Femminismo tra memoria e militanza. L’intervento alla mostra di Reggio Emilia di Gabriella Gianfelici.

 

 

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Legge di Bilancio 2020. Le misure di genere negli articoli del documento economico legislativo.

L’anno è appena cominciato. Con quasi mille articoli di indicazioni e norme per definire un triennio di visione del percorso economico del Paese, è stato licenziato il Bilancio di previsione economica dello Stato. Dentro il lungo documento legislativo, con la lente d’ingrandimento fra gli  articoli, si vanno a cercare e trovare negli obiettivi, le misure a favore del genere. E, ancor più d’inciso, vista la natura della legge, le risorse stanziate a favore di quelle misure. Le indicazioni ci sono? Si, ci sono. I soldi anche. Ma non moltissimi. Mentre per fortificare il cambiamento delle opportunità socio-economiche delle donne e dei giovani le risorse da mettere nel portafogli del Paese dovrebbero invece traboccare. Per invertire, finalmente, quella (tacita?) tendenza al proclama e alla misura d’emergenza che ha il fiato corto del fuoco di paglia, che riscalda poco e non protegge dall’inverno; quella tendenza alla “folk politics” insomma, che negli ultimi tempi ha regnato in lungo e largo nella nazione. Poiché l’esigenza di valutare e richiedere misure economiche costanti, strutturali e mirate ad obiettivi di lungo termine e respiro per le pari opportunità non è una visione d’antan, ma la coniugazione di improcastinabili futuri sostenibili e universalisti, così come impone l’ obiettivo numero cinque dell’Agenda 2030, che rimarca le linee guida di una diversa ed etica organizzazione delle società. Nel cuore dell’obiettivo dell’Onu c’è il dovere per gli stati di mettere in moto tutte le misure per “garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera “. L’umanità intera di un proclama ecumenico. Utopico. Decennale. Basterà?

L’azione si sposta agli atti operativi per la realizzazione di questa società pacificata nel nostro Paese. Nella lettura di quali e quanti articoli di questo  documento di bilancio nazionale siano dedicati alle pari dignità.
Quali visioni, quali opportunità, quali strumenti economici, etc.
Saltano agli occhi,  ad esempio, in termini di incisività, i fondi stanziati per incrementare le università a “provvedere ad inserire nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o a potenziare i corsi di studi di genere già esistenti” (art. 354) incrementandoli con un milione di euro per tutto il territorio nazionale.
Ci si chiede se la libertà concettuale del provvedimento sia dovuto nel rispetto dell’autonomia universitaria o da un mancato confronto con il magmatico fluire dei valori del gender? Che sia essa stessa valore quella relatività del fondo destinato ad incrementare i corsi di studi di genere negli atenei,  talmente vaga e generica da lasciare spazio ad ogni tipo di interpretazione arbitraria nella problematica tematica e metodologica dei progetti di ricerca che accederanno ai fondi. In quali campi le “educazioni alle differenze di genere” dovranno essere rilevate (o coltivate o inventate)  per portare il Paese fuori da quelle posizioni da fanalino di coda nelle statistiche internazionali sul rispetto del Gender Pay, ad esempio?
Quale scelte metodologiche devono essere operate (se non parzialmente ricostruite) all’interno della diffusione della cultura generale, ed ancora nella cultura femminista della letteratura ed ancor più in generale sulla scrittura femminile? Come si intendono tradurre gli “studi di genere”? Come si intende costruire un percorso qualitativo di ricerche di genere negli studi universitari? Quali saranno le visioni, le storicizzazioni, le misurazioni e quali le piattaforme di strumenti culturali da mettere in ogni campo della conoscenza che un ateneo deve progettare ed operare? E’ questa un’operazione economica di respiro “orizzontale”? A pochi articoli di seguito, si legge che si destina una cifra quasi analoga a quella stanziata per gli atenei al Ministero della salute per promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione per gli animali di affezione (Art. 453). Affezioniamoci al genere e ai cani, qualcosa di buono ne verrà fuori, siamo un paese buonista.

In agricoltura, settore d’eccellenza, hanno le idee più chiare. All’art. 504, al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile in questo campo, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

Continuando la lettura  della legge di Bilancio in ottica di genere, si trova nell’articolo 181, un esonero del versamento del cento per cento dei contributi previdenziali ed assistenziali, con l’esclusione di quelli infortunistici, entro un limite massimo di 8000 euro all’anno per le società sportive che “stipulano con atlete contratti di lavoro sportive”. Un sospiro di sollievo almeno fino al 2022 per tutte le professioniste dello sport che da anni portano in alto i nostri medaglieri alle competizioni internazionali. Almeno per questo triennio.  Che potrà vederle (nei limiti massimi di 8000 euro all’anno di sgravi) comparate remunerativamente ai loro colleghi uomini. Spostando la competizione dai campi della previdenza sociale a quella delle attività agonistiche, come dovrebbe essere già fatto fin dal licenziamento della nostra Costituzione.

Rifinanziato all’art. 353, il “piano straordinario contro la violenza sessuale”, incrementato di 4 milioni di euro (fondo da ripartire su tutto il territorio nazionale) per gli anni 2020\2022. Poco più giù, agli articoli che vanno dal numero 486 al numero 489, viene messo nero su bianco la “non responsabilità economica” dei figli e delle figlie rese orfani da femminicidi. Si stabilisce infatti che: “Per il triennio 2020-2022, i crediti vantati dallo Stato nei confronti degli autori di un delitto di omicidio, sorti in conseguenza della commissione del reato medesimo, commesso contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole ovvero ad esso legata da relazione affettiva non sono imputabili ai beni ereditari trasmessi ai figli minori, ovvero maggiorenni non economicamente autosufficienti, nati dalle predette relazioni, purché estranei alla condotta delittuosa”. Si chiude così un paradosso nazionale che vedeva i figli resi orfani della propria madre da un padre omicida, costretti a pagare per lui. Un percorso ad alto spargimento di ostacoli, quello dei femminicidi, in cui i traguardi sembrano irraggiungibili, va scritto per dovere, non solo nel nostro Paese, a riprova che la misoginia è una disgrazia che ha occupato tutta la terra emersa. Che gli articoli di questa legge possano essere un efficace antidoto a questa malattia, lo si peserà più avanti nel suo cammino. L’anno è appena cominciato.

 

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/30/19G00165/sg

BREAKING FREE. Venticinque anni dopo Srebrenica.

 

Breaking free: discriminiamo la violenza, non le persone. Testimonianze per

l’uguaglianza di genere e una società inclusiva.

Per costruire un clima di pace è necessario rendere la cittadinanza consapevole dei risvolti che possono prendere odio e violenza. Per questo verranno portate alla luce le storie delle donne vittime di violenze e dei loro bambini nati durante il conflitto degli anni novanta nell’ex-Jugoslavia. Ad oggi, in Bosnia Erzegovina queste categorie si trovano in condizioni di grande vulnerabilità sociale poiché vittime di pregiudizi e discriminazioni riguardo al loro passato fortemente stigmatizzato.

La mostra fotografica che verrà organizzata racconterà proprio la storia di questi bambini dimenticati dalla guerra che chiedono di essere accettati come membri di eguale dignità all’interno della società.

Creare uno spazio per mostrarsi è una grande possibilità per realtà così difficili e spesso sconosciute per arrivare al grande pubblico, come è successo nel 2018 quando è stato assegnato il premio nobel per la pace a Nadia Murad sopravvissuta alla schiavitù e alle violenze sessuali da parte dei militanti dello Stato islamico. La possibilità di poter portare testimonianze dirette sul territorio di Reggio Emilia sarà, per la cittadinanza, un’occasione per conoscere e far si che non si dimentichi il devastante conflitto dei Balcani; ma anche un’occasione di riflessione sulla propria realtà sociale, sui meccanismi che possono innescare violenza, discriminazione e ineguaglianza.

 

Queste iniziative si collocano a metà tra il Premio Nobel per la pace a Nadia Murad e Denis Mukwege per la loro lotta contro gli stupri di guerra (2018) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020).

Anteprima in italia

REGGIO EMILIA

Mostra fotografica “BREAKING  FREE”

Inaugurazione Breaking Free 26 ottobre ore 17,30

Introduce Andrea Cortesi (Iscos Emilia Romagna) con interventi di Ajna Jusic (ForgottenChildren of War) e Luca Leone (giornalista e scrittore)

VOCI E STORIE DEI BAMBINI NATI DALLA GUERRA

dal 26.10 al 25.11- sabato e domenica 16.30-19.30

Reggio Emilia 2019

ORGANIZZATA DA:

ISCOS Emilia Romagna e Forgotten Children of War

PHOTO.ARTIST:

Sakher Almonem

PATROCINIO :

Comune di Reggio Emilia

OSPITATA DA:

Binario 49 – via Turri

IN COLLABORAZIONE CON:

CISL, Cooperativa sociale Madre Teresa, Associazione MirniMost, Fondazione E35, Casa Editrice Infinito Edizioni, Regione Emilia Romagna

ENTRATA LIBERA

ISCOS Emilia Romagna ha in attivo diversi progetti in Bosnia Erzegovina e proprio nella loro realizzazione ISCOS ha creato forti legami di collaborazione con alcune delle associazioni della società civile bosniaca. Il paesi è stato profondamente segnato dal conflitto del ‘92-’95 durante il quale sono stati compiuti gravi crimini di guerra a danno delle fasce più vulnerabili della popolazione come le donne e le minoranze etniche. Ad oggi in Bosnia ci sono ancora forti discriminazioni, e a testimonianza di ciò c’è l’associazione Forgotten Children of War fondata dai ragazzi nati a causa della guerra, figli di donne vittime di stupri, che combattono per il riconoscimento dei loro diritti a lungo ignorati. La mostra Breaking Free è inspirata proprio a loro, alle loro storie, alle loro madri, alle loro battaglie che sono rimaste per troppo tempo silenziose e invisibili. Le loro voci unite denunciano la realtà dei fatti, contro una comunità stigmatizzante e discriminante, per il raggiungimento di una società pacifica ed inclusiva.

Poesie femministe al Festival della Favolosità di Reggio Emilia

 Siamo
l’unione delle cose
amalgamate
fino a quello sprazzo violetto
profumo accompagnato da mani
sorelle sulla terra
venire…..
ed ogni liquido
è un figlio nello spazio.
Ti sei fermata
e l’argento bianco profanato
lasciato dagli uomini
sulla luna
toccato
dalla lanugine di un cucciolo
imbrigliato nel vento.
Mi hai detto t’amo
e l’esplosione s’è sentita lontano
ed ora siamo capitate sul mondo
quel sogno d’altro anno
quando aspettavo
in un mondo di uomini.
Siamo

Tilde
dall’antologia “Da donna a donna
a cura di Laura Di Nola

Nel festival della Favolosità che Non Una Di Meno ha organizzato a Reggio Emilia, la domenica sera prende spazio anche la narrazione poetica attraverso la rivisitazione di testi femministi rielaborati in drammaturgia dalle attrici del laboratorio MaMiMò, Lara Sassi, Margherita Prodi, Laura Visalli e Silvia Cristofori. Non poteva essere diversa la scelta, data la specificità della narrazione dei due giorni reggiani elaborata dal movimento Nudm che negli ultimi anni ha ridato vita ad una forte campagna di mobilitazione e (ri)unito le istanze politiche e culturali del femminismo, in rete con gli altri movimenti internazionali per le azioni politiche di contrasto ai quei regimi di “patriarcato globale” che “producono e amministrano la diseguaglianza e la violenza” come ricorda Judith Butler. La poesia civile e femminista, laicamente rivendicativa dei diritti di autodeterminazione e pari dignità civile e sociale fra i sessi, non porta con sé quasi mai una pace critica, come conseguenza della sua ereditaria natura di parte della poesia femminile, costola “spinosa” del patrimonio poetico, che segue un cammino quasi parallelo in esso, fin dalle rivendicazioni e visibilità delle sue stesse “madri culturali”, come le chiama Biancamaria Frabotta, che ancora oggi soffrono di una minore equità di rappresentanza e diffusione nelle scelte critiche e nelle stesse storicizzazioni, in cui l’esame del testo (o meglio, il piacere del testo) fatica ad emergere perfino nella sua diffusione “paritaria”. La diffusione culturale non è “neutra” : è più facile reperire un’antologia tematica che un’antologia di letteratura poetica in cui i testi passino attraverso l’esistenza congiunta dei generi. Scrive Andrea Cortellessa: “Il problema non può essere di contenuti in quanto tali. Altrimenti davvero un’antologia di poeti donne non avrebbe un senso molto maggiore che una di poeti dai capelli biondi”. I contenuti, il lavorio del testo è il punto di vista in cui riconoscere un linguaggio e posizionarlo in una scala di valori ontologici, e dal “punto di vista dei problemi teorici che la discussione sulla poesia femminile apre sono pochi, oltre le donne a volerci applicare un po’ d’acume – scrive la Frabotta. Fortini, anche se molto brevemente, suggerirà una distinzione fra fondazione immaginativa del linguaggio, di origine femminile, e sistema dei valori o istituzione poetica, maschili”. Ma è il testo la partenza e l’arrivo di ogni firma, oltre il genere o dentro di esso. Gioco forza, ricordare che i grandi editori solo in piccolissima parte mettono in stampa firme poetiche femminili, e accanto ad una raccolta antologica di Amalia Rosselli o di Jolanda Insana ve ne sono migliaia di Quasimodo e decine di Zanzotto.
“Eravamo senza voce – ricorda spesso la poeta Gabriella Gianfelici – e abbiamo lottato per sanare la disfonia della storia mettendoci a lavorare per ritrovare le voci perse. Questa lotta era comune in quei collettivi femministi italiani degli anni ’60 che si interessavano di letteratura”. Il web ha dato una parziale inversione di rotta a questi silenzi, soprattutto nella diffusione di blog e riviste culturali in cui è possibile crearsi una biblioteca personale “sovraculturale”, in cui legare (o slegare) i percorsi di lettura femminile alla lettura universalistica, permettendo l’incrocio di più “direzioni” di scritture, di arricchimenti, di conoscenze. Così come i festival di poesia, diffusi e consolidati in gran parte del territorio nazionale. Da domenica, se ne aprirà un altro di incrocio , quello reggiano della Favolosità. I testi scelti dalle attrici sono in parte tratti (giustappunto) da un’antologia del 1976, “Da donna a donna”, a cura di Laura di Nola, che per scelta ideologica non riportava che i nomi di battesimo delle poete e dalla lunga cantilena “Quelle del movimento di liberazione”, testo liberamente tratto e tradotto dalla poesia francese “Les celles du mouvement des liberation des femmes “ costruito “in progress” nei collettivi d’Oltralpe dal 1970 al 1976 circa. Accanto ad essi, due poesie di femministe americane, Sandra Hochman e Jean Teppermann, entrambi scritti negli anni ’70.

festival femminista a Reggio emilia

Per avere delle informazioni più dettagliate sull’evento, NUND ha creato una pagina facebook, di facile accesso:
https://www.facebook.com/events/2484496608449199/

Bibliografia:
riferimenti in rete x Andrea Cortellessa
http://www.leparoleelecose.it/?
Biancamaria Frabotta, Letteratura al femminile, De Donato editore, bari 1980

Festival della Favolosità a Reggio Emilia. Non Una Di Meno in festa.

festival femminista a Reggio emilia

… Festeggiare la lotta significa per noi guardare senza compiacimenti ma con orgoglio a quello che, in sinergia con Centri Antiviolenza, Ni Una Meno e tutte le soggettività femministe e transfemministe attive in ogni angolo del mondo, abbiamo “mosso” agitando acque morte e risvegliando spiriti sopiti, in questi. anni di moto ondoso permanente…

 


festival femminista a Reggio Emilia

2\2. SI RIAPRE E C’E’ DA FARE. Bandi, Concorsi e Forum per donne resilienti.

“E’ tempo che la pietra accetti di fiorire.
Che l’affanno abbia un cuore che batte.
E’ tempo che sia tempo.
E’ tempo”
P. Celan

La pausa è stata breve. Tanto breve che dentro c’è caduto un governo. Agosto è stato veloce. Settembre bussa alle porte e chiede di continuare a creare arte e cultura resiliente. Di progettare un mondo conciliante con le esigenze personali e quelle lavorative. E di non smettere mai di progettare futuro. E’ tempo che sia tempo di ricominciare a pacificare il tempo e di inquietare l’accidia, di tornare resiliente a inventare ossimori di vita etica felice. Nulla cambia nella direzione del Golemf. In attesa che qualcosa cambi. Nel mezzo, il fervore del fare, con la segnalazione di invitanti bandi declinati al femminile e, sottotraccia, un forum nazionale per parlare di donne e lavoro.

 

Telecamera in spalla: Concorso video

LIBERAZIONI CREATIVE
– DONNE LIBERE DA OGNI FORMA DI VIOLENZA –
promosso dal Servizio Officina Educativa – Partecipazione Giovanile e Benessere in collaborazione con Ufficio Pari Opportunità del Comune di Reggio Emilia, Associazione Nondasola, Associazione Cine Club Reggio, Reggio Film Festival e con il sostegno della Regione Emilia Romagna.

Il bando, aperto a giovani videomaker dai 18 ai 34 anni, promuove la creazione di video/spot di sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza di genere e sui presupposti culturali che contribuiscono ad alimentarla.
I video selezionati saranno presentati l’8 novembre e premiati il 18 novembre, all’interno del Reggio Film Festival.

link ufficiale

https://portalegiovani.comune.re.it/?p=30722

Al lavoro, ragazze!

La Regione Emilia Romagna mette in campo un milione di euro per progetti a carattere biennale finalizzati a:

realizzare iniziative che si prefiggano di intervenire, in modo diretto o indiretto, in favore dell’accesso e qualificazione dell’attività lavorativa delle donne (dipendente, autonoma, imprenditoriale o professionale), perseguendo, in particolare, le finalità specifiche di favorire la riduzione del differenziale salariale di genere e la diffusione della cultura di impresa tra le donne e di rafforzare il ruolo delle donne nell’economia e nella società;
promuovere ed incrementare progetti di welfare aziendale e welfare di comunità che migliorino una organizzazione del lavoro e incidano favorevolmente sulla qualità della vita delle persone, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’AGENDA 2030.

link ufficiale

http://parita.regione.emilia-romagna.it/leggi-atti-bandi/bandi-regionali-2019/deliberazione-di-giunta-regionale-1242-del-22-07-2019

Bando per la presentazione di progetti volti a sostenere la presenza paritaria delle donne nella vita economica del territorio, favorendo l’accesso al lavoro, i percorsi di carriera e la promozione di progetti di welfare aziendale finalizzati al work-life balance e al miglioramento della qualità della vita delle persone.

FUORI NOTA

Segnaliamo  il Forum del settimanale Elle Weekly

DONNE & LAVORO  

ELLE ACTIVE!
IL FORUM DELLE DONNE ATTIVE
9-10 novembre
Università Milano Bicocca
iscrizioni gratuite su
Elle active.hearst.it

 

Per tutta la passione che vorrete condividere, la mail è sempre la stessa

golemf@virgilio.it

LE REGOLE DEL BORDELLO – Immagini d’antan contro la dignità della donna perse nella rete.

Sentiti e visti  i bollori dell’estate e, soprattutto, avvertite con molestia certe nostalgie mai sopite di schiavismi fisici e intellettuali mascherate da nostalgie di “buon tempi passati”, il Golem femmina chiude la sua stagione ricordando che l’ispirazione prima del blog è passare passioni, seguita dal credo assoluto che la dignità non sia un istituto politico variabile ma il diritto umano assoluto. E che la reiterazione di certe pruderie autoritarie che circondano quest’estate spaventa, ma non zittisce le coscienze.  Spaventa anche l’accidia di chi non vuole ricordare il passato come luogo di coercizione femminile, o meglio di una parte di esso, quello che scontava la peggiore delle pene, la povertà economica e\o sociale. A cui veniva destinato il peggiore degli inferni maschili, la “casa del piacere”, “la casa dei dindini dorati” o altri delicati nomi per indicare il bordello.  Le regole erano semplici. Tutto concesso, ma “i servizi” dovevano pagare in anticipo. Non fosse mai che una delle “donne” crepasse durante uno stupro di gruppo (permesso e disponibile ma solo a richiesta) e i clienti volessero risparmiare sul “servizio”. Gli originali manifesti li troverete in vendita per qualche dollaro su e-bay, dove Madame Dora o Madame Josie possono essere acquistati con tutta tranquillità nel loro delirio di tempo andato. Noi qui, facciamo invece resistenza e memoria.

 

 

 

NON UNA DI MENO REGGIO EMILIA – Questioni di genere e prospettive di lotta.

 

SABATO 6 LUGLIO, a partire dalle H 17,  al CIRCOLO anarchico BERNERI, in via Don Minzoni 1/A, a Reggio Emilia, il comitato cittadino di Non Una Di meno, terrà  un’ ASSEMBLEA APERTA,  e chiunque vorrà, potrà partecipare ai temi cruciali del  movimento, che sono stati al centro delle iniziative e azioni di lotta nei quasi tre anni di vita del nostro movimento.

“Dalla presentazione di Non Una Di Meno – scrive il comitato cittadino –  e della sua breve ma già significativa storia, alle questioni del contrasto alla violenza di genere come fenomeno sistemico, pervasivo e strutturale, dello sciopero femminista globale con l’astensione rivoluzionaria dal lavoro di produzione e di riproduzione sociale, dell’intersezionalità, dell’antisessismo e antirazzismo, del transfemminismo. Dai tentativi di annullare le conquiste più significative dei movimenti femministi sul piano della legislazione e delle norme, stravolgendo le leggi in vigore e cercando di imporre trappole legislative e normative per favorire il ritorno alla famiglia e alla società patriarcale (DDL Pillon, mozioni e odg sull’interruzione volontaria di gravidanza e sull’obiezione di coscienza presentati in diversi Consigli comunali in tutta Italia, Emilia Romagna compresa…), al tema della transnazionalità del movimento e delle lotte condotte in tantissimi Paesi nel mondo con obiettivi e modalità comuni. Temi importanti e impegnativi, da approfondire e condividere con altre soggettività convergenti in vista della lunga e intensa stagione di lotta che ci attende dopo l’estate, quando saremo chiamate a dispiegare al massimo la nostra potenza trasformatrice”.

Il lavoro somministrato è donna?

Ebitemp è l’ente bilaterale per i lavoro somministrato, (quello che una volta si indicava come lavoro interinale), contratto apparso nel mercato del lavoro italiano con la cosiddetta “legge Biagi” del 2003. Gli enti bilaterali, ricordiamo,  sono “tavoli d’incontro” fra associazioni di datori di lavoro di un determinato settore produttivo (il commercio, il turismo, la vigilanza, etc) e sindacati maggiormente rappresentativi di quella tipologia di lavoro. Uno dei rapporti annuali dell’Ebitemp ha approfondito il “lavoro in affitto” in ottica di genere. Ecco il link dove potete leggere tutto contenuto:

https://ebitemp.it/wp-content/uploads/2019/03/La-Somministrazione-di-Lavoro-in-una-prospettiva-di-genere.pdf

Le fonti dei dati utilizzati per compilare il rapporto sono state tre: INAIL, ISTAT, FORMATEMP (questi ultimi utilizzati come variabile di controllo).

Il primo dato che salta agli occhi è quello dell’utilizzo massiccio del part time orario da parte delle lavoratrici.

Segna il rapporto:

Circa il 40% delle donne in somministrazione sono occupate a tempo parziale contro il 10% circa dei colleghi maschi. Si presume che il tempo parziale possa rappresentare un modo per conciliare professione e attività di cura; occorre, però, domandarsi se il part time costituisca una vera scelta o una scelta obbligata. In altre parole, occorre verificare in che misura il part time nasconda fenomeni di sotto occupazione.

E si torna a parlare della differenza retributiva, generata, secondo il rapporto 2019, anche stavolta dal tempo lavorativo parziale.

La retribuzione media delle lavoratrici in somministrazione è inferiore del 17% circa a quella degli uomini ma ciò sembrerebbe dipendere dalla alta percentuale di donne occupate a tempo parziale (circa il 34% contro il 13% dei colleghi maschi).

A parità di ore, il rapporto evidenza invece un’uguaglianza di stipendio.

Il confronto delle retribuzioni a parità di regime orario mostra un totale allineamento fra uomini e donne.

Questa lettura rifletterebbe la complessità degli istituti aggiuntivi delle buste paga delle lavoratrici a tempo indeterminato, che determinerebbero una forte ingiustizia economica, il gender pay gap, che invece a parità di contratto iniziale, non comparirebbero.

Terzo dato importante, il turn over.

Dai dati INAIL si desume che le donne svolgono missioni più brevi e che sono sottoposte a un maggior turn over rispetto ai colleghi maschi. Se gli uomini occupati in somministrazione usufruiscono di 47,5 giornate retribuite in media trimestrale nel 2017, le donne dispongono di 44 giornate con un differenziale del -7,4% a loro sfavore. Inoltre, se le donne svolgono 5,3 missioni in un anno, per gli uomini il dato si ferma a 4,2 missioni in un anno. Di conseguenza, la durata media delle missioni per le donne è di 8,3 giornate retribuite contro le 11,2 degli uomini. Il dato indica solo ordini di grandezza generali, in quanto, in questo caso, la dispersione intorno alla media è molto elevata.

Altro elemento che balza agli occhi, è la “femminilizzazione” delle professioni:

La “femminilizzazione” delle professioni

La distribuzione di uomini e donne in somministrazione per tipo di professione svolta vede una maggiore presenza relativa delle donne nelle professioni tecniche, in quelle esecutive di ufficio e nelle professioni qualificate del commercio e dei servizi. Nelle professioni intellettuali la quota di donne impiegata è esigua (1,7%) ma tripla rispetto a quella degli uomini.

Nelle professioni di elevata specializzazione, in quelle qualificate nel commercio e nei servizi e nelle professioni tecniche la quota di donne in somministrazione è pari o supera il 60%.

 

Molti  punti di  “anormalia” del lavoro italiano in ottica di genere, sono presenti ed evidenti in questo agile e completo rapporto. Rapporto che potrebbe essere letto e “de-strutturato” in un ulteriore impulso d’azione per tutte quelle azioni sindacali, politiche e non ultime,  culturali, che ognuna, nella propria piccola o grande specificità,  dovrebbe continuare a mettere in campo per correggere le anomalie, e scelgo un eufemismo scrupoloso per il giusto aggettivo che si dovrebbe usare. Come scrive Giuditta Pini sul Left Wing “ Stiamo parlando di circa la metà della popolazione italiana (quella femminile) che guadagna strutturalmente il 20% in meno di quanto sarebbe dovuto. Questo ha un impatto sui consumi, sulla famiglia, sui servizi e sulla struttura sociale.  Ecco perché ogni “ingiustizia” (niente eufemismi) sul lavoro di genere, riguarda un’intera nazione, che dovrebbe essere attenta alla proprio benessere sociale in toto, non per appartenenza sessuale.