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Oggi che i sostegni esterni nei quali l’uomo aveva riposto la sua fede sembrano vacillare,
è tanto più necessaria un’interiore certezza per sostenere ogni urto che possa venire dal di fuori.
Le forze della decadenza si fanno sentire ovunque: il conto in banca non è più un pensiero rassicurante;
troppo spesso si costruisce una fortuna come un bambino costruisce un castello di sabbia prima del sopraggiungere della marea; ogni sicurezza esterna sembra compromessa. C’è un’altra sicurezza nella quale rifugiarsi? L’uomo religioso, nei periodi oscuri, si è sempre rifugiato nel regno dello spirito, disprezzando i beni mondani. Ma questa fuga dal mondo non soddisfa l’uomo moderno che aspira ad una vita più completa e piena sulla terra. Egli desidera realizzare la propria spiritualità durante la vita, piuttosto che in un problematico al di là. Pure, l’interesse esclusivo per il mondo esterno si è dimostrato tanto insoddisfacente quanto la rinunzia ad esso. Come valutare la natura umana? Quale equilibrio tra gli estremi?
La comprensione è un bene inestimabile; ma per molti, specie per le donne, deve accompagnarsi a una pratica operante, se non si vuole vivere invano la propria vita. L’uomo crea l’idea e la donna la trasforma in realtà vivente.
Mary Esther Harding, La strada della donna, 1933
Breaking free: discriminiamo la violenza, non le persone. Testimonianze per
l’uguaglianza di genere e una società inclusiva.
Per costruire un clima di pace è necessario rendere la cittadinanza consapevole dei risvolti che possono prendere odio e violenza. Per questo verranno portate alla luce le storie delle donne vittime di violenze e dei loro bambini nati durante il conflitto degli anni novanta nell’ex-Jugoslavia. Ad oggi, in Bosnia Erzegovina queste categorie si trovano in condizioni di grande vulnerabilità sociale poiché vittime di pregiudizi e discriminazioni riguardo al loro passato fortemente stigmatizzato.
La mostra fotografica che verrà organizzata racconterà proprio la storia di questi bambini dimenticati dalla guerra che chiedono di essere accettati come membri di eguale dignità all’interno della società.
Creare uno spazio per mostrarsi è una grande possibilità per realtà così difficili e spesso sconosciute per arrivare al grande pubblico, come è successo nel 2018 quando è stato assegnato il premio nobel per la pace a Nadia Murad sopravvissuta alla schiavitù e alle violenze sessuali da parte dei militanti dello Stato islamico. La possibilità di poter portare testimonianze dirette sul territorio di Reggio Emilia sarà, per la cittadinanza, un’occasione per conoscere e far si che non si dimentichi il devastante conflitto dei Balcani; ma anche un’occasione di riflessione sulla propria realtà sociale, sui meccanismi che possono innescare violenza, discriminazione e ineguaglianza.
Queste iniziative si collocano a metà tra il Premio Nobel per la pace a Nadia Murad e Denis Mukwege per la loro lotta contro gli stupri di guerra (2018) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020).
Anteprima in italia
REGGIO EMILIA
Mostra fotografica “BREAKING FREE”
Inaugurazione Breaking Free 26 ottobre ore 17,30
Introduce Andrea Cortesi (Iscos Emilia Romagna) con interventi di Ajna Jusic (ForgottenChildren of War) e Luca Leone (giornalista e scrittore)
VOCI E STORIE DEI BAMBINI NATI DALLA GUERRA
dal 26.10 al 25.11- sabato e domenica 16.30-19.30
Reggio Emilia 2019
ORGANIZZATA DA:
ISCOS Emilia Romagna e Forgotten Children of War
PHOTO.ARTIST:
Sakher Almonem
PATROCINIO :
Comune di Reggio Emilia
OSPITATA DA:
Binario 49 – via Turri
IN COLLABORAZIONE CON:
CISL, Cooperativa sociale Madre Teresa, Associazione MirniMost, Fondazione E35, Casa Editrice Infinito Edizioni, Regione Emilia Romagna
ENTRATA LIBERA
ISCOS Emilia Romagna ha in attivo diversi progetti in Bosnia Erzegovina e proprio nella loro realizzazione ISCOS ha creato forti legami di collaborazione con alcune delle associazioni della società civile bosniaca. Il paesi è stato profondamente segnato dal conflitto del ‘92-’95 durante il quale sono stati compiuti gravi crimini di guerra a danno delle fasce più vulnerabili della popolazione come le donne e le minoranze etniche. Ad oggi in Bosnia ci sono ancora forti discriminazioni, e a testimonianza di ciò c’è l’associazione Forgotten Children of War fondata dai ragazzi nati a causa della guerra, figli di donne vittime di stupri, che combattono per il riconoscimento dei loro diritti a lungo ignorati. La mostra Breaking Free è inspirata proprio a loro, alle loro storie, alle loro madri, alle loro battaglie che sono rimaste per troppo tempo silenziose e invisibili. Le loro voci unite denunciano la realtà dei fatti, contro una comunità stigmatizzante e discriminante, per il raggiungimento di una società pacifica ed inclusiva.
… Festeggiare la lotta significa per noi guardare senza compiacimenti ma con orgoglio a quello che, in sinergia con Centri Antiviolenza, Ni Una Meno e tutte le soggettività femministe e transfemministe attive in ogni angolo del mondo, abbiamo “mosso” agitando acque morte e risvegliando spiriti sopiti, in questi. anni di moto ondoso permanente…
Seconda parte della chiusura estiva del blog dedicata al ricordo del passato di certo patriarcato molesto.
Sentiti e visti i bollori dell’estate e, soprattutto, avvertite con molestia certe nostalgie mai sopite di schiavismi fisici e intellettuali mascherate da nostalgie di “buon tempi passati”, il Golem femmina chiude la sua stagione ricordando che l’ispirazione prima del blog è passare passioni, seguita dal credo assoluto che la dignità non sia un istituto politico variabile ma il diritto umano assoluto. E che la reiterazione di certe pruderie autoritarie che circondano quest’estate spaventa, ma non zittisce le coscienze. Quelle femministe dovranno tenere alta l’attenzione a partire da settembre e dal decreto Pillon, se il governo non cadrà. A questa ipotesi di norma, già trattata negli scorsi post del blog, dedichiamo le foto trovate in rete dei decaloghi di accettazione sociale delle “buone mogli” degli anni appena trascorsi, come letteratura di “infelicità umana e sociale”.
Riapriremo il blog nella prima settimana di settembre. Passando la passione più grande, la poesia. Ma promettiamo di ritornare anche a provare a (di)segnare sul blog la passione sociale ed etica che popola ancora la maggior parte di questo Paese.
Buona poesia a tutti*, Buona (r)esistenza a tutt*, buon Ferragosto felice.
«Antigone, è vero quello che dicono? È vero?
Dove sono le prove?»
(Corrado Benigni da Tribunale della mente)
TERZA LETTERA AD ANTIGONE
di Cristina Alziati
Non ti mando la foto, ti descrivo.
Sulla riva, distesi sotto il sole, vedi,
i bei bagnanti, e i pueri, e il cadavere
poco discosto, soltanto dall’acqua lambito.
Non fosse per i vestiti ― per gli stracci ―
diremmo che è uno del gruppo, fra quelli
ridenti, uno vivo. È un giorno di festa.
Arriveranno gli addetti, più tardi,
a sgomberare quel corpo; altrove
si sbrigherà una pratica,
faranno un’autopsia, verrà inumato.
Questo però non c’è, nella fotografia.
E nemmeno la bava, domani, dei giornali
né la pena beghina per quel morto,
“zingaro – dirà qualcuno – ma bambino…”
C’è questa roccia, invece
fra il cisto e i rosmarini,
questa roccia residua da cui scrivo,
e dentro l’aria una preghiera
e il mare intero, lento
che prima degli addetti il corpo
si porta via, l’istante prima.
C’è il resto del paesaggio a sua custodia.
MY FATHER SAID
di Athena FARROKHZAD
My father said: Your brother shaved before his beard started to grow
Your brother saw the terrorist’s face in the mirror
and wanted a flat iron for Christmas
My brother said: Some day I want to die in a country
where people can pronounce my name.
(MIO PADRE RACCONTAVA)
Mio padre raccontava: tuo fratello si radeva la barba prima che crescesse
Tuo fratello vedeva il volto di un terrorista allo specchio
e a Natale volle una piastra per lisciare i capelli
Mio fratello diceva: Un giorno, vorrei morire in un Paese
dove la gente riesce a pronunciare il mio nome.
trad. S.Sambiase)
ANTIGONE
di William Butler Yeats
Overcome — O bitter sweetness,
Inhabitant of the soft cheek of a girl —
The rich man and his affairs,
The fat flocks and the fields’ fatness,
Mariners, rough harvesters;
Overcome Gods upon Parnassus;
Overcome the Empyrean; hurl
Heaven and Earth out of their places,
That in the Same calamity
Brother and brother, friend and friend,
Family and family,
City and city may contend,
By that great glory driven wild.
Pray I will and sing I must,
And yet I weep — Oedipus’ child
Descends into the loveless dust.
William Butler Yeats
SABATO 6 LUGLIO, a partire dalle H 17, al CIRCOLO anarchico BERNERI, in via Don Minzoni 1/A, a Reggio Emilia, il comitato cittadino di Non Una Di meno, terrà un’ ASSEMBLEA APERTA, e chiunque vorrà, potrà partecipare ai temi cruciali del movimento, che sono stati al centro delle iniziative e azioni di lotta nei quasi tre anni di vita del nostro movimento.
“Dalla presentazione di Non Una Di Meno – scrive il comitato cittadino – e della sua breve ma già significativa storia, alle questioni del contrasto alla violenza di genere come fenomeno sistemico, pervasivo e strutturale, dello sciopero femminista globale con l’astensione rivoluzionaria dal lavoro di produzione e di riproduzione sociale, dell’intersezionalità, dell’antisessismo e antirazzismo, del transfemminismo. Dai tentativi di annullare le conquiste più significative dei movimenti femministi sul piano della legislazione e delle norme, stravolgendo le leggi in vigore e cercando di imporre trappole legislative e normative per favorire il ritorno alla famiglia e alla società patriarcale (DDL Pillon, mozioni e odg sull’interruzione volontaria di gravidanza e sull’obiezione di coscienza presentati in diversi Consigli comunali in tutta Italia, Emilia Romagna compresa…), al tema della transnazionalità del movimento e delle lotte condotte in tantissimi Paesi nel mondo con obiettivi e modalità comuni. Temi importanti e impegnativi, da approfondire e condividere con altre soggettività convergenti in vista della lunga e intensa stagione di lotta che ci attende dopo l’estate, quando saremo chiamate a dispiegare al massimo la nostra potenza trasformatrice”.
Solo il due aprile di quest’anno le donne raggiungeranno la parità di stipendio del 2018 dei loro colleghi maschi. E’ il fenomeno del gender pay, che ci dice come le lavoratrici di tutto il mondo ci impieghino mesi in più per raggiungere la parità salariale di genere. Ed ogni anno il divario (l’ingiusto divario) viene misurato in tutto il mondo con indicatori stabiliti che dimostrano quanto ci si allontani, nazione per nazione, dalla parità auspicata.
Anche l’Unione Europea misura il gender employment gap e stabilisce il suo giorno di gender gap europeo (qust’anno è stato il 27 febbraio) facendo la media statistica dei suoi Paesi membri. L’ultima tabella riassuntiva è stata pubblicata il sette marzo, e si riferisce alla forza lavoro dai 20 ai 64 anni. L’Italia è riuscita a peggiorare il suo divario. Siamo ad un passo dall’ultimo posto in tutta Europa per la parità retributiva fra i generi. Pochi punti ancora e tocchiamo il fondo, che in questa classifica tocca a Malta.
Ecco la tabella:
(fonte in rete:
https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/EDN-20190307-1
Dieci anni di crisi hanno notevolmente inciso sulla qualità del lavoro femminile, frantumandolo nei rivoli del part time involontario e del part time imposto per carichi di cura, laddove un’ organizzazione del lavoro inflessibile si dimostri inconciliabile con i tempi di vita delle famiglie, senza poi dimenticare di segnare l’uso e abuso dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Ecco la fotografia degli ultimi due anni del mercato del lavoro italiano censiti dal” XX rapporto del lavoro e della contrattazione collettiva” del Cnel del febbraio scorso:
“Nel complesso, rispetto ai livelli pre-crisi, mancano ancora un milione e100mila occupati se si riportano le ore lavorate a unità di lavoro equivalenti full time.
La quantità di posizioni a tempo parziale createsi in una fase di debolezza del mercato del lavoro rivela come la riduzione degli orari per occupato abbia rappresentato una delle modalità con cui il sistema produttivo si è riorganizzato come risposta alla crisi.
L’aumento del part time è legato anche alla forte riduzione che si è verificata in questi anni nel numero di persone inattive; l’aumento dell’offerta di lavoro (soprattutto femminile) si è tradotto sia in un aumento della disoccupazione che in un aumento del lavoro di carattere “marginale”.
Su questo punto si innesta il tema della qualità del lavoro. La dimensione quantitativa della domanda di lavoro si accosta a cambiamenti di rilievo nella composizione in termini di stabilità dei posti di lavoro, livelli salariali, prospettive di carriera e più in generale tutti quegli elementi che concorrono a determinare il grado di soddisfazione del lavoratore e che non possono essere colti semplicemente attraverso il passaggio dallo stato di disoccupato o inattivo a quello di occupato. Da questo punto di vista, l’aspetto più significativo della fase recente è rappresentato dal fatto che la crescita degli occupati si è rivelata particolarmente intensa per la componente dei contratti a tempo determinato”.
Lavoro a tempo determinato per inoccupate giovani e non giovani, part time involontario per chi rientra dalla maternità o per strutturazioni aziendali forzate o per carichi di cura senza il sollievo di un walfare sociale o aziendale, si trasformano in povertà economica che viene addirittura a raddoppiare nel momento della pensione, quando la scarsità di contributi riduce la fonte di sostentamento al di sotto della dignità economica. A questi dati si aggiunge anche il divario del gender pension pay (si definisce internazionalmente così il divario pensionistico fra uomo e donna) che tocca in Italia il 32 % in meno. Qualificare e riqualificare la dignità del salario femminile è un’esigenza improrogabile alla luce di questi dati, eppure, apparentemente, questo problema non è prioritario nelle agende di progettazione economica e politica. Si allontana continuamente l’attenzione verso dei provvedimenti che possano invertire la rotta (a picco sulla povertà), come se il destino economico delle donne non fosse il destino economico di metà del Paese. Come se mettere in campo dei provvedimenti di giustizia economica per le lavoratrici non fosse un dovere democratico. Lavoratrici che incidono sia sul Prodotto Interno Lordo sia sul “Prodotto Sociale Lordo”, un indicatore immaginario in cui si presta lavoro continuativo senza scopo di lucro ma con finalità di sussitenza e di continuità di specie, perchè, a conti fatti, se le donne fermassero il loro lavoro di cura, la stessa società come la finora l’abbiamo intesa, finirebbe.
Un primo esempio presto fatto e messo in evidenza: l’attacco continuo alla maternità. Nonostante la legge sulla maternità sia una delle piu’ protettive d’Europa, il ritorno in azienda dopo l’astensione facoltativa è un percorso ad ostacoli. Un altro esempio rigurda alcuni criteri per definire i premi di produzione: è inconcepibile dovere ascoltare ancora oggi proposte di premi di produzione legati alla presenza dei lavoratori in azienda e non agli obiettivi di produttività da raggiungere. Se tutte le lavoratrici rinunciassero alla maternità per sottomettersi a degli standar di obiettivi legati solo alla presenza, il Paese si spopolerebbe ancor di piu’ di quanto si sta desertificando di figli in questi decenni. Inoltre, legare ancora la presenza e non la produttività o l’obiettivo nel premi aziendali o nelle progressioni di lavoro, sarebbe un modo per penalizzare quelle lavoratrice costrette a ricorrere allo strumento dei permessi della legge 104/92, già in forte pena per le loro difficili condizioni di conciliazione vita, affetti bisognosi di cura, lavoro.
La penultima posizione dell’Italia nella tabella europea del gender pay è lî a ricordarci che nulla è stato fatto per risalire la cima anche quest’anno. Eppure, il primo articolo della Costituzione recita chiaramente che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro, non sulle ingiustizie sociali.
riferimenti in rete
https://www.pay-equity.org/day.html
https://www.cnel.it/Documenti/Rapporti