
“Con mio padre, un uomo e silente e severo, tutto d’un pezzo e senza mai l’ombra di un dubbio, ho metaforicamente fatto a pugni per tutta la giovinezza. E, come ho raccontato in una lettera aperta pubblicata sul settimanale l’Espresso, la paura di deluderlo e di non essere all’altezza ha contribuito a farmi scivolare nell’anoressia. E’ stata solo dopo, uscita dalle tenebre di quel disturbo, che ho fatto pace con me stessa. E ho finalmente compreso che nella sofferenza possono esserci vittime, ma mai veramente colpevoli” . Michela Marzano.

La famiglia durante la mietitura
di Jòzef Baran nella traduzione di Paolo Statuti
mio padre con l’unzione del prete
suona il gong del sole
per una volta ancora
esegue il primo taglio delle biade
ed ecco di nuovo ci trasciniamo
con tutta la famiglia
attraverso i campi di stoppia
sferzati dalla frusta della calura
punzecchiati dai ciechi tafani
in questa annuale crociata
nella terra santa
per il pane
la mietitura è la nostra
più importante stazione
portiamo sulle spalle
arrossate dal calore
le croci del cielo di luglio
ricurvi
ritmicamente leghiamo i covoni
passiamo sei meriggi
come sei deserti
dove le uniche oasi
sono le brocche con l’acqua
nascoste nelle biche
mani e gambe abbiamo punte
dai taglienti steli
finalmente le messi conquistate
stanno allineate sulla stoppia
mia madre porge a mio padre
il velo della Veronica
per asciugarsi
il vecchio volto
coperto di sudore
tra le brocche domenicali
ci sediamo in cerchio
il grande riposo
iniziamo

ROVAGLIOSO
di Carla de Falco
Pietrosa, mia Pietrosa, tu esisterai nel tempo
quando io sarò solo memoria
il cielo in cui cicala regna
ha palpebre chiuse
e niente nuvole.
la casa rossa delle estati bambine
sorride d’un lascito lontano
e niente chiavi.
la gente che amai e difesi a lungo
è fuggita via dai rovi stanchi
e nessuna parola.
protetto da speroni aspri di roccia
tu solo ancora mi sussurri
col fiato pastoso delle spume
i tuoi paterni moniti solenni:
ricordati di non appartenere,
increspati, per farli intimorire
incazzati e innalzati sultana
incantali e fatti anche solcare.
attenta a non svelar l’abisso.
poi calmati e goditi la quiete.
ripeti questo ad ogni passo
e io resto qui per ascoltare
ancora l’ultima tua fiaba
padre, mare.
– da Il soffio delle radici, LCE, Milano 2012 –
***
Annamaria Giannini
(i marinai non muoiono diventano gabbiani:
così narra la leggenda)
di colpo il vento gira il sole
la mano lascia il padre, i nomi delle onde
e della nebbia fa male il tratto bianco
come di neve. senza la nitidezza
che chiude quasi gli occhi
all’acqua un bacio scende, risale al cielo
che pare allarghi la forma di un gabbiano
io ci sarò, alle caviglie il molo
da carne a carne, come di sangue -attesa.
Met(h) Sambiase
Padre, noi non siamo più pieni o fatui o insieme
da tempo
mi manchi al mondo
così sono in terra un’ombra orfana
l’assenza non è un vuoto ma un suono che frammenta
l’assenza è una parola divorante
e sfilaccia il resto del nulla che ingombra la tavola
ti turba le carote e il mangiare del gatto
sono quarant’anni che continuo a farcire i bicchieri con le pesche gialle nel vino,
dovunque tu sia padre sai già che ora è prossima l’estate
poi arriverà un nuovo compleanno solare, ma io resto assente
della ripetitività dei mesi, delle settimane e dei giorni
da quando ho aperto allo spetto dell’ultimo momento
mi infestano gli spiriti di notte, discuto con tutti delle novene
chiudo i ricordi con rosari di piombo e stagno
come una tomba è il peso del sole
ma tu taci e accendi candeline per torba
ingombrandomi di lacrime separabili\inseparabili.
Father
by Edgar Guest
(proposta di Federica Galetto)
My father knows the proper way
The nation should be run;
He tells us children every day
Just what should now be done.
He knows the way to fix the trusts,
He has a simple plan;
But if the furnace needs repairs,
We have to hire a man.
My father, in a day or two
Could land big thieves in jail;
There’s nothing that he cannot do,
He knows no word like “fail.”
“Our confidence” he would restore,
Of that there is no doubt;
But if there is a chair to mend,
We have to send it out.
All public questions that arise,
He settles on the spot;
He waits not till the tumult dies,
But grabs it while it’s hot.
In matters of finance he can
Tell Congress what to do;
But, O, he finds it hard to meet
His bills as they fall due.
It almost makes him sick to read
The things law-makers say;
Why, father’s just the man they need,
He never goes astray.
All wars he’d very quickly end,
As fast as I can write it;
But when a neighbor starts a fuss,
‘Tis mother has to fight it.
In conversation father can
Do many wondrous things;
He’s built upon a wiser plan
Than presidents or kings.
He knows the ins and outs of each
And every deep transaction;
We look to him for theories,
But look to ma for action.
Siamo esseri fragili, la traversìa fa parte di noi – è, quasi, il nostro pane quotidiano.
La traversìa ci rende più di ciò che siamo, nel sempre temporale che ci contraddistingue.
Che quella questa novena di perle atee, quasi pagane, a ri-cordare una figura universale nel modo più umile e concreto, particolare: nei suoi atti, e in ciò che essi hanno lasciato in noi. Mio padre è ancora vivo, ma a volte temo cosa vorrà dire doverlo salutare. Posso davvero capire come da quel passaggio in avanti mi “infesteranno gli spiriti di notte”.
Sono contento di aver trovato questo tuo blog a fianco di quello della Galetto. Mi sembrate due persone, finalmente, affascinanti.
(E che gioia in un titolo come quello del tuo blog!)
Grazie Michele della tua precisa critica. Sul perdono e sul perdonare, credo che bisognerebbe porre ben più attenzione ma di quella pura, decantata da stereotipi pseudoreligiosi. Grazie e benvenuto sul Golem femmina. Un saluto. Met-h.
grazie a te Annamaria per i tuoi versi. Grazie di cuore.
Fare a botte col proprio padre metaforicamente o realmente e spiegarlo prima a noi medesimi e poi agli altri come nelle pagine più crude di “Padre padrone” di Gavino Ledda, quando ormai questo titolo Feltrinelli tutti se lo sono già scordato. E’ questo il rapporto con chi ha dato milioni di spermatozoi per fare centro con uno solo e per questo spezzo una lancia a favore delle madri che ti portano nove mesi in grembo. La figura maschile non tace mai il suo atteggiamento filisteo, complesso di Edipo rispettato o meno: da uomo adulto rivendico ad ogni costo e con sudore l’emancipazione da una soggezione paterna che riduce le vittime al silenzio e può deturparle per tutta la vita, con varie insicurezze e nel peggiore dei casi attraverso soprusi e violenze verbali o fisiche. Il perdono o simili scorciatoie latenti non sono d’obbligo nemmeno a chi si professa cristiano osservante e il responsabile chiamato in causa se arriva alla vecchiaia non ha diritto a essere dimenticato per il comportamento avuto in passato perché i segni degli abusi restano indelebili. Anche questa è una tematica da diciannove marzo e va messa nel piatto non soltanto una volta all’anno altrimenti rischierebbe di diventare una ricorrenza “veramente colpevole”.
Grazie per questo pensiero che unisce tanti padri diversi sotto lo stesso segno d’amore seminato e raccolto a mani pieni.
L’ha ribloggato su scriveredischienae ha commentato:
fingevi stupito gurdando sotto il piatto per la festa del papà, dove puntualmente le nostre letterine vergate a calligrafia incerta: Sei il più bravo papà del mondo, ti voglio bene Annamaria