per l’otto marzo e per tutte le guerre: “Disertate donnE, disertate”. Con Sei poesie dall’ucraina per gentile concessione de la macchina sognante. associazione Exosphere.

Ernst Ludwig Kirchner

Per noi di Exosphere l’Otto marzo sarà una giornata diversa quest’anno. La dedichiamo alle donne che stanno soffrendo guerra, paura e dolore. Non solo in Ucraina. Ringraziamo Pina Piccolo e la Macchina sognante per averci permesso di pubblicare la loro selezione di poesie di autori e autori ucraini da loro tradotte in italiano. Qui sotto il link di riferimento.

http://www.lamacchinasognante.com/sei-poesie-dallucraina-selezionate-da-calvert-journal-in-traduzione-italiana/?fbclid=IwAR18siheShjwXGjrGOzQcIPumJCW2bAR7CrzrZpMoKiRPpa56vGRJPjBTbI

Oskar Kokoscka

Noi di Exosphere non avalliamo né concediamo spazio a nessun linguaggio di guerra.

Già arrivano le notizie degli stupri dei soldati alle donne ucraine. Le bombe lanciate sulle scuole le abbiamo viste fin dai primi giorni di guerra. Mani e anime sporche di sangue continuano a fare la guerra. In tempi di pace li chiamano assassini, in tempo di guerra li chiamano bravi soldati obbedienti. Fotografie mostrano carri armati guidati da donne soldato. Donne che non stanno difendendo null’altro che il loro lavoro di guerra, che però non è un lavoro qualsiasi, è un lavoro criminale . Che uccide, stupra, ruba la vita e la terra altrui. Non è questo il soffitto di cristallo da cui ci si voleva liberare. Almeno voi, donne, ribellatevi e disertate. Non uccidete. Disertate. Se nessuno entra nei carri armati, se nessuno produce i carri armati, se nessuno li rifornisce di benzina (o di qualsiasi altro carburante consumino, chi se ne frega di saperlo!) le guerre non comincerebbero neanche. Disertate e vivete in pace. E fateci vivere in pace.

Sotto qualsiasi bandiera, c’è sempre la possibilità di dire “basta” se ancora rimane un pezzo di anima nel corpo. Sotto qualsiasi bandiera c’è sempre la possibilità di disertare, di scendere dai carri armati, di non far volare gli aerei e le bombe, di andarsene via quando vi toccano le spalle e vi dicono che tocca a voi andare. Fate andare via loro.

Antigone fai il tuo dovere: disobbedisci al potere. Il proprio dovere è la vita. Non la morte di qualcun altro.

da La Macchina Sognante

SEI POESIE DALL’UCRAINA SELEZIONATE DA CALVERT JOURNAL

La letteratura ucraina ha una lunga tradizione che risale all’XI secolo. Uno dei suoi poeti più noti è Taras Shevchenko del XIX secolo, che iniziò scrivendo versi romantici per poi passare a versi più cupi sulla storia ucraina. Poesia e storia sono ancora intrecciate nell’Ucraina di oggi. Una diversità di stili definisce la poesia ucraina contemporanea, che va dallo schema metrico in rima al verso libero e da raccolte cartacee allo slam e alla poesia performata. Ma i recenti sconvolgimenti politici del paese, dalla rivoluzione di Maidan all’annessione della Crimea alla Russia e alla guerra nel Donbass, hanno contribuito a rendere particolarmente importante in Ucraina oggi la poesia  che si esprime in stili audaci e diretti, con grande partecipazione di pubblico alle letture e performance La selezione di seguito trasporta chi legge in un tour dal personale al politico, e dalle superstar della letteratura come Serhiy Zhadan a debuttanti forti e promettenti come Ella Yevtushenko.

Allora ne parlo

di Serhiy Zhadan, traduzione inglese di John Hennessy e Ostap Kin

Allora ne parlo:

dell’occhio verde di un demone in un cielo dai colori vivaci.

Un occhio che sbircia dal sonno di un bimbo.

L’occhio di un emarginato che la paura con l’entusiasmo rimpiazza.

Tutto è iniziato con la musica,

con le cicatrici lasciate dalle canzoni

sentite con gli altri bambini nei matrimoni d’autunno

Gli adulti che facevano musica.

Definizione dell’età adulta: la capacità di suonare

Come se apparisse nella voce una qualche nota nuova,

responsabile della felicità,

come fosse innato questo talento negli uomini:

poter essere sia cacciatore che cantante.

La musica è il respiro caramellato delle donne,

l’odore di tabacco sui capelli di uomini cupi

che tirano fuori il coltello per combattere il demone

che ha appena rovinato il matrimonio.

Musica che oltrepassa il muro del cimitero.

Fiori che crescono dalle tasche delle donne,

scolaretti che sbirciano nelle camere mortuarie.

I sentieri più battuti conducono al cimitero e all’acqua.

Nella terra ci nascondi solo le cose più preziose –

l’arma che matura con l’ira,

i cuori di porcellana dei genitori con il loro scampanellio

da coro scolastico.

Certo che ne parlo

degli strumenti a fiato dell’ansia,

della cerimonia di nozze, memorabile

quanto l’entrata a Gerusalemme.

Riponi sotto il tuo cuore

il ritmo da salmo spezzato dalla pioggia

.

Uomini che ballano così come spengono

gli incendi delle steppe con gli stivali.

Donne che si aggrappano ai loro uomini mentre danzano

come se non volessero lasciarli andare in guerra.

Ucraina orientale, fine del secondo millennio.

Il mondo è pieno di musica e di fuoco.

Nell’oscurità pesci volanti e animali cantanti danno voce.

Nel frattempo, quasi tutti quelli che si sono sposati allora sono morti.

Nel frattempo sono morti i genitori di persone della mia età.

Nel frattempo, la maggior parte degli eroi è morta.

Il cielo si apre, amaro come nelle novelle di Gogol.

Echeggiando, il canto di chi miete.

Echeggiando, la musica di chi porta via i sassi dal campo.

Echeggiando, non si ferma.

Serhyi Zhadan è uno dei poeti e romanzieri più famosi dell’Ucraina, attira un pubblico di migliaia di persone in occasione del lancio dei suoi libri e negli eventi a cui partecipa.

l’autunno inizia con qualcosa di banale

di Ella Yevtushenko, traduzione inglese di Yury Zavadsky

l’autunno inizia con qualcosa di banale: chiavi dimenticate in un’altra città, tosse come monete d’argento in gola, una tazza da tè turca,

monete di rame, acqua nella batteria,

grandine,

Non l’ho sentita, ed è già qui, che fa rannicchiare un gatto randagio, strofinandogli le zampe

lasciando foglie sbiadite sui jeans

solo in una notte così piovosa si può sentire bussare alla porta del balcone, solo in una notte così piovosa la si può aprire

ma chi ci starà dietro dipende se la noce si è addormentata di guardia sotto la finestra, se i pini raggiungeranno l’orlo strappato delle nuvole.

e se il lampo ripete il disegno delle vene sulle tue tempie.

l’autunno inizia con qualcosa di infantile: bussa alla porta e scappa; voglio leggere tutto il giorno a letto; sei avvolto come una mummia, garza umida di nebbia –

e continua con qualcosa di vecchio: non beve alcol, un diamante di freddo pulsa nelle sue ginocchia

e così ancora – ogni volta – e ogni volta questo è il primo argomento di conversazione

come se non ci fosse niente di più importante di questo autunno, bagnato come un mattino sotto una crosta prematuramente sbucciata

ruba tempo alle conversazioni di lavoro, intercetta un’ondata di pettegolezzi, si sdraia con un gatto randagio sul balcone, dove dovrebbero raccogliersi mucchi di segreti.

l’autunno ci spinge verso la cucina e ci fa mettere sul fornello il bollitore

l’autunno inizia con qualcosa di banale, ma cresce velocemente come i figli degli altri

un soldo d’inverno rotolerà dal suo freddo grembo, la neve coprirà noi ormai mummificati, congelati a metà parola

poi nessuno busserà più alla finestra del balcone nel cuore della notte

così  c’è anche il rischio generale di cessare di esistere per un po’

Nata nel 1996, Ella Yevtushenko ha debuttato con una raccolta di grande successo, Lichtung, e ha vinto numerosi concorsi di poesia in Ucraina.

u

di Dmytro Lazutkin,  traduzione inglese di Yury Zavadsky

il cielo è sempre più vicino

quando gli aerei biposto atterrano sull’acqua

nella baia di Vancouver

decine di piccoli bombi di ferro sembrano parlare tra loro:

Ho visto dorsi di balene saltare sull’oceano

Ho tirato fuori lo snowboarder dal crepaccio

Ho parlato con la vela mentre cambiava rotta

solo tu ed io non sappiamo nulla della cosa principale

e degli enormi albatri ci hanno rubato la colazione

mentre ci baciavamo sui pini caduti

scrutando nella baia avvolta nella nebbia

gli uccelli il nostro cibo lo laceravano

perché non è solo pane

respira al rallentatore

non solo patatine fritte…

Tuttavia

liberare l’emozione

potrebbe essere una continuazione della compressione

e un tatuaggio sul collo

Ho cancellato la punta della lingua

e poi abbiamo guardato i giocatori di pallavolo di dicembre

qui l’inverno è mite

quindi sono davvero esuberanti

gettando le giacche sulla sabbia

sono rimasti solo sul template: colori

e ho guardato il rimbalzo di ogni palla

premendoti sempre più stretta

come il sole che abbraccia la coda di una salamandra

come lo sguardo inebriante del pescatore abbraccia le reti asciutte

e i fumatori di marijuana convergevano sui cespugli di magnolia

per respirare respirare respirare

questo gelido oceano in cui tutte le risposte sono appese ai ganci

le nostre domande

questo vento calmo

che spinge le isole più vicino alla riva

e quel cinese serioso ha cercato di fermare il tempo

che filtrava tra i bastoncini

e quelle luci cupe che spingevano i procioni fuori dalle loro tane

e su gentile richiesta di pronunciare correttamente il nome del mio paese

Ho detto:

Bene

impariamo

prima lettera –

(t)U

Dmytro Lazutkin è autore di diverse raccolte di poesie, campione di poetry slam e paroliere. Lavora come cronista sportivo e conduttore televisivo.

L’amore a Kiev

di Natalka Bilotserkivets, traduzione di Andrew Sorokowsky

Più terribile è l’amore a Kiev che

Le magnifiche passioni veneziane. Leggere volano

Le farfalle maculandosi in coni luminosi –

In fiamme le brillanti ali di bruchi morti!

E la primavera ha acceso le candele all’aroma di castagna!

Il gusto tenero del rossetto a buon mercato,

L’audace innocenza delle minigonne,

E queste acconciature, il taglio non è proprio giusto-

Eppure immagine, memoria e segni ci emozionano ancora…

Tragicamente ovvio, come l’ultimo successo.

Morirai qui per il coltello di un farabutto,

La pozza del tuo sangue si allargherà come ruggine all’interno di una

Audi nuova di zecca in un vicolo a Tartarka.

Precipiterai qui da un balcone, il cielo,

Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi

Vestita della candida camicetta da segretaria.

Non puoi distinguere i matrimoni dalle morti…

Perché l’amore a Kiev è più terribile che le

Idee del Nuovo Comunismo: gli spettri

Emergono nelle notti inebrianti

Fuori dal Monte Calvo, portando in mano

Bandiere rosse e vasi di gerani rossi.

Morirai qui per il coltello di un farabutto,

Precipiterai qui da un balcone, il cielo, dentro

Un’Audi nuova di zecca da un vicolo di Tartarka

Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi

La macchia del tuo sangue si allargherà come ruggine

Su una candida camicetta da segretaria.

Natalka Bilotserkivets è una poeta, editrice e traduttrice di grande successo. Le sue poesie sono state antologizzate e tradotte in una dozzina di lingue europee.

Non baciarmi sulla fronte come un cadavere

 di Yulia Musakovska , traduzione inglese di Yury Zavadsky

Non baciarmi sulla fronte come un cadavere

diciamo, quasi due volte appassiti, gli occhiali e gli occhi stessi.

Medicine mischiate a dolci, le pagine del libro gialle come la sua pelle.

Versa nel vuoto alcune delle sue preziose storie.

Considero tutti i protagonisti vecchie conoscenze. Ufficiali del KGB accovacciati sullo stesso letto d’ospedale, con lucide scarpe ungheresi -avrebbe anche ucciso per procurarsele. Lo sguardo è beffardo.

Aveva detto, questi Beatles, questo dipartimento di lingue straniere, non ti serviranno a nulla.

Tutto questo è per gli eletti, non per gli orfani, o per i parenti poveri.

E si nascondeva come il formaggio nel burro, silenzioso come un topo.

Gente come te la catturavamo nei vicoli, la sradicavamo

Alle persone rispettabili questo piaceva, era considerata cosa rispettabile.

L’avrebbe fatto per suo figlio. Per una pera da combattimento, per carne viva e calda.

Vedo anche quella donna, la sua bocca storta e luminosa. Le sue

Gambe da ragno, porcellana puntinata, arnesi in metallo.

Un appartamento ammuffito con soffitti troppo alti.

Ma è lui che vedo il più chiaro di tutti: forte, con una chitarra.

Con gli occhi spalancati e i pollici nelle tasche dei jeans.

Con migliaia di pagine memorizzate.

Con un volto aperto al mondo. All’acqua scura e profonda.

Non per una ragazza, non per una disputa –

per il libero scorrazzare delle braccia,

per un’onda alta, anche se non sulla spalla.

Yulia Musakovska è una pluripremiata poetessa residente a Leopoli, autrice di quattro raccolte di poesie e traduttrice di poesie dall’ ucraino in inglese. Lavora nel settore informatico.

Comunicazione

Scritta e tradotta da Yury Zavadsky

Sorprendente come i sentimenti dipendano dalla pressione sanguigna.

L’elettricità nel mio corpo mi impedisce di rimanere fermo.

E, comunque, mi costringo a non muovermi.

Le dita scorrono nervosamente sulla tastiera.

Poi i versi irregolari si trasformano in sogni ad occhi aperti.

I tuoi SMS accompagnano i miei passi.

Non voglio tacere, ma non ho niente da dirti.

Il giorno è perso e nessuna pillola può riportarlo indietro.

Rimane solo una spiacevole stanchezza alla conclusione della giornata.

La notte e il sogno inquietante impossibili da ricordare.

Mi sembra di essere felice

sentendo il tepore della tua vicinanza

e le tue dita tanto vicine.

Oh questi giorni senza radici come le mie poesie

mi riempiono di alcol.

Oggi, l’intera giornata è mattina.

Una nebbia fredda, le sue gocce sospese nell’aria.

Lo spazio autunnale vuoto.

Mi sembra di essere felice accanto a te,

Non mi sono mai sentito così sicuro e calmo.

Esito, però, se tutto sta andando così bene,

poiché questi giorni saranno passati,

Li ricorderò

come i giorni migliori.

– Chiudi gli occhi e rilassati, lo senti?

– È autunno e la malinconia si abbatte su di noi.

– Sono io con la mia crisi temporanea.

Yury Zavaedsky è poeta, traduttore, critico letterario, interprete, artista di rumorismo ed editore.

Ringraziamo vivamente Calvert Journal per la selezione dei testi,  mentre restiamo in attesa di ricevere da loro  il permesso per la traduzione)

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Resoconti di futuro. Memorabilia nel sesto giorno dell’anno.

Terzo giorno del nuovo anno.

Una cesta dal diametro vasto piena di litchi, frutto a me sconosciuto, circondava l’elegante area d’ingresso del supermercato. Cercavo delle arance rosse da buon succo. Non le trovavo. Non c’erano.

Son passata oltre la rotonda dell’ospedale e ho gettato lo sguardo sul nuovo cemento prefabbricato preimpiantato a basso impatto emozionale, che ha quasi finito di completare il soffocamento della vecchia area degli ippocastani. Qualche anno fa, per quell’area, due classi della scuola primaria del quartiere avevano composto letterine e disegni a difesa di quel verde e di quello spazio dall’ennesimo centro commerciale di media grandezza a pochi passi da altri due centri commerciali di media grandezza della città (di media grandezza e di un’economia mezza grandiosa che ben presto finiva per impaludarsi nella pestilenza del Covid). Il destinatario delle speranze a forma di disegni di alberi e altalene, era stato il campo dei miracoli comunale . Che in nome della crescita e della produttività aveva seppellito le monete d’oro delle speranze dei bambini e delle bambine spiegando loro e alla collettività, tramite il locale gazzettino ufficiale, il perché e il percòme fosse prioritario radere a zero la chioma degli alberi e sostituirla con quella rigida dei pilastri di calcestruzzo, fari di civiltà commerciali (pre-pandemiche). Un vero scialo di futuro. Perché ho ricordato l’accaduto? Forse per il malumore di non aver trovato le arance rosse da spremere, in pieno gennaio. I litchi non li ho certo presi anche perché per conoscere cosa fossero avrei dovuto consultare lo stregone saccente di Internet, Wikipedia (e “chi se ne frega” dove lo mettete, etc, etc) che le arance non me avrebbe fatte trovare lo stesso.

Sesto giorno del nuovo anno, Epifania di Nostro Signore.

Ho trovato una citazione di Hannah Arendt in un libro sulla decrescita e il sacro. Arendt e la Weil sono letture che danno coraggio. Quando trovo una loro citazione inaspettata, in un contesto inusuale per le mie aspettative di letture, sono felice quasi quanto il trovare in strada una vecchia amica che non vedo da tempo e di cui ho davvero bisogno. Approfondisco la conoscenza teorica di quello che sto leggendo. L’autore, cattedratico francese saccheggiato in tutt’Europa, lanciò negli anni scorsi una sorta di manifesto morale e in uno degli inviti spiegava che: (immagino noi occidentali)“ Abbiamo bisogno di rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Questo non è necessario soltanto per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre, ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale degli esseri umani contemporanei.” E poi la citazione della Arendt e la sua luminosa contestazione ai totalitarismi e fermo la lettura. Un’immagine metafisica di letterine e disegni con pastelloni e pennarelli coi tappi mangiucchiati si incolla agli occhi. A quei bambini che avevano scritto agli alberi e al sindaco, una certa parte di ambiente terrestre l’abbiamo rubato. Mi sento in colpa nonostante non abbia fatto male ad una sola foglia in vita mia. Gli alberi non ci sono più. Dovrei impormi, ci si si potrebbe imporre, di ricordare, per trasformare il buono che rimane in meglio (sono testarda: litchi in arance a impatto zero, ad esempio). Rileggere “La banalità del male” e declinarlo alle responsabilità mai confessate delle accidie e dei menefreghismi quotidiani. Rileggere “La persona e il sacro” e riflettere sulla devastazione fisica e psichica della violenza nelle nostre vite. Leggere i disegni dei bambini. Le immagini parlano sempre. “Reincantare il mondo” con la poesia, i poeti, le poetesse. Prendere tempo. In assonanza di doni epifanici, regalarsi tempo nuovo. Anche come atto apotropaico.

Buon Anno Nuovo.

Che voglia o no. Poesie e riflessioni contro la violenza dal patrimonio poetico femminile

Basta guardarsi intorno per trovare esempi di assurdità criminali.

(Il libro del potere, Simone Weil)

l’uomo che diventa una vite

i giardini coltivati e corda tiene

lo stupro l’aria muore le mosche –

oh! iddio che non salvi.

il mercato nei cesti di rosso

strada di mammelle e di vento

il cotone in cui sale spavento

non sai se è guardare.

Nadia Agustoni

Solo se si conosce l’imperio della forza e se si è capaci di non rispettarlo è possibile amare.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Non ho voglia di aprire la bocca

di che cosa devo parlare?

che voglia o no, sono un’emarginata

come posso parlare del miele se porto il veleno in gola?

cosa devo piangere, cosa ridere,

cosa morire, cosa vivere?

io, in un angolo della prigione

lutto e rimpianto

io, nata invano con tutto l’amore in bocca.

Lo so, mio cuore, c’è stata la primavera e tempi di gioia

con le ali spezzate non posso volare

da tempo sto in silenzio, ma le canzoni non ho dimenticato

anche se il cuore non può che parlare del lutto

nella speranza di spezzare la gabbia, un giorno

libera da umiliazioni ed ebbra di canti

non sono il fragile pioppo che trema nell’aria

sono una figlia afgana, con il diritto di urlare.

Nadia Anjuman

La violenza schiaccia tutto quello tocca. Finisce con l’apparire estranea a colui che la esercita come a colui che la subisce.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Ti

hanno

insegnato che

le tue gambe sono un pit stop

per uomini cui serve un luogo di sosta

un corpo sfitto abbastanza vuoto

da ospitare ma nessuno

viene mai né è

disposto a

restare

Rupi Kaur

E dove non c’è posto per il pensiero, non ce n’è anche per la giustizia e la prudenza. Ecco perché uomini armati agiscono in modo folle e spietato. Le loro armi affondano nel nemico disarmato che giace ai loro piedi; essi trionfano su un morente descrivendogli gli oltraggi che il suo corpo subirà.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Gli alberi occupano l’aurora della famiglia. L’animale

è una massa di attenzione, la musica sale

dai gomiti appoggiati alla terra. La campagna, quel grumo essenziale

di rondoni e polvere serena è ora tavola, macero

e orinatoio, principio attivo dell’anima.

Lei trasformata

dalla scoperta che l’amore vibrava come un timpano d’acqua

dalla base del

tempo. Lo rivelano

le tracce ritrovate successivament in mare – sulla città di pietra

degli scogli

e l’impronta caucasica della scomparsa.

Mamma – mi sento come se volassi – davanti

a queste statue che ti somigliano. Indagine

della sbordatura plantare, la luce, – poco incline – sulla spalla:

rosa vinosa

d’alba fiorentina. Non mi hanno ridato l’impermeabile

che avevo offerto per coprire il suo eccesso di opacità.

Domando cosa non l’abbia fatta risplendere: il mio corpo di latte

era carico di misericordia. Sovrastate – restituite

allo stato di cose le sue ossa dolevano grandiosamente, mute

come respira muto dalle origini il neutro.

Maria Grazia Calandrone

Se si analizzassero … tutte le parole, tutte le formule che nel corso della storia umana hanno suscitato o spirito di sacrificio e insieme la crudeltà, si scoprirebbe che sono tutte ugualmente vuote.

(Il libro del potere, Simone Weil)

Solo per un giorno

essere come voi.

Solo per un giorno

toccare integro il mio corpo

farlo volare in alto

e poi

distenderlo sulla terra

pesante e felice.

Solo per un giorno

cancellare

la ferita che mi rinnova

l’incubo

che spurga le mie viscere

che fa gemere le mie notti.

Solo per un giorno

non pensare

ad una triste sorte

che nella luce tiepida

di una fine giornata

di ottobre

s’incollò ai miei anni acerbi.

E per non vacillare

trasformare la realtà

pregando in silenzio

in un mantra tutto mio

dove la carezza rinsaldi

gli infami spacchi.

Gabriella Gianfelici

DONNE MIGRANTI E PRATICA DI SCRITTURA: NUOVO APPUNTAMENTO CON EXOSPERE ON LINE.

dalla prefazione di

Un posto nel mondo

Donne migranti e pratica di scrittura

… Ad accomunare le persone intervistate sono l’appartenenza di genere, l’esperienza migratoria e il fatto di avere pubblicato in italiano. Per il resto le differenze sono molte. Le scrittrici intervistate provengono da Somalia, Eritrea, Tunisia, Albania, ex Jugoslavia, Russia, Georgia, Romania, Mozambico, Egitto, India, Argentina e Brasile. E si sono spostate per motivi differenti: studio, lavoro, amori, fughe da situazioni collettive insostenibili, guerre. Le donne intervistate non sono un campione rappresentativo in termini numerici, ma in se stesso questo ventaglio di storie è molto istruttivo: la nostra immaginazione impigrita da stereotipi e discorsi riduttivi si confronta con l’enorme varietà e complessità di ciò che costituisce “migrazione”, ne mostra snodi imprevisti e a volte imprevedibili, la sua natura processuale, e la quantità di attori differenti che, a vario titolo, vi sono coinvolti.
In ogni caso, vi sono dimore abbandonate e altre trovate. A volte sembra che solo nello spazio in mezzo fra queste due dimore si possa essere in pace. Come dice la madre di una intervistata: “Guarda, c’è un unico posto dove non ti lamenti, qui sul traghetto, in mezzo!” (p. 145). Ma c’è un altro spazio che si forma, quello del racconto. A suo modo, il racconto è dimora. Specialmente se si racconta di sé, è un modo di ricomporre l’esperienza.
È una dimora scrivere innanzitutto. La creazione di uno spazio di raccoglimento, di elaborazione. Non sempre di pacificazione, ma di una certa conciliazione con la propria storia almeno. Anche pubblicare mette capo a un far dimora: si scrive nella lingua del paese ospite, ci si fa conoscere, ti invitano, costruisci relazioni. E fa dimora infine raccontarsi a voce, dialogare con la ricercatrice: che non si nasconde, mette in gioco le proprie domande e le proprie riflessioni, e con ciò offre uno spazio di ascolto, di elaborazione ulteriore condivisa.
L’ascolto conta. Queste donne hanno scritto in italiano perché italiane si sentono, del tutto o in parte. Come ci si può sentire italiani oggi. L’Italia fatica a riconoscere nel proprio discorso pubblico la presenza di persone come loro, per le quali “migrazione” non significa sbarchi, non ha niente neanche lontanamente a che fare con questioni di sicurezza (se non la loro), significa lacerazioni e speranze, memorie e aspirazioni, curiosità e sconcerto, situazioni obbligate e scelte, familiarità ed estraneità ad un tempo. L’Italia fatica a riconoscere un mondo sociale che è già, da tempo, abitato da persone come queste. E da noi con loro.
Colpisce nel leggere le storie che queste donne raccontano quanto siano colpite esse stesse. Da cosa? Dalla nostra ignoranza. Dei loro paesi d’origine innanzitutto. Anche di quelli europei. Come dice una di loro: “Quando sono arrivata qui mi sono resa conto che a quell’epoca gli italiani avevano perfino difficoltà a riconoscere come europei i paesi dell’est, cioè l’Europa era l’Europa occidentale! E tuttora non è molto cambiato” (p. 63).

unpostonelmondo

Il quarto appuntamento on line della rassegna “Non è solo il silenzio”, l’evento on line di Exosphere di Reggio Emilia, è dedicato alla saggistica con il libro di “Un posto nel mondo – Donne migranti e pratica di scrittura” di Simona Miceli  che dialogherà con Gabriella Gianfelici

L’appuntamento è per sabato 22 maggio, dalle ore 17.30 alle ore18.30 sulla piattaforma Meet di Google.

Accanto all’ospite d’onore, ci saranno Christiana de Caldas Brito, Pina Piccolo, Rahma Nur. Aprirà l’incontro Simonetta Sambiase di Exosphere e saluterà i partecipanti Roberta Pavarini.

Il link dell’incontro:

https://meet.google.com/vsm-zwoj-uci

Per informazioni, richieste, suggerimenti, scrivete a:

gabriellagianfelici@gmail.com

golemf@virgilio.it
casepopolari@gmail.com

In rete ci troverete su Fb e Twitter.

Vi attendiamo.

Legge di Bilancio 2020. Le misure di genere negli articoli del documento economico legislativo.

L’anno è appena cominciato. Con quasi mille articoli di indicazioni e norme per definire un triennio di visione del percorso economico del Paese, è stato licenziato il Bilancio di previsione economica dello Stato. Dentro il lungo documento legislativo, con la lente d’ingrandimento fra gli  articoli, si vanno a cercare e trovare negli obiettivi, le misure a favore del genere. E, ancor più d’inciso, vista la natura della legge, le risorse stanziate a favore di quelle misure. Le indicazioni ci sono? Si, ci sono. I soldi anche. Ma non moltissimi. Mentre per fortificare il cambiamento delle opportunità socio-economiche delle donne e dei giovani le risorse da mettere nel portafogli del Paese dovrebbero invece traboccare. Per invertire, finalmente, quella (tacita?) tendenza al proclama e alla misura d’emergenza che ha il fiato corto del fuoco di paglia, che riscalda poco e non protegge dall’inverno; quella tendenza alla “folk politics” insomma, che negli ultimi tempi ha regnato in lungo e largo nella nazione. Poiché l’esigenza di valutare e richiedere misure economiche costanti, strutturali e mirate ad obiettivi di lungo termine e respiro per le pari opportunità non è una visione d’antan, ma la coniugazione di improcastinabili futuri sostenibili e universalisti, così come impone l’ obiettivo numero cinque dell’Agenda 2030, che rimarca le linee guida di una diversa ed etica organizzazione delle società. Nel cuore dell’obiettivo dell’Onu c’è il dovere per gli stati di mettere in moto tutte le misure per “garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera “. L’umanità intera di un proclama ecumenico. Utopico. Decennale. Basterà?

L’azione si sposta agli atti operativi per la realizzazione di questa società pacificata nel nostro Paese. Nella lettura di quali e quanti articoli di questo  documento di bilancio nazionale siano dedicati alle pari dignità.
Quali visioni, quali opportunità, quali strumenti economici, etc.
Saltano agli occhi,  ad esempio, in termini di incisività, i fondi stanziati per incrementare le università a “provvedere ad inserire nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o a potenziare i corsi di studi di genere già esistenti” (art. 354) incrementandoli con un milione di euro per tutto il territorio nazionale.
Ci si chiede se la libertà concettuale del provvedimento sia dovuto nel rispetto dell’autonomia universitaria o da un mancato confronto con il magmatico fluire dei valori del gender? Che sia essa stessa valore quella relatività del fondo destinato ad incrementare i corsi di studi di genere negli atenei,  talmente vaga e generica da lasciare spazio ad ogni tipo di interpretazione arbitraria nella problematica tematica e metodologica dei progetti di ricerca che accederanno ai fondi. In quali campi le “educazioni alle differenze di genere” dovranno essere rilevate (o coltivate o inventate)  per portare il Paese fuori da quelle posizioni da fanalino di coda nelle statistiche internazionali sul rispetto del Gender Pay, ad esempio?
Quale scelte metodologiche devono essere operate (se non parzialmente ricostruite) all’interno della diffusione della cultura generale, ed ancora nella cultura femminista della letteratura ed ancor più in generale sulla scrittura femminile? Come si intendono tradurre gli “studi di genere”? Come si intende costruire un percorso qualitativo di ricerche di genere negli studi universitari? Quali saranno le visioni, le storicizzazioni, le misurazioni e quali le piattaforme di strumenti culturali da mettere in ogni campo della conoscenza che un ateneo deve progettare ed operare? E’ questa un’operazione economica di respiro “orizzontale”? A pochi articoli di seguito, si legge che si destina una cifra quasi analoga a quella stanziata per gli atenei al Ministero della salute per promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione per gli animali di affezione (Art. 453). Affezioniamoci al genere e ai cani, qualcosa di buono ne verrà fuori, siamo un paese buonista.

In agricoltura, settore d’eccellenza, hanno le idee più chiare. All’art. 504, al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile in questo campo, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

Continuando la lettura  della legge di Bilancio in ottica di genere, si trova nell’articolo 181, un esonero del versamento del cento per cento dei contributi previdenziali ed assistenziali, con l’esclusione di quelli infortunistici, entro un limite massimo di 8000 euro all’anno per le società sportive che “stipulano con atlete contratti di lavoro sportive”. Un sospiro di sollievo almeno fino al 2022 per tutte le professioniste dello sport che da anni portano in alto i nostri medaglieri alle competizioni internazionali. Almeno per questo triennio.  Che potrà vederle (nei limiti massimi di 8000 euro all’anno di sgravi) comparate remunerativamente ai loro colleghi uomini. Spostando la competizione dai campi della previdenza sociale a quella delle attività agonistiche, come dovrebbe essere già fatto fin dal licenziamento della nostra Costituzione.

Rifinanziato all’art. 353, il “piano straordinario contro la violenza sessuale”, incrementato di 4 milioni di euro (fondo da ripartire su tutto il territorio nazionale) per gli anni 2020\2022. Poco più giù, agli articoli che vanno dal numero 486 al numero 489, viene messo nero su bianco la “non responsabilità economica” dei figli e delle figlie rese orfani da femminicidi. Si stabilisce infatti che: “Per il triennio 2020-2022, i crediti vantati dallo Stato nei confronti degli autori di un delitto di omicidio, sorti in conseguenza della commissione del reato medesimo, commesso contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole ovvero ad esso legata da relazione affettiva non sono imputabili ai beni ereditari trasmessi ai figli minori, ovvero maggiorenni non economicamente autosufficienti, nati dalle predette relazioni, purché estranei alla condotta delittuosa”. Si chiude così un paradosso nazionale che vedeva i figli resi orfani della propria madre da un padre omicida, costretti a pagare per lui. Un percorso ad alto spargimento di ostacoli, quello dei femminicidi, in cui i traguardi sembrano irraggiungibili, va scritto per dovere, non solo nel nostro Paese, a riprova che la misoginia è una disgrazia che ha occupato tutta la terra emersa. Che gli articoli di questa legge possano essere un efficace antidoto a questa malattia, lo si peserà più avanti nel suo cammino. L’anno è appena cominciato.

 

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/30/19G00165/sg

Natale. Cosa ti serve per restare al caldo. La traduzione della poesia di Neil Gaiman per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

Nel mese di novembre, Neil Gaiman, autore di successi letterari quali Cose fragiliGood Omen , American Gods e il fortunato ciclo di fumetti Sandmam, chiese ai suoi followers di Twitter di lasciargli dei messaggi su cosa ricordasse loro la parola “calore”.
L’autore si aspettava di ricevere un centinaio di messaggi, per lo più corte descrizioni o singoli aggettivi. Invece, quasi immediatamente, ricevette migliaia di risposte, fino a raggiungere circa 25.000 parole. Il lavoro su questo abbondante materiale è diventato, nei giorni scorsi,  la poesia, “What you Need to Be Worm”, che  ha segnato l’inizio della raccolta fondi dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per l’assistenza invernale di emergenza.

COSA TI SERVE PER RESTARE AL CALDO.

di  (c) Neil Gaiman

Una calda patata farcita in una notte d’inverno che avvolga le tue mani o che bruci la tua bocca.

Una coperta fatta a mano dalle abili dita di tua madre. O di tua nonna.

Un sorriso, un tocco, un incoraggiamento, mentre cammini nella neve 

o vi ritorni, la punta delle tue orecchie ti punge, rosa e gelata. 

Il tic toc tic del fruscio del termosifone di una vecchia casa.

In un letto,  rintanato sotto coperte e  piumone, l’arrivo dei sogni

e il tuo stato cambia così, dal freddo al caldo,

ed è tutto quello che importa, e tu pensi:

Ancora solo un minuto di questa beatitudine prima che il freddo mi ricada sulla faccia.  Ancora solo uno.

Dove dormivamo da bambini, quei luoghi, nella nostra memoria danno ancora calore.

Ci viaggiamo da dentro a fuori.  Nelle fiamme arancioni del camino

o  nel legno che brucia nella stufa. Il fiato sulla finestra appannata di ghiaccio

si raschia con un dito, si scioglie con la mano.

La terra ghiacciata dalle ombre,  ci attende. 

Mettersi una sciarpa. Indossare un cappotto. Indossare un maglione. Indossare calzini. Indossare guanti pesanti. 

Una bambina che dorme. Le capriole dei cani, una cucciolata di gatti e gattini. Vieni, accomodati dentro. Sei al sicuro.

La teiera bolle sui fornelli. La tua famiglia, i tuoi amici sono qui. E sorridono.

Cioccolato bollente o cioccolatini, te o caffé, zuppa o liquore speziato, quello che più vuoi.

Il caldo è uno scambio, te lo porgono, tu prendi la tazza

e il gelo comincia a sciogliersi. Mentre fuori, per qualcun altro di noi, il viaggio sta iniziando

come cominciò il nostro; andar via, dalla casa paterna, 

dai luoghi che ci videro bambini:  e cambiare il nostro stato, cambiare e cambiare, 

inciampando in un deserto pietroso o sfidando acque profonde,

mentre il cibo e gli amici, la casa, il letto, perfino una coperta diviene memoria lontana. 

Ma a volte, basta solo uno sconosciuto in un luogo al buio,

che stenda una sciarpa su di noi, che offra una parola gentile, che dica 

che abbiamo il diritto di essere qui, di restare al caldo nella più fredda delle stagioni. 

Tu hai il diritto di stare qui. 

traduzione di S. Sambiase

https://www.thefussylibrarian.com/newswire/for-readers/2019/12/11/read-neil-gaimans-latest-poem-what-you-need-to-be-warm;

What You Need to be Warm

by Neil Gaiman
A baked potato of a winter’s night to wrap your hands around or burn your mouth.
A blanket knitted by your mother’s cunning fingers. Or your grandmother’s.
A smile, a touch, trust, as you walk in from the snow
or return to it, the tips of your ears pricked pink and frozen.
The tink tink tink of iron radiators waking in an old house.
To surface from dreams in a bed, burrowed beneath blankets and comforters,
the change of state from cold to warm is all that matters, and you think
just one more minute snuggled here before you face the chill. Just one.
Places we slept as children: they warm us in the memory.
We travel to an inside from the outside. To the orange flames of the fireplace
or the wood burning in the stove. Breath-ice on the inside of windows,
to be scratched off with a fingernail, melted with a whole hand.
Frost on the ground that stays in the shadows, waiting for us.
Wear a scarf. Wear a coat. Wear a sweater. Wear socks. Wear thick gloves.
An infant as she sleeps between us. A tumble of dogs,
a kindle of cats and kittens. Come inside. You’re safe now.
A kettle boiling at the stove. Your family or friends are there. They smile.
Cocoa or chocolate, tea or coffee, soup or toddy, what you know you need.
A heat exchange, they give it to you, you take the mug
and start to thaw. While outside, for some of us, the journey began
as we walked away from our grandparents’ houses
away from the places we knew as children: changes of state and state and state,
to stumble across a stony desert, or to brave the deep waters,
while food and friends, home, a bed, even a blanket become just memories.
Sometimes it only takes a stranger, in a dark place,
to hold out a badly knitted scarf, to offer a kind word, to say
we have the right to be here, to make us warm in the coldest season.
You have the right to be here.

BREAKING FREE. Venticinque anni dopo Srebrenica.

 

Breaking free: discriminiamo la violenza, non le persone. Testimonianze per

l’uguaglianza di genere e una società inclusiva.

Per costruire un clima di pace è necessario rendere la cittadinanza consapevole dei risvolti che possono prendere odio e violenza. Per questo verranno portate alla luce le storie delle donne vittime di violenze e dei loro bambini nati durante il conflitto degli anni novanta nell’ex-Jugoslavia. Ad oggi, in Bosnia Erzegovina queste categorie si trovano in condizioni di grande vulnerabilità sociale poiché vittime di pregiudizi e discriminazioni riguardo al loro passato fortemente stigmatizzato.

La mostra fotografica che verrà organizzata racconterà proprio la storia di questi bambini dimenticati dalla guerra che chiedono di essere accettati come membri di eguale dignità all’interno della società.

Creare uno spazio per mostrarsi è una grande possibilità per realtà così difficili e spesso sconosciute per arrivare al grande pubblico, come è successo nel 2018 quando è stato assegnato il premio nobel per la pace a Nadia Murad sopravvissuta alla schiavitù e alle violenze sessuali da parte dei militanti dello Stato islamico. La possibilità di poter portare testimonianze dirette sul territorio di Reggio Emilia sarà, per la cittadinanza, un’occasione per conoscere e far si che non si dimentichi il devastante conflitto dei Balcani; ma anche un’occasione di riflessione sulla propria realtà sociale, sui meccanismi che possono innescare violenza, discriminazione e ineguaglianza.

 

Queste iniziative si collocano a metà tra il Premio Nobel per la pace a Nadia Murad e Denis Mukwege per la loro lotta contro gli stupri di guerra (2018) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020) e il Venticinquesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (luglio 2020).

Anteprima in italia

REGGIO EMILIA

Mostra fotografica “BREAKING  FREE”

Inaugurazione Breaking Free 26 ottobre ore 17,30

Introduce Andrea Cortesi (Iscos Emilia Romagna) con interventi di Ajna Jusic (ForgottenChildren of War) e Luca Leone (giornalista e scrittore)

VOCI E STORIE DEI BAMBINI NATI DALLA GUERRA

dal 26.10 al 25.11- sabato e domenica 16.30-19.30

Reggio Emilia 2019

ORGANIZZATA DA:

ISCOS Emilia Romagna e Forgotten Children of War

PHOTO.ARTIST:

Sakher Almonem

PATROCINIO :

Comune di Reggio Emilia

OSPITATA DA:

Binario 49 – via Turri

IN COLLABORAZIONE CON:

CISL, Cooperativa sociale Madre Teresa, Associazione MirniMost, Fondazione E35, Casa Editrice Infinito Edizioni, Regione Emilia Romagna

ENTRATA LIBERA

ISCOS Emilia Romagna ha in attivo diversi progetti in Bosnia Erzegovina e proprio nella loro realizzazione ISCOS ha creato forti legami di collaborazione con alcune delle associazioni della società civile bosniaca. Il paesi è stato profondamente segnato dal conflitto del ‘92-’95 durante il quale sono stati compiuti gravi crimini di guerra a danno delle fasce più vulnerabili della popolazione come le donne e le minoranze etniche. Ad oggi in Bosnia ci sono ancora forti discriminazioni, e a testimonianza di ciò c’è l’associazione Forgotten Children of War fondata dai ragazzi nati a causa della guerra, figli di donne vittime di stupri, che combattono per il riconoscimento dei loro diritti a lungo ignorati. La mostra Breaking Free è inspirata proprio a loro, alle loro storie, alle loro madri, alle loro battaglie che sono rimaste per troppo tempo silenziose e invisibili. Le loro voci unite denunciano la realtà dei fatti, contro una comunità stigmatizzante e discriminante, per il raggiungimento di una società pacifica ed inclusiva.

Festival della Favolosità a Reggio Emilia. Non Una Di Meno in festa.

festival femminista a Reggio emilia

… Festeggiare la lotta significa per noi guardare senza compiacimenti ma con orgoglio a quello che, in sinergia con Centri Antiviolenza, Ni Una Meno e tutte le soggettività femministe e transfemministe attive in ogni angolo del mondo, abbiamo “mosso” agitando acque morte e risvegliando spiriti sopiti, in questi. anni di moto ondoso permanente…

 


festival femminista a Reggio Emilia