vento calmo
che spinge le isole più vicino alla riva
e quel cinese serioso ha cercato di fermare il tempo
che filtrava tra i bastoncini
e quelle luci cupe che spingevano i procioni fuori dalle loro tane
e su gentile richiesta di pronunciare correttamente il nome del mio paese
Ho detto:
Bene
impariamo
prima lettera –
(t)U
Dmytro Lazutkin è autore di diverse raccolte di poesie, campione di poetry slam e paroliere. Lavora come cronista sportivo e conduttore televisivo.
L’amore a Kiev
di Natalka Bilotserkivets, traduzione di Andrew Sorokowsky
Più terribile è l’amore a Kiev che
Le magnifiche passioni veneziane. Leggere volano
Le farfalle maculandosi in coni luminosi –
In fiamme le brillanti ali di bruchi morti!
E la primavera ha acceso le candele all’aroma di castagna!
Il gusto tenero del rossetto a buon mercato,
L’audace innocenza delle minigonne,
E queste acconciature, il taglio non è proprio giusto-
Eppure immagine, memoria e segni ci emozionano ancora…
Tragicamente ovvio, come l’ultimo successo.
Morirai qui per il coltello di un farabutto,
La pozza del tuo sangue si allargherà come ruggine all’interno di una
Audi nuova di zecca in un vicolo a Tartarka.
Precipiterai qui da un balcone, il cielo,
Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi
Vestita della candida camicetta da segretaria.
Non puoi distinguere i matrimoni dalle morti…
Perché l’amore a Kiev è più terribile che le
Idee del Nuovo Comunismo: gli spettri
Emergono nelle notti inebrianti
Fuori dal Monte Calvo, portando in mano
Bandiere rosse e vasi di gerani rossi.
Morirai qui per il coltello di un farabutto,
Precipiterai qui da un balcone, il cielo, dentro
Un’Audi nuova di zecca da un vicolo di Tartarka
Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi
La macchia del tuo sangue si allargherà come ruggine
Su una candida camicetta da segretaria.
Natalka Bilotserkivets è una poeta, editrice e traduttrice di grande successo. Le sue poesie sono state antologizzate e tradotte in una dozzina di lingue europee.
Non baciarmi sulla fronte come un cadavere
di Yulia Musakovska , traduzione inglese di Yury Zavadsky
Non baciarmi sulla fronte come un cadavere
diciamo, quasi due volte appassiti, gli occhiali e gli occhi stessi.
Medicine mischiate a dolci, le pagine del libro gialle come la sua pelle.
Versa nel vuoto alcune delle sue preziose storie.
Considero tutti i protagonisti vecchie conoscenze. Ufficiali del KGB accovacciati sullo stesso letto d’ospedale, con lucide scarpe ungheresi -avrebbe anche ucciso per procurarsele. Lo sguardo è beffardo.
Aveva detto, questi Beatles, questo dipartimento di lingue straniere, non ti serviranno a nulla.
Tutto questo è per gli eletti, non per gli orfani, o per i parenti poveri.
E si nascondeva come il formaggio nel burro, silenzioso come un topo.
Gente come te la catturavamo nei vicoli, la sradicavamo
Alle persone rispettabili questo piaceva, era considerata cosa rispettabile.
L’avrebbe fatto per suo figlio. Per una pera da combattimento, per carne viva e calda.
Vedo anche quella donna, la sua bocca storta e luminosa. Le sue
Gambe da ragno, porcellana puntinata, arnesi in metallo.
Un appartamento ammuffito con soffitti troppo alti.
Ma è lui che vedo il più chiaro di tutti: forte, con una chitarra.
Con gli occhi spalancati e i pollici nelle tasche dei jeans.
Con migliaia di pagine memorizzate.
Con un volto aperto al mondo. All’acqua scura e profonda.
Non per una ragazza, non per una disputa –
per il libero scorrazzare delle braccia,
per un’onda alta, anche se non sulla spalla.
Yulia Musakovska è una pluripremiata poetessa residente a Leopoli, autrice di quattro raccolte di poesie e traduttrice di poesie dall’ ucraino in inglese. Lavora nel settore informatico.
Comunicazione
Scritta e tradotta da Yury Zavadsky
Sorprendente come i sentimenti dipendano dalla pressione sanguigna.
L’elettricità nel mio corpo mi impedisce di rimanere fermo.
E, comunque, mi costringo a non muovermi.
Le dita scorrono nervosamente sulla tastiera.
Poi i versi irregolari si trasformano in sogni ad occhi aperti.
I tuoi SMS accompagnano i miei passi.
Non voglio tacere, ma non ho niente da dirti.
Il giorno è perso e nessuna pillola può riportarlo indietro.
Rimane solo una spiacevole stanchezza alla conclusione della giornata.
La notte e il sogno inquietante impossibili da ricordare.
Mi sembra di essere felice
sentendo il tepore della tua vicinanza
e le tue dita tanto vicine.
Oh questi giorni senza radici come le mie poesie
mi riempiono di alcol.
Oggi, l’intera giornata è mattina.
Una nebbia fredda, le sue gocce sospese nell’aria.
Lo spazio autunnale vuoto.
Mi sembra di essere felice accanto a te,
Non mi sono mai sentito così sicuro e calmo.
Esito, però, se tutto sta andando così bene,
poiché questi giorni saranno passati,
Li ricorderò
come i giorni migliori.
– Chiudi gli occhi e rilassati, lo senti?
– È autunno e la malinconia si abbatte su di noi.
– Sono io con la mia crisi temporanea.
Yury Zavaedsky è poeta, traduttore, critico letterario, interprete, artista di rumorismo ed editore.
Ringraziamo vivamente Calvert Journal per la selezione dei testi, mentre restiamo in attesa di ricevere da loro il permesso per la traduzione)
Ho iniziato dall’ultima pagina a leggere questo libro di Anna Fresu, persona culturalmente instancabile e amabilissima amica / compagna di tanti viaggi, svolti in tanti luoghi: Roma in primis dove ci ritrovammo una sera d’inverno in una stanza dalla porta verde, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma: la stanza dell’Ass.ne Culturale Donna e Poesia che in quel luogo ha “militato” e svolto attività varie per quasi trent’anni…Capelli lunghi e sguardo fiero, occhi brillanti e un sorriso contagioso (come adesso, del resto!), così conoscemmo Anna e fu l’inizio di molti incontri.
Ma Anna non è soltanto ascolto di sè stessa, è anche attenzione agli altri, alle problematiche e alle gioie delle altre persone che la circondano ma non soltanto. Lei ci traduce poeti e poete che non conosciamo per trasmetterci culture diverse e farci comprendere le diversità del mondo, lei che ha viaggiato e insegnato, lavorato e “giocato” in tante parti del mondo. Tutto questo si sente nei suoi versi, è molto palpabile e molto tangibile e di questo la ringrazio perché, grazie al suo lavoro di espansione culturale, ci aiuta a non restare ancorati al nostro piccolo ambito.
Organizzammo letture e riflessioni, in librerie e in altri luoghi, ci seguì anche un’amica comune che vive a Roma: Candida, e poi ci ritrovammo, qualche anno più tardi, a Forlì presso un’altra Ass.ne Culturale di Donne: VoceDonna, conducevamo lei un laboratorio di narrativa ed io uno di poesia.
Volevo tracciare questi percorsi, volevo con queste parole far comprendere la unicità della persona Anna: la poesia, la scrittura, la vita stessa sono inscindibili, non ci sono priorità… Anna è lei. È così.
Come senza nessuna remora si è mostrata a noi, attraverso le pagine di questo libro e per mezzo di “quell’inventario di vita e di poesia” che ci permette di conoscerla ancora di più.
Un diverso scrivere per Anna che finora ha pubblicato libri di racconti, di narrativa, di teatro e moltissime traduzioni. Ma, anche in questo libro, la capacità di espressione letteraria è altissima e l’empatia che Anna sa trasmettere ci illumina sempre nel percorso poetico.
“Cadono pezzi” (pag.14) è la poesia fatta puzzle: i pezzi che cadono, che cerchiamo, che vorremmo riunire, che vorremmo accanto e che invece scivolano, si trasformano…mutano come la nostra stessa vita.
E ancora nella poesia “Ode all’imperfezione” (pag.66) troviamo il tempo che scorre, che ci modifica…la ruga, il neo, il corpo che cambia e all’inizio la fatica dell’accettazione ma dopo, giorno dopo giorno, accorgersi che anche questo è nostro, anche queste imperfezioni e cambiamenti ci appartengono e allora l’ansia e le incertezze cadono e iniziamo a vivere in altro modo, quasi in un’altra dimensione.
La poesia “Il peso del silenzio” (pag.79) ne è uno dei tanti esempi.
Per terminare questa breve recensione rammento la poesia: “Lieve” (pag.93) dove tutte le amarezze, i rimpianti, i ricordi dolori si fondono con le conquiste raggiunte, con l’amore dei figli e delle persone vicine e lontane (spesso più importanti e reali di quelle prossime) e allora si “percepisce” ancora più profondamente la bellezza e la unicità della propria vita, e Anna sa bene quanto questa sia preziosa.
Le poete e i poeti hanno il compito, gravoso e gioioso insieme, di fissare sulla carta le parole, per ricordare a coloro che non usano lo strumento della parola la gamma dei sentimenti. Una gamma che può andare dall’osservazione del blu del mare e la sua profondità, che ci riporta a nenie infantili e a ricordi marinareschi (come nel caso della nascita dell’autrice), per poi proseguire con il dono della luce lunare, con la grandezza di un sorriso o con la piccola stretta di mano delle bimbette.
Noi tutte e tutti siamo impastati di materia e di fiato, di anima e pensieri che ci agitano.
Anna Fresu è riuscita a raccoglierli, a scriverli e a porgerli con la semplicità che la caratterizza ma, con una grandezza d’animo e con una fine struttura poetica, per questo leggere “Fluida” non soltanto è un piacere ma è anche una scoperta di una gran parte di noi stessi/e.
Basta guardarsi intorno per trovare esempi di assurdità criminali.
(Il libro del potere, Simone Weil)
l’uomo che diventa una vite
i giardini coltivati e corda tiene
lo stupro l’aria muore le mosche –
oh! iddio che non salvi.
il mercato nei cesti di rosso
strada di mammelle e di vento
il cotone in cui sale spavento
non sai se è guardare.
Nadia Agustoni
Solo se si conosce l’imperio della forza e se si è capaci di non rispettarlo è possibile amare.
(Il libro del potere, Simone Weil)
Non ho voglia di aprire la bocca
di che cosa devo parlare?
che voglia o no, sono un’emarginata
come posso parlare del miele se porto il veleno in gola?
cosa devo piangere, cosa ridere,
cosa morire, cosa vivere?
io, in un angolo della prigione
lutto e rimpianto
io, nata invano con tutto l’amore in bocca.
Lo so, mio cuore, c’è stata la primavera e tempi di gioia
con le ali spezzate non posso volare
da tempo sto in silenzio, ma le canzoni non ho dimenticato
anche se il cuore non può che parlare del lutto
nella speranza di spezzare la gabbia, un giorno
libera da umiliazioni ed ebbra di canti
non sono il fragile pioppo che trema nell’aria
sono una figlia afgana, con il diritto di urlare.
Nadia Anjuman
La violenza schiaccia tutto quello tocca. Finisce con l’apparire estranea a colui che la esercita come a colui che la subisce.
(Il libro del potere, Simone Weil)
Ti
hanno
insegnato che
le tue gambe sono un pit stop
per uomini cui serve un luogo di sosta
un corpo sfitto abbastanza vuoto
da ospitare ma nessuno
viene mai né è
disposto a
restare
Rupi Kaur
E dove non c’è posto per il pensiero, non ce n’è anche per la giustizia e la prudenza. Ecco perché uomini armati agiscono in modo folle e spietato. Le loro armi affondano nel nemico disarmato che giace ai loro piedi; essi trionfano su un morente descrivendogli gli oltraggi che il suo corpo subirà.
(Il libro del potere, Simone Weil)
Gli alberi occupano l’aurora della famiglia. L’animale
è una massa di attenzione, la musica sale
dai gomiti appoggiati alla terra. La campagna, quel grumo essenziale
di rondoni e polvere serena è ora tavola, macero
e orinatoio, principio attivo dell’anima.
Lei trasformata
dalla scoperta che l’amore vibrava come un timpano d’acqua
dalla base del
tempo. Lo rivelano
le tracce ritrovate successivament in mare – sulla città di pietra
degli scogli
e l’impronta caucasica della scomparsa.
Mamma – mi sento come se volassi – davanti
a queste statue che ti somigliano. Indagine
della sbordatura plantare, la luce, – poco incline – sulla spalla:
rosa vinosa
d’alba fiorentina. Non mi hanno ridato l’impermeabile
che avevo offerto per coprire il suo eccesso di opacità.
Domando cosa non l’abbia fatta risplendere: il mio corpo di latte
era carico di misericordia. Sovrastate – restituite
allo stato di cose le sue ossa dolevano grandiosamente, mute
come respira muto dalle origini il neutro.
Maria Grazia Calandrone
Se si analizzassero … tutte le parole, tutte le formule che nel corso della storia umana hanno suscitato o spirito di sacrificio e insieme la crudeltà, si scoprirebbe che sono tutte ugualmente vuote.
Nel segno del duale: Borea di Simonetta Sambiase di Anna Maria Curci
Ringrazio la professoressa Anna Maria Curci della pregevole lettura di “Borea”su Poetarum Silva.
Ne trascrivo la prima parte sul mio piccolo blog. In calce, il link di Poetarum Silva dove continuare la lettura.
NEL SEGNO DEL DUALE:
BOREA di Simonetta Sambiae
di Anna Maria CURCI
«Due mondi – e io vengo dall’altro»: questo verso che si ripete in Diario bizantino di Cristina Campo costituisce una affermazione che colloca provenienze e disposizioni, una affermazione che non preclude la precisione dello sguardo e del dire e che tuttavia introduce ad altri ritmi, altri colori, altri toni nel profondo. È una affermazione che mi sembra particolarmente calzante per Borea di Simonetta Sambiase. Già nel titolo, Borea, si schiude l’accesso, ancor prima all’universo poetico di questa raccolta, all’immaginario di chi legge: Borea come vento del nord, come emisfero settentrionale, come figura mitologica, punto di riferimento per l’avvicendarsi delle stagioni: «ah Borea, Borea» ricorre due volte nel componimento finale della prima parte della raccolta, con un effetto duplice, quello di segnare il passaggio, di marcare il preludio a «un nuovo perimetro del caos», e quello di far brillare le polveri, di “incendiare” le parole nella cassa di risonanza di chi legge, di sollecitare connessioni.
Le due parti che compongono la raccolta, intervallate da Fiato (intermezzo pandemico), hanno nomi che recano il segno del duale: (I – Di giorno, lavoro e gironi di contorno) e (II – Di notte, perdono e filastrocche). Sono due dimensioni che si danno il cambio, con cadenza regolare. Senz’altro complementari, esse si presentano come l’una opposta dell’altra, l’una l’ombra dell’altra, due emisferi, appunto. Eppure è nel dilatarsi improvviso di quei cambi della guardia, nell’estendersi della zona grigia di confine (Zona grigia di mattina titolava Durs Grünbein una sua raccolta nel 1988), nelle trame espressive e nell’insinuarsi di sfumature cromatiche da una dimensione all’altra, che la parola dell’io poetico femminile e del suo interlocutore, indicato con il pronome alla seconda persona singolare (un sé maschile in dialogo con il sé femminile? un altro da sé?), dispiega il suo contrappunto. Già la seconda strofa del testo che apre la raccolta dà prova mirabile del coesistere di istanze e tensioni contrapposte:
Azzurra tempesta è un giorno come un altro una notte e l’altra sua ombra di notte prende aria perde cuscini spegne i confini fra poco, il mattino apre gli occhi e le abitudini mentre tu prosegui sveglia dove non ci si incontra non ci si libera non ci si riconosce non ci si fiata.
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Vi saluta e vi invita al viaggo dell’ultima parte dell’anno con il reblog di una firma importante del panorama critico letterario, Fernanda Ferraresso. Fernanda Ferraresso ha recensito Borea, il libro appena pubblicato da Terra d’Ulivi di Simonetta Sambiase.